Nuovi contratti di vendita al consumo, cosa è cambiato dal 1 gennaio 2022?
Nuovi contratti di vendita al consumo: rispondiamo ad alcune domande frequenti per illustrare cos’è cambiato, dal 1 gennaio 2022, nella tutela dei consumatori

Quando un privato cittadino acquista un bene o un servizio da un imprenditore (sia esso il produttore, ovvero un semplice rivenditore del prodotto) si pongono particolari esigenze di tutela, in quanto i due contraenti (consumatore e venditore) non sono “alla pari” tra loro: il venditore si muove entro il suo ambito di competenza e conosce lo stato di conservazione del prodotto, il suo funzionamento, le sue caratteristiche, i suoi punti di forza e i suoi eventuali difetti di fabbrica; non così il consumatore che compra un bene “a scatola chiusa”, basandosi esclusivamente sulla pubblicità e sulla descrizione che del prodotto viene effettuata dello stesso produttore / venditore che ha tutto l’interesse a venderlo.
Da queste esigenze di tutela trae origine il nostro Codice del Consumo, che è stato recentemente novellato dal decreto legislativo del 04 novembre 2021, n. 170, in attuazione della direttiva UE n. 2019/771. La riforma è entrata in vigore dal 01 gennaio 2022 e quindi si applica a tutti i contratti di vendita conclusi dai consumatori dopo il primo gennaio scorso.
Complessivamente, l’effetto della riforma è stato quello di fornire una tutela ancor più efficace al consumatore, soprattutto con riguardo all’acquisto di beni e servizi digitali, fenomeno sempre più frequente. Vediamo, nel dettaglio, dov’è intervenuto il Legislatore.
Qual è l’ambito di applicazione del Codice del Consumo?
Il Codice del Consumo si applica ogni qual volta un bene mobile e/o un prodotto (ivi compresi, dopo la riforma, anche gli animali vivi ed i contenuti e servizi digitali, cfr. il nuovo art. 128 C.d.C.) venga alienato ad un consumatore (ossia ad un soggetto che non agisce nell’ambito della propria attività imprenditoriale e/o professionale).
Ebbene, tutti i beni mobili venduti ad un consumatore debbono essere “conformi” alla normativa europea e codicistica; debbono, cioè, possedere tutti i requisiti elencati dai nuovi artt. 129, 130 e 131 C.d.C.:
a) requisiti soggettivi: il prodotto deve essere idoneo allo specifico utilizzo richiesto e voluto dal consumatore e accettato e garantito dal venditore;
b) requisiti oggettivi: il prodotto deve essere conforme alle caratteristiche e alla qualità che sono state pubblicizzate dal produttore e/o dal venditore del prodotto, con la precisazione che il venditore non è vincolato alle dichiarazioni pubblicitarie qualora dimostri che il consumatore non era a conoscenza di tali dichiarazioni, ovvero che le dichiarazioni – inizialmente contenenti una errata descrizione delle caratteristiche del bene – siano state successivamente corrette, ovvero che la scelta del consumatore di acquistare il bene non sia stata influenzata dalla pubblicità (art. 130 C.d.C.);
c) conformità dei prodotti digitali: qualora oggetto di compravendita siano contenuti e/o servizi digitali, il venditore è tenuto ad informare il consumatore di tutti gli aggiornamenti disponibili, necessari per mantenerne la conformità del prodotto rispetto ai requisiti oggettivi e soggettivi sussistenti al momento dell’acquisto (art. 130 C.d.C.). Il venditore non è responsabile qualora – pur avendo adeguatamente informato il consumatore circa gli aggiornamenti da installare e le conseguenze della mancata installazione, e pur avendo fornito le istruzioni da seguire per l’installazione – il consumatore non vi abbia provveduto.
Il prodotto digitale è considerato non conforme in caso di errori nella sua installazione (art. 131 C.d.C.), laddove nel contratto fosse previsto che l’installazione sarebbe stata eseguita dal venditore (che, in concreto, vi ha provveduto), oppure laddove l’installazione fosse stata eseguita dal consumatore, secondo le istruzioni impartitegli dal venditore.
Quali sono le conseguenze della vendita di prodotti “non conformi”?
Secondo il nuovo articolo 133 C.d.C., il venditore è responsabile per qualsiasi difetto di conformità del bene (anche digitale), sia che esista al momento della consegna, sia che si manifesti entro due anni da tale momento. Qualora il contenuto o servizio digitale debba essere fornito al consumatore in via continuativa e per un periodo superiore a due anni, il venditore resta responsabile per qualsiasi vizio e/o difetto di conformità che si manifesti durante tutto l’arco temporale della fornitura: solo in questo caso, pertanto, la garanzia per i vizi opera anche oltre il biennio.
Una volta accertato che il difetto di conformità sussiste e che si è manifestato entro il biennio, quali sono i rimedi a cui il consumatore potrà ricorrere?
Sono quelli descritti e disciplinati dal nuovo art. 135 C.d.C.: il consumatore potrà chiedere – sia in via stragiudiziale (e quindi “bonaria”) sia, qualora non ottenesse fattivo riscontro, agendo in Tribunale – i seguenti rimedi:
a) la riparazione o sostituzione del bene;
b) la riduzione proporzionale del prezzo;
c) la risoluzione del contratto di vendita ed il risarcimento dei danni eventualmente patiti (la tutela risarcitoria è stata espressamente inserita nel nuovo art. 135-sexies C.d.C.).
In ogni caso, il venditore può concedere al consumatore altre garanzie, ulteriori rispetto a quelle previste dal Codice, che quindi si cumulano ad esse e non le sostituiscono. Queste garanzie sono dette “convenzionali” in quanto non previste dalla Legge, ma concordate dalle parti e inserite nel contratto di vendita, ai sensi dell’art. 135-quinquies.
Come scegliere il rimedio più conveniente?
Qualora il difetto di conformità sia tale da rendere il prodotto del tutto inutilizzabile e non fruibile per il consumatore, sarà più conveniente chiedere – in alternativa – la riparazione o la sostituzione del bene (che, ai sensi dell’art. 135-ter, sono del tutto gratuite e che debbono avvenire entro un congruo termine e senza notevoli inconvenienti per il consumatore), oppure la risoluzione del contratto di vendita (che, ai sensi dell’art. 135-quater, comporta il reso della merce e la restituzione del prezzo pagato dal consumatore; in questo caso, qualora il consumatore sia in grado di documentare di aver subito un danno a causa dell’inidoneità del prodotto, potrà chiederne il risarcimento).
Qualora il difetto di conformità non renda il bene completamente inidoneo all’uso e quindi sia parzialmente fruibile e, nonostante la ridotta funzionalità, il consumatore abbia comunque interesse ad utilizzarlo e goderne, allora converrà chiedere una riduzione del prezzo proporzionale alla diminuita funzionalità del prodotto (art. 135-quater).
Ovviamente, per poter ottenere uno dei rimedi appena visti, spetterà al consumatore dimostrare la sussistenza del difetto di conformità del prodotto. Una volta provato il difetto, l’art. 135 C.d.C. presume che il vizio che si sia manifestato entro un anno dalla consegna del bene fosse già esistente al momento della consegna: spetterà, quindi, al venditore provare il contrario, ovverosia che il vizio si sia manifestato in seguito.
Ma, quindi, il consumatore potrà ricorrere ai predetti rimedi senza limiti di tempo?
Purtroppo no: il comma terzo del nuovo art. 133 C.d.C. fissa in ventisei mesi dalla consegna del bene il termine prescrizionale, entro cui il consumatore potrà far valere il proprio diritto di ottenere la riparazione o la sostituzione del bene, oppure la diminuzione del prezzo, oppure ancora la risoluzione del contratto (a seconda dei casi): in altri termini, se il venditore non collabora e non adempie spontaneamente, il consumatore potrà avviare un’azione giudiziale entro i ventisei mesi successivi alla consegna del prodotto. Decorso questo lasso temporale, invece, il consumatore non potrà più agire in giudizio; tuttavia, qualora fosse il venditore a promuovere una causa giudiziale chiedendo il pagamento del prezzo, il consumatore potrà – a quel punto – chiedere ed ottenere la riparazione e/o la riduzione del prezzo, dimostrando e documentando il difetto di conformità.
Cosa succede se il venditore non dovesse essere direttamente e personalmente responsabile per i difetti di conformità riscontrati sul prodotto?
La soluzione è contenuta nel nuovo art. 134 C.d.C.: in pratica, il venditore – che avrà riparato / sostituito il bene, ovvero concesso una riduzione proporzionale del prezzo della merce, ovvero ancora abbia subìto gli effetti della risoluzione del contratto di vendita – potrà chiedere ed ottenere il risarcimento dei danni subiti al soggetto effettivamente responsabile per il difetto (ossia colui che sia intervenuto nell’ambito dei passaggi precedenti della medesima catena distributiva, sia esso il produttore del bene o un precedente rivenditore all’ingrosso).
Il venditore dovrà, però, agire entro un anno dall’esecuzione del rimedio (sostituzione / riparazione / riduzione del prezzo / risoluzione del contratto).
E’ possibile concludere contratti di vendita al consumo senza rispettare le norme codicistiche appena esaminate?
Assolutamente no: anche le disposizioni del nuovo Codice del Consumo (com’era per quelle vigenti prima del 01.01.2022) hanno carattere imperativo e cioè non potranno mai essere derogate dai contraenti; i contratti di vendita al consumo potranno quindi prevedere tutele ulteriori e ancora più estese per il consumatore (come nel caso delle garanzie convenzionali), ma non potranno mai ridurre e/o limitare e/o escludere la tutela generale prevista e sancita dal Codice.
avv. Cristiana Cereda
Studio Legale Notaro e Associati