Costamp: “Le fabbriche sicure devono riaprire”
Marco Corti, Ad di Costamp: «I codici Ateco? Non amo la massificazione ma il virtuosismo»
“Spero che questa pandemia passi presto, che lo stillicidio di morti finisca, che si trovi un vaccino in tempi brevi, ma che si faccia anche tesoro di qualche errore commesso”. È questo l’auspicio di Marco Corti, Ad di Costamp di Sirone, un eccellente gruppo manifatturiero quotato in Borsa con 6 stabilimenti produttivi dove lavorano 320 persone; una bella realtà specializzata nel mercato degli stampi in pressofusione per componenti powertrain e strutturali. “Le nostre fabbriche sono quasi completamente chiuse dal 26 marzo, abbiamo una trentina di persone che lavorano in smart working e un’altra trentina impegnate nella produzione per alcuni clienti strategici del settore medicale, dei radiatori e del ciclo continuo - esordisce l’imprenditore lecchese - Questo ci permette di dare un segnale di presenza e di vivacità ai clienti, di acquisire qualche nuovo ordine e di non interrompere completamente il ciclo di produzione che, per noi, si basa su commesse che variano dai sei agli otto mesi; perdere ordini adesso vuol dire arrancare o fermarsi in autunno”.
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E la ridotta produzione che state facendo avviene in condizioni di sicurezza?
“Certamente. I Dpi li avevamo già adottati a febbraio: mascherine, guanti, igienizzanti, spray, distanze di sicurezza che da noi sono mediamente di 10 metri. Le persone sono molto più sicure in Costamp che al supermercato. Per noi la tutela della salute di tutti è una priorità. Già il primo giorno di lockdown è stata eseguita la sanificazione di tutti gli ambienti di lavoro ed in anticipo a qualsiasi disposizione abbiamo già siglato un accordo con i sindacati per il protocollo di sicurezza, che prevede oltre a quanto già detto, una regolare sanificazione degli ambienti di lavoro a cadenza settimanale. Purtroppo noto con dispiacere che più che la sicurezza prevalgono i Codici Ateco…”.
Cosa vuol dire?
“È una visione limitata. Se una fabbrica è sicura, adotta tutte le procedure di sicurezza deve essere messa nelle condizioni di operare a prescindere da ciò che produce”.
Il lockdown terminerà il 3 maggio. Troppo tardi?
“Non voglio parlare di date, ma di come aprire, con quali condizioni di sicurezza. Non amo la massificazione ma il virtuosismo. Noi ci consideriamo virtuosi anche in fatto di sicurezza. Non mi piace il tentativo di molti benpensanti o radical chic di criminalizzare le imprese, quando il Covid-19 si è sviluppato in ben altri ambienti”.
La ripresa produttiva non sarà facile. Come vede il futuro?
“Resto ottimista altrimenti non farei l’imprenditore. Certo, dopo quella del 2008, ci sarà un’altra selezione”.
L’intervista integrale si può leggere sul Giornale di Merate, in edicola da martedì 21 aprile . Da pc c’è anche la versione sfogliabile (CLICCA QUI)