Diamo vita a una lobby per il Mandic
Di Matteo Scerri
Di Matteo Scerri
Che in Regione ci sia qualcuno impegnato ad architettare la chiusura dell’ospedale di Merate è onestamente difficile immaginarlo. Quello che si percepisce è in realtà proprio l’opposto, cioè che l’Assessorato al Welfare sappia a malapena dell’esistenza del Mandic e che siano ai più sconosciute le sue eccellenze, la sua storia, il prezioso lavoro che svolge per la gente del Meratese e del Casatese. Ma anche della vicina Bergamasca come si è visto durante la prima ondata della pandemia.
La petizione dei dipendenti del Mandic ha risvegliato le coscienze e tracciato la strada delle argomentazioni da sollevare in Regione, perché durante la revisione della legge 23 che avrebbe dovuto riformare la sanità lombarda il nostro ospedale mantenga il suo status di primo livello. Non è una guerra, non ancora almeno, ma non si può certo stare tranquilli e sonnecchiare.
Il Meratese ha la necessità di iniziare una sana attività di lobby nell’interesse dei cittadini, che in fondo chiedono solo di poter essere soccorsi, curati e assistiti a pochi chilometri da casa, senza doversi necessariamente recare a Lecco o Vimercate se non per casi eccezionali. I primi a tessere la tela dovranno essere i sindaci, dimostrando che le recenti divisioni - vedi il caso di Retesalute - sono state un’eccezione, in una terra che storicamente ha sempre dimostrato grande compattezza.
Anche il nostro Giornale, che racconta le sorti di questo territorio da oltre quarant’anni, farà la sua parte: della squadra, che dovrà necessariamente arruolare anche i tre consiglieri regionali lecchesi e i parlamentari meratesi, dovranno far parte tutti i primi cittadini e ognuno di loro deve avere il diritto di «toccare palla». Dal sindaco di Merate a quello di Casatenovo, arrivando a quelli dei paesi più piccoli e periferici. Perché se al Pirellone non conoscono le eccellenze del Mandic, è bene che qualcuno gliele racconti. E quel qualcuno siamo tutti noi.