Nada Bolis, quando il karate offre una seconda opportunità: la storia della master che quest'anno ha vinto tutto
La 51enne di Terno d'Isola, postina nella vita di tutti i giorni, si racconta: dalla passione per le arti marziali al terribile incidente in moto. "Mi avevano detto che non sarei più riuscita a usare le mani come prima"
Il sudore appiccicato sulla pelle, avvolta dopo ore e ore di allenamento nel suo kimono, che indossa da sempre nella “sua” di palestra. Quella che l’ha vista crescere sin da ragazzina, abbracciando per la prima volta il mondo del karate, e che oggi rappresenta un punto fermo della sua vita dopo essere stata messa a dura prova.
Nada Bolis, cresciuta sul tatami di Terno d'Isola
La storia di Nada Bolis con il karate è quella di una seconda opportunità. La 51enne di Terno d’Isola si è rimessa in gioco dopo un terribile incidente del 2021 in moto, che da una prima diagnosi non le avrebbe più permesso di usare le mani. La forza d’animo e un pizzico di incoscienza hanno fatto il resto, soverchiando il tragico destino e dando modo di salire un’altra volta sul tatami. “Al chirurgo che mi visitò subito dopo l’incidente – ricorda Bolis – dissi incosciente che non doveva preoccuparsi dell’operazione e del mio recupero, dissi semplicemente “lei pensi a fare bene il suo che per il resto ci penso io”. Avevo tutte e due le articolazioni sbriciolate, l’anca rotta e la sensazione più brutta è stata quella di essere in balia di qualcuno, di non poter essere autonoma e dover dipendere da chi mi stava intorno per qualsiasi cosa. Se c’è una cosa che ricordo di quel periodo è stata il poter mangiare e rimettere le scarpe da sola, aspetti che sembrano banali ma gioie incredibili. In quei giorni non ho mai pensato di mollare, pensavo piuttosto che se non fossi tornata a fare quello che facevo come prima sarei ritornata a farlo lo stesso, anche se in maniera diversa o non al 100%. Così dopo 15 giorni e la riabilitazione dissi al mio maestro che volevo partecipare ai miei campionati italiani: pensò che fossi pazza ma risposi che se non avessi potuto usare le mani avrei usato i piedi per combattere. Posso dire che il corpo ha seguito la mia testa e quei campionati italiani li vinsi”.
Con gli occhi della tigre, la mascotte della scuola dove pratica e insegna karate: il Karate New Tigers di Terno d’Isola. Quest’anno nella categoria Master Bolis ha vinto tutto: ad aprile il campionato italiano, poi a Madrid la medaglia d’oro nella Coppa Internazionale della Wkf con la squadra mista – vincendo tutti gli incontri individuali nel kumite, la sua specialità -, ad ottobre la Coppa Italia Master in Abruzzo e a novembre l’affermazione con la rappresentativa della Lombardia ai Campionati italiani svolti al PalaPellicone di Ostia. “Anche se oggi sono nei Master la tensione non è scesa – dice – anzi forse è lo di più perché venendo da un passato agonistico di un certo livello con podi ottenuti negli Assoluti e due europei vinti sento di dover mostrare quello che mi sono guadagnata in carriera. Sento un carico che non immaginavo di poter sentire. Partecipare agli eventi internazionali o anche soltanto far parte della Lombardia è gratificante perché seppur questo sia uno sport individuale viaggiare con la squadra ti dà un senso di condivisione che un po’ differente. Prima di una gara mi isolo dal contesto, di solito metto le cuffie e ascolto musica pop e rock, con quelle cuffiette conquisto un po’ il mondo (sorride, ndr)”.
"Io animale selvatico, il karate ha dato modo di riconoscermi"
Di giorno postina tra la sua gente e il pomeriggio sul tatami, spazio e tempo di una passione senza età. “Ho iniziato proprio qui a Terno d’Isola quando avevo 11-12 anni, nella palestra dove ho passato un’intera vita. Ho scelto il karate perché mi è sempre piaciuta l’idea del rigore e della disciplina, qualcosa di molto diverso dal mio carattere da “animale selvatico”. Il karate mi ha dato modo di riconoscermi verso gli altri e la possibilità di gestire l’entusiasmo misto a rabbia che avevo. Nonostante un gran quantità di regole mi sono calzata questa disciplina come misura e cifra dell’esistenza, come il modo per affrontare la vita. Soprattutto nella specialità del kumite, che è più permissivo perché hai tempo e testa di correggere l’errore e questo l’ho applicato anche fuori dalla palestra. Sono io a dover rimediare agli errori e ad affrontare certe situazioni. Molto devo anche ai miei maestri, Martino Sorti che fu il mio primo insegnante e poi Loris Giovanni Gamba, con cui ci allenavamo insieme da giovani e una volta subentrato lui alla direzione della scuola vide in me la capacità di competere, cosa che se era per me non avrei mai fatto. Oltre alle gare seguo anche un gruppo di ragazzi, cerco di trasmettere il karate come uno stile di vita. Spesso viene associato il karate come qualcosa di violento e invece si lavora in sicurezza, il karate insegna l’autocontrollo e a rispettare il proprio corpo imparando a gestirlo, anche ascoltandolo. Vedo nelle nuove generazioni tanta ansia, di essere forse chiamati a tirare un pugno o ad avere quell’ansia da prestazione: bisogna ascoltare questo tipo di malessere, affrontare e parlarne in modo sereno. Questo è anche quello che mi ha insegnato la disciplina: io il mio corpo non l’amavo e la meditazione mi ha aiutato a togliere dei blocchi che avevo. E’ un percorso che continuo a fare, senza abbassare la guardia o senza sentirsi sbagliati. E’ importante cercare di focalizzarsi sulla fortuna che abbiamo anche di guardarci allo specchio, perché magari ci sono persone che non possono farlo e questo l’ho imparato durante il mio incidente”.
A suggellare un sogno, che si è consumato in realtà, manca forse l’ultima chiosa. “L’anno prossimo ci saranno i Campionati del mondo a Taipei, non so se ci andrò perché ho anche pensato di chiudere qui le gare. Però resterebbe quel neo e forse, dopotutto, non sarebbe neanche giusto”.
Michael Tassone