Lo skateboard nel mondo di Stefano Giussani: "Libertà assoluta e rispetto"
Il missagliese ha fatto della sua passione un lavoro e ha creato una scuola tutta sua: "Le Olimpiadi hanno dato riconoscimento alla disciplina anche se non tutti sono d'accordo"
Sospeso in aria arpionato alla sua tavola, aggrovigliandosi con le rotelle in jump e trick. Un brivido che scorre di superficie in superficie, dando volume alla sua avventura.
Lo skateboard una passione e oggi anche un lavoro
Stefano Giussani ha fatto dello skateboard la sua principale missione. Ventotto anni all’anagrafe, la prima tavola regalata dai genitori quando aveva 12-13 anni e le prime acrobazie nel box della nonna. Per poi varcare la soglia di casa durante gli anni dell’Università e diventare cittadino del mondo, o meglio della Spagna: un viaggio che ha cambiato la sua visione. Ma senza rimodulare la passione sconfinata per il mondo degli skaters, anzi assorbendo una nuova prospettiva.
2020-10-31T08:05:34
Oggi da quel garage il missagliese – nato e cresciuto fino a 15 anni a Barzanò – ha creato due anni fa una scuola di skate che si chiama WheelBite, letteralmente il “morso della ruota”: quello che in gergo accade quando, in bilico di equilibrio, la ruota tocca gli ingranaggi inclinati in una curva. “Per me lo skateboard è libertà assoluta – racconta Stefano – Sei tu e il tuo skate, con i tuoi trick e le acrobazie, dove l’estro e la spensieratezza devono essere al 100%. A noi piace insegnare regole non scritte ma che sono di buon senso, una volta che c’è rispetto tra uno skater e l’altro e non tagliare la strada agli altri puoi fare ciò che vuoi. È un mondo di profondo rispetto il nostro. I miei inizi? Nel box di mia nonna, dove ho imparato a muovermi. Da grande ho iniziato a spostarmi verso Milano per mancanza di luoghi vicini dove poter praticare, cosa che per fortuna adesso sta cambiando. Ho fatto anche snowboard, ma non molto a livello agonistico: più che altro andavo a Madesimo perché lì trascorrevo diverso tempo della mia infanzia. Sono diventato istruttore nel 2019, durante un master universitario a Valencia dove sono stato due anni: lì ho avuto l’opportunità di vivere la realtà della Rockan, la loro principale scuola di skateboard. Tornato in Italia ho scelto di aprire una scuola anche perché nel frattempo alcuni alunni, che già seguivo anni prima della Spagna, mi cercavano per chiedermi consigli. A poco a poco siamo cresciuti e oggi abbiamo una decina di istruttori, ognuno con la sua area di competenza, e più di un centinaio di iscritti non tutti tesserati con la federazione ma soci del club”. Un team fluido e interconnesso. “Ci appoggiamo agli skate park del territorio, il più vicino è Usmate ma anche tutta la zona di Milano Est o Trezzo sull’Adda. Sappiamo che ci sono anche dei paesi del lecchese che potrebbero presto aprire nuovi spazi e questo ci fa piacere. Il grosso della nostra attività viene meno in inverno ma è nostra intenzione poter usufruire un giorno di una struttura interna dove poterci allenare. Inoltre, stiamo svolgendo anche delle attività promozionali in giro per l’Italia, in queste settimane siamo a Roma”.
"Sono caduto tante volte, oggi imparare a skatare è diverso"
Come si allena a skatare? “Dipende dal ragazzo o ragazza. Io lavoro anche con ragazzi che hanno la sindrome di Down e l’approccio ovviamente è differente. Generalmente si divide per fasce d’età, con i più piccoli facciamo attività propedeutica di equilibrio e percezione del corpo, facciamo tantissimi giochi per aumentare l’abilità tecnica, poi dai 7 ai 9 anni lavoriamo anche sulla forza, gli esercizi di elevazione e cominciamo a introdurre il concetto di lateralità: ognuno di noi ha un piede perno, cerchiamo quindi di lavorare per muoversi lateralmente con il piede dominante ma anche con l’altro. Ai più adulti il metodo è differente, si cerca di affidare loro degli esercizi che si ripetono in autonomia costruendo una memoria muscolare e salendo di difficoltà nel percorso di crescita. Il nostro forte è il settore base in questo momento, dobbiamo ancora strutturarci a livello agonistico anche se quest’anno ad esempio ho seguito ai Campionati del mondo Taiga Gimeno, un mio alunno che avevo in Spagna”.
Uno sport onesto, che non risparmia sacrifici e impegno. “Il tempo di apprendimento oggi si è accorciato grazie a una maggiore conoscenza. Quando ho iniziato io non c’era nessuno a cui poter chiedere, si andava per tentativi: guardavo i video per cercare di replicare le acrobazie, sono caduto tante volte e ho imparato dopo l’esperienza che mi è servita. Quello che è importante è concentrarsi su sé stessi senza pensare agli altri o a delle scorciatoie, è questo che cerco di insegnare ai miei ragazzi”.
Quando hai maturato l’idea che lo skate avrebbe fatto parte della tua vita? “Da subito, a me ha sempre attirato questo mondo e il viaggio in Spagna mi ha convinto di quanto questo sport abbia delle potenzialità importanti, sia a livello di competizione che di strutture. Non ho mai avuto ripensamenti, forse all’inizio inizio sì. Le Olimpiadi hanno dato grande riconoscimento a questa disciplina, non tutti sono d’accordo: io non penso che sia né un bene né un male, dipende uno come vive lo skateboard. Per me è un mondo di valori, dove uguaglianza, rispetto e aiuto reciproco sono alla base di tutto”.
Michael Tassone