Fabrizio Frigerio, la corsa come stile di vita: "Il titolo italiano un riconoscimento per tutti i sacrifici fatti"
Il portacolori dell'Atletica Lecco Colombo si racconta: "Ho sempre ammirato i maratoneti, pensando se anche io un giorno sarei stato in grado di correre una maratona". Quest'anno a Palermo ha vinto il suo primo campionato tricolore
Una perenne sfida con sé stesso, a solleticare la mente di ogni fatica e sforzo compendiate da una motivazione che non conosce tempo, stagione o età.
Fabrizio Frigerio, la corsa un'abitudine delle mattine
Come quando, che sia estate o inverno, Fabrizio Frigerio si alza di buon’ora tutte le mattine per correre i suoi 20km quotidiani. “Mi alzo presto, verso le 4.30 – racconta Frigerio – È un’abitudine che ho fatto mia quando ancora accompagnavo le mie quattro figlie a scuola per non rubare tempo a nessuno e anche adesso, che sono diventate grandi, continuo a rispettare questa consuetudine. Di media faccio 20km alternando tre percorsi tutti in zona, spesso dipende da come mi alzo e allora poi decido. Se ho delle gare da fare invece, la preparazione è graduale: almeno tre mesi prima inizio a impostare uno schema di allenamento e poi allungo man mano le distanze”.
A Palermo, in occasione degli ultimi Campionati italiani master di maratona, il nibionnese portabandiera dell’Atletica Lecco Colombo si è tolto la soddisfazione di vincere il suo primo titolo tricolore in carriera. Sua l’affermazione ci categoria SM55 in 2h41’51’’, un tempo che gli è valso l’ottava prestazione assoluta. “Forse è un piccolo riconoscimento per tutti gli anni che ho corso. Durante l’anno non solo solito fare molte gare ma ne scelgo un paio, sapevo che il campionato italiano si sarebbe disputato in autunno e quando ho saputo che fosse a Palermo mi sono deciso a partecipare. Volevo provare a competere contro gli altri, anche se poi è sempre una prova contro sé stessi: non mi interessava arrivare primo, terzo o chissà che sia. Il mio obiettivo era poter concludere entro un certo tempo la gara e, a dire il vero, avrei voluto concludere con un 2.38. Il percorso è stato abbastanza impegnativo, con curve che spezzavamo le gambe ma poi è stato anche divertente perché era dentro la città e sentivi il calore della gente. Non ho avuto nessuna crisi particolare, forse se fosse stata una maratona più piatta con meno di su e giù di falsopiano sarei andato vicino al mio personale di 2h35’”.
"Una volta non c'erano i gps"
L’approccio con la maratona e in particolare le lunghe distanze è affiorato a età matura. “Ho sempre fatto sport, sin da ragazzo – ricorda Frigerio – Prima iniziai con la ginnastica e poi con il tennis giocando fino a 18 anni in serie B, poi a causa di alcuni problemi familiari ho dovuto smettere. Ma la corsa e in generale il piacere dell’escursione mi ha sempre accompagnato, anche in montagna. La maratona mi è sempre piaciuta, guardavo sempre quando ero più giovane i maratoneti e mi chiedevo quale sensazione provassero, chissà come era “essere un maratoneta”. La mia prima maratona l’ho fatta nel 2003, a 34 anni. Pensavo di non essere in grado, sì correvo tanti km già all’allora per pura passione ma conoscevo solo quelli che vincevano e non credevo che potessi anche io gareggiare. Grazie a un amico che mi ha tirato dentro ho deciso di mettermi in gioco”. Erano altri tempi. “Una volta non c’erano i gps e la prima volta che decisi di correre una maratona andai in biblioteca a leggere e informarmi studiando uno schema ad hoc per le mie esigenze. Sono sempre stato autodidatta. Dopo anni che correvo in strada negli anni successivi ho deciso di provare a spingermi in montagna, come la Vut a Valmalenco ad esempio, dove il contatto con la natura prevale e non guardi neanche il cronometro. Le gare più belle? Ognuna è una storia a sé, non ne ho una preferita mentre se dovessi scegliere quella che un giorno vorrei correre direi la Maratona di Boston, mi ha sempre attirato”.
Il sogno nel cassetto? "La maratona di Boston"
L’inclinazione naturale per la corsa diventata uno stile di vita. “Ho sempre fatto parte dell’Atletica Lecco Colombo, società nella quale sono cresciute tutte le mie figlie Giulia, Maddalena, Anna e Noemi; quando erano più piccole venivano sempre ad accompagnarmi facendo il tifo. A loro devo aggiungere mia moglie Giovanna che mi supporta sempre in ogni gara. Lo sport per me è importantissimo, dà un equilibrio incredibile, anche a livello di testa aiuta ad affrontare meglio la giornata. Anche alle mie figlie ho insegnato l’importanza dello sport, di fare sacrifici perché si può studiare e lavorare bene facendo anche sport senza rinunciare a uno o all’altro. E soprattutto non bisogna fermarsi mai, c’è una frase che dice “non ci si ferma perché si invecchia ma ci si invecchia perché ci si ferma”. Mi ritengo fortunato a poter continuare a vivere questa passione e cercherò di non fermarmi”.
Michael Tassone