Il racconto del cantautore che è sopravvissuto al Coronavirus
"Non ho pensato ad altro se non a respirare...".
Una speranza per chi combatte contro il Coronavirus. Luciano Ravasio, pensionato di Terno d’Isola risultato positivo al Covid-19, è stato dimesso dal Policlinico di Ponte San Pietro. Il 69enne, ex docente di Lettere che ha lavorato per molti anni nella scuola secondaria di primo grado di Chignolo d'Isola, è molto conosciuto nella Bergamasca. Da anni è anche un apprezzato cantautore delle tradizionali sonate bergamasche ed è solito animare con le sue canzoni l'annuale pranzo degli anziani di Terno.
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Sopravvissuto al Coronavirus
Il calvario di Ravasio è iniziato all’inizio di marzo, quando ha cominciato ad avvertire i primi sintomi. «Sembrava una banale influenza - ha raccontato - Non ho mai avuto “febbroni”, avevo la temperatura a 38 gradi che riuscivo tranquillamente a gestire con l'assunzione di Tachipirina. Dopo una settimana ho iniziato però a preoccuparmi, mia moglie si è accorta che il mio respiro era affannato e mi è stato prescritto l'antibiotico». La situazione non è però migliorata e il pomeriggio del 16 marzo, dopo aver riscontrato forti difficoltà respiratorie, Ravasio ha deciso di chiamare il 112. L'ambulanza è giunta a casa sua dopo otto ore dalla chiamata e alle 23 è stato quindi portato al Pronto soccorso del Policlinico. «E’ stato un inferno. Sono rimasto su una brandina in una stanza fino a martedì pomeriggio. Sentivo le persone urlare e lamentarsi e non capivo cosa stesse accadendo. Durante la notte sono stato visitato, mi hanno fatto un prelievo e inserito il dispositivo per le flebo, successivamente mi hanno fatto il tampone e le lastre». Il test è risultato positivo e a Luciano Ravasio è stata diagnosticata una polmonite da Covid-19. «Quando sono stato trasferito in reparto mi sono rasserenato, subito mi hanno messo il casco per l'ossigeno e ho iniziato a tranquillizzarmi».
"Non ho pensato a niente, se non a respirare"
Per il cantautore di Terno d’Isola quella è stata la prima notte in ospedale di tutta la sua vita. «Non ho mai avuto gravi malattie e in sessantanove anni non ero mai stato ricoverato. Durante la mia degenza, durata due settimane, tre dei miei compagni di stanza sono deceduti. In quel momento non riuscivo a pensare a ciò che avevo attorno, ma solo a respirare e a sopravvivere. Non mi chiedevo nemmeno cosa mi stessero facendo, che cure mi stessero dando, pensavo solo al fatto che non dovevo mai smettere di respirare».
La vista sul campanile
Un pensiero che ha rincuorato Ravasio è stato il panorama che scorgeva dalla finestra della sua camera. Essendo nativo di Presezzo, poteva vedere il campanile della chiesa vicino a cui era nato e cresciuto. «La vista della mia Presezzo mi ha aiutato a mantenere la lucidità. Fortunatamente conoscevo il Policlinico e molti degli infermieri, che sono proprio originari delle nostre zone, e questo mi ha aiutato a sentirmi meno solo. Il personale è stato fenomenale, questi medici e infermieri hanno una dedizione al lavoro unica, ci facevano sentire costantemente al sicuro. L'unico momento in cui ho temuto il peggio è stato quando stavo migliorando e c'era la possibilità di un mio trasferimento in provincia di Milano per liberare il posto letto. Fortunatamente così non è stato e sono potuto rimanere in un ambiente che mi trasmetteva serenità».
La guarigione
Pian piano le condizioni dell’ex insegnante hanno cominciato a migliorare e, dopo essere riuscito a respirare senza maschera per due giorni, lunedì 30 marzo è stato dimesso. Nel frattempo la moglie Mariangela Bravi e i due figli Alessandro e Gabriele hanno osservato la quarantena. «Fortunatamente loro non sono stati male, ad eccezione di Gabriele che ha avuto qualche linea di febbre e tutt'ora si trova isolato in un piccolo appartamento di nostra proprietà. Anch’io dovrò stare in quarantena fino a quando non mi faranno un nuovo tampone, per ora sto facendo solamente delle iniezioni e assumendo vitamine e fermenti lattici. Fortunatamente, in gioventù mia moglie aveva studiato medicina per qualche anno e in questo momento ci è davvero di supporto».
Ora Ravasio sta bene, anche se ha ancora qualche postumo dovuto al ricovero. «Ho difficoltà a dormire perché ho sempre la gola molto secca, ma tutto sommato mi sento bene. Un messaggio che vorrei far arrivare a tutte le persone che stanno soffrendo è che i nostri ospedali, seppur sovraccarichi, sono davvero ben funzionanti. Siamo in mani sicure, il personale è efficiente, preparato e soprattutto molto umano. Non dimenticherò quello che hanno fatto per me e per gli altri degenti durante quelle lunghissime giornate».