Merate

A processo per la diretta facebook in emergenza Covid: assolto il sindaco Panzeri

La parola fine della vicenda giudiziaria che lo vedeva sul banco degli imputati è arrivata oggi, martedì 27 settembre 2022, in un aula del Tribunale di Lecco.

A processo per la diretta facebook in emergenza Covid: assolto il sindaco Panzeri

Il pubblico ministero Mattia Mascaro aveva avanzato una richiesta di condanna con pena di sei mesi di reclusione per aver istigato  alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico i cittadini durante l’ormai famigerata diretta facebook in piena emergenza Covid. Ma per il giudice Giulia Barazzetta  il primo cittadino di Merate non ha commesso alcun reato. Massimo Panzeri è stato assolto perchè  il fatto non sussiste.

A processo per la diretta facebook in emergenza Covid: assolto il sindaco Panzeri

La parola fine della vicenda giudiziaria che lo vedeva sul banco degli imputati è arrivata oggi, martedì 27 settembre 2022, in un aula del Tribunale di Lecco.

Il processo, che come detto si è concluso con una assoluzione, era legato ad alcune frasi che il sindaco di Merate aveva pronunciato  con superficialità durante una diretta Facebook il 3 maggio 2020, in piena pandemia.

Il borgomastro, bersagliato dalle domande tramite social da parte dei cittadini, si era infatti lasciato scappare alcune espressioni ambigue su come comportarsi a fronte dei divieti che erano vigenti per arginare la diffusioni del virus.

Era stato prima duramente “bacchettato” dalle minoranze ( “Ci chiediamo come sia possibile che un Sindaco consigli ai cittadini di violare le regole – chiare o oscure, giuste o sbagliate che siano” avevano tuonato Aldo CastelliRoberto PeregoPatrizia RivaAlessandro Pozzi e Gino del Boca)  e poi la vicenda era passata dalle aule del Palazzo municipale a quelle del Palazzo di Giustizia.

Si perchè alcune della affermazioni avevano prefigurato il reato di istigazione a disobbedire le leggi (Chiunque pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, ovvero all’odio fra le classi sociali, e’ punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni).

Ipotesi quest’ultima che, con la sentenza di oggi, è stata quindi “rigettata”.

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