Sitting volley, il missagliese Massimo Beretta premiato in Cina
L'assistente allenatore della nazionale femminile ha ottenuto il Level 2 Coach, massima qualifica internazionale di istruttore
A casa delle vice campionesse olimpiche in carica, l’ennesima tappa di un viaggio che continua a regalargli continue sorprese.
Sitting volley, Beretta unico italiano presente a Hangzhou
Esperienza da ricordare per il missagliese Massimo Beretta che nei giorni scorsi è volato in Cina, precisamente a Hangzhou, per l’ultima fase del corso Level 2 Coach, la massima qualifica internazionale di istruttore, riconosciuto dalla World ParaVolley: l’organizzazione mondiale di sitting volley. Beretta, assistente tecnico della nazionale femminile, era l’unico allenatore italiano presente in terra asiatica.
Massimo Beretta al centro durante la consegna dell'attestato di Level 2 Coach
Massimo Beretta con la maglia dell'Italia durante un'esercitazione pratica
“Il senso della mia intenzione a partecipare è nata dal fatto che ritengo indispensabili formazione e competenza, soprattutto nel mondo paralimpico – racconta Beretta – Era la mia prima volta in Cina in senso assoluto e di questo ringrazio anche la Fipav per il supporto, mentre a livello formativo avevo già svolto il corso di primo livello a Lille, in Francia, nel 2017. Il percorso per ottenere la qualifica di secondo grado è durato un po’ di mesi e nel mio caso non è stato semplicissimo, perché ho iniziato a fine luglio quando ero in partenza per i Giochi paralimpici. Prima ho seguito online alcune lezioni teoriche con una serie di lezioni prettamente teoriche e poi sono andato in Cina per la parte finale, più pratica. La qualifica non è obbligatoria ma a livello internazionale ti permette di rientrare in un quadro di allenatori diciamo d’élite. Per me potrebbe essere un’opportunità, anche qualora volessero propormi in un futuro di fare da coach agli altri allenatori sull’onda di questa esperienza”.
"In Italia è maggiore il confronto allenatore-atleta"
Una full immersion di tre giorni, fatta di lezioni frontali ed esercitazioni in palestra. “Ho conosciuto realtà diverse, allenatori che provenivano da ogni faccia della Terra. In Italia dal punto di vista didattico siamo sul pezzo ma la cosa bella è stata confrontarsi, soprattutto a livello di esperienze e pensieri. Ognuno si è messo in discussione, provando a condividere dinamiche e filosofie di allenamento. La cultura asiatica è molto particolare, indubbiamente l’approccio metodologico è diverso: in Italia e più in generale in Europa il confronto tra allenatore e atleti c’è e anche parecchio, poi ovviamente dipende sempre dalle circostanze, mentre qui la figura dell’allenatore è intesa più in senso autoritario, aderente al suo ruolo”.
"Io all'estero? Mi piacerebbe"
Con l’ulteriore qualifica aggiunta ti piacerebbe lavorare all’estero? “Sì, lo metterei in conto qualora arrivasse un’opportunità. È chiaro che è molto complicato per tutta una serie di motivi, ma la potrei valutare”.
Michael Tassone