Durante l'emergenza sanitaria l'occupazione lariana ha tenuto
Nell’immediato futuro una quota non trascurabile di imprese, oltre a garantire le misure necessarie a ripartire in sicurezza, ha fra le proprie priorità l’adozione o l’estensione delle forme di lavoro agile
Durante l'emergenza sanitaria l'occupazione lariana ha tenuto. A partire dalla rilevazione Excelsior relativa al 3° trimestre 2020 (clicca qui per leggere tutti i particolari), Unioncamere ha dedicato un focus specifico alle criticità affrontate e alla capacità di risposta messa in atto dalle imprese nel periodo del lockdown, nonché alle attese e alle strategie per i prossimi mesi.
Durante l'emergenza sanitaria l'occupazione lariana ha tenuto
Nei primi sei mesi del 2020, con riferimento alle 21.790 imprese lariane con almeno un dipendente, l’81% ha mantenuto invariati i livelli di occupazione (le quote sono pressoché identiche a Como e a Lecco), mentre l’1,5% li ha aumentati (con una quota leggermente superiore a Lecco: 1,9%, contro l’1,3% comasco; entrambi i dati sono inferiori a quello lombardo e italiano, pari rispettivamente al 2,5% e al 2,6%). La quota di aziende costrette a ridurre la propria forza lavoro è pari al 17,6% (Lecco 17,2%; Como 17,7%; entrambi i valori risultano più bassi della media regionale, 18,8%, e di quella nazionale, 21,3%). È il settore dei servizi quello che ha soffermo maggiormente il lockdown: le imprese lariane di questo comparto che hanno diminuito il personale sono il 19,4% (valore comunque inferiore alla media della Lombardia e dell’Italia: rispettivamente 20,4% e 22,9%). Per quanto riguarda l’industria, la quota di imprese che hanno aumentato i propri dipendenti è stata inferiore nell’area lariana (2,3%, contro il 2,5% lombardo e il 3,3% italiano).
A giugno 2020, 7.290 imprese – ovvero il 33,5% del totale – operavano in condizioni non troppo dissimili da quelle precedenti. Viceversa, 13.180 – pari al 60,4% - hanno dichiarato di svolgere attività a regimi ridotti rispetto alla situazione pre-Covid. La quota di imprese lariane con attività sospesa e/o per cui si valuta la chiusura (6,1%, pari a 1.320 unità) risulta inferiore sia alla media della Lombardia (6,9%) che del nostro Paese (9,6%). Como evidenzia una quota lievemente superiore rispetto a Lecco: 6,2% contro 5,9%.
Cambiate le modalità operative e organizzative delle imprese
Lo shock causato dall’emergenza sanitaria e le misure adottate per contenerne la diffusione hanno inciso profondamente sulle modalità operative e organizzative delle imprese; le conseguenze sono ancora ben evidenti, e per questo nel sentiment delle aziende prevale l’incertezza. Infatti, solo 2.350 imprese lariane (il 10,8%, contro il 14% della Lombardia e il 13,1% nazionale) dichiarano di non aver subito contraccolpi produttivi e perdite economiche significative nel corso del lockdown, mentre gli effetti della crisi hanno reso difficile l’orizzonte di business della maggioranza delle imprese: oltre 19.000 (l’88,2% del totale, e l’85% delle imprese con almeno 1 dipendente) non ha ancora potuto assorbire le ripercussioni della crisi e oltre la metà di queste (9.730) si attende di poter superare le attuali criticità solo a partire dai primi mesi del 2021. A Como la quota di imprese che non hanno subito contraccolpi produttivi e perdite economiche significative durante il lockdown è pari al 10,4%, contro l’11,5% di Lecco.
Industria e costruzioni i settori più colpiti
Le imprese lariane del comparto industria e costruzioni hanno risentito maggiormente degli effetti del lockdown: infatti la quota che non ha subito perdite è pari all’8,8% (Como 8,3%; Lecco 9,6%). Nei servizi la percentuale è del 12% (11,6% a Como e 12,8% a Lecco). Tuttavia, le aziende del manifatturiero prevedono di recuperare in tempi più rapidi: il 57,2% di quelle in difficoltà ritiene di potersi consolidare entro la fine dell’anno (la quota scende al 45,4% per i servizi).
Cassa integrazione
Nel periodo del lockdown, oltre 8 imprese lariane su 10 hanno dichiarato di aver attivato azioni specifiche rivolte alla gestione del personale. In prevalenza le imprese hanno messo in atto misure per la salvaguardia dell’occupazione. Cassa integrazione a zero ore (utilizzata dal 64,4% delle imprese comasche e dal 61,1% di quelle lecchesi, con punte che sfiorano il 70% per l’industria comasca), fruizione di ferie e permessi (40,3% per Como e 40,4% per Lecco, quota che sale al 42% circa per l’industria), lavoro agile (rispettivamente 24,3% e 24,9%, con valori più elevati nei servizi) e cassa integrazione a orario ridotto (Como 19,6%; Lecco 22,1%) sono le azioni più frequentemente adottate.
La fase post Covid
Le imprese, nell’immediata fase post-Covid, sono in primo luogo concentrate sulle misure per ripartire in sicurezza. Quasi 9 su 10 hanno dichiarato di adoperarsi per l’adozione di strumenti atti a garantire il rientro in sicurezza dei lavoratori:
- per quanto riguarda i settori industria e costruzioni, Como (89,1%) e Lecco (89,5%) mostrano quote superiori alla media regionale e nazionale;
- ciò vale anche per i servizi: Como 87,4%; Lecco 87%.
Molto significative anche le quote di imprese che hanno messo a punto protocolli di sicurezza sanitaria: per industria e costruzioni, a Como si attestano al 78,5% e a Lecco all’80,3%; per i servizi a 74,8% e 74,9%. La formazione del personale sui dispositivi di protezione individuale (DPI) coinvolge il 57,3% delle imprese comasche di industria e costruzioni e il 53,3% di quelle lecchesi; per i servizi le percentuali sono rispettivamente 46,4% e 47,8%. La presenza di un responsabile Covid o di un punto sanitario di riferimento è indicata dal 22,2% delle imprese comasche di industria e costruzioni e dal 24,8% di quelle lecchesi; dal 15,6% e dal 16,6% di quelle di servizi. La riprogettazione degli spazi per gli uffici e i reparti produttivi, e più in generale degli spazi dedicati all’attività lavorativa per garantire il rispetto del distanziamento sociale, completano l’articolato quadro delle misure pianificate dalle imprese per poter riprendere in sicurezza l’attività.
"Il lavoro agile"
Nell’immediato futuro una quota non trascurabile di imprese, oltre a garantire le misure necessarie a ripartire in sicurezza, ha fra le proprie priorità l’adozione o l’estensione delle forme di lavoro agile (misura pianificata dall’11,3% delle imprese comasche di industria e costruzioni, dal 13% di quelle lecchesi, mentre per i servizi le percentuali sono rispettivamente del 14,7% e del 16,2%). Più basse le percentuali di aziende che hanno puntato sullo sviluppo di servizi a domicilio, sul commercio elettronico, sul rafforzamento nelle attività/filiere essenziali, sulla riorganizzazione dei processi produttivi tramite robotica e Internet of Things, ecc. Puntano maggiormente sul lavoro agile e sul commercio elettronico le imprese che hanno già in essere piani integrati di digitalizzazione e quelle che intrattengono in forma stabile rapporti con l’estero.
Le misure di sostegno
Alla data di realizzazione della rilevazione, poco meno di 4 imprese lariane su 10 hanno presentato domanda per accedere alle misure di sostegno previste dal “Decreto Liquidità”. Inoltre, per assicurarsi la necessaria liquidità quasi 3 imprese lariane su 10 hanno fatto ricorso a linee di credito bancario già in essere; meno utilizzati ulteriori strumenti quali la richiesta di anticipo delle fatture, l’attivazione di prestiti e i finanziamenti previsti dalla Regione.
Tra le misure previste dal “Decreto Liquidità”, il ricorso alle Garanzie di SACE ha riguardato prevalentemente l’accesso a finanziamenti per coprire costi di gestione e far fronte a impegni finanziari pregressi. Minore la quota di imprese che ha richiesto la garanzia per sostenere o potenziare le esportazioni. Quasi 2/3 delle imprese lariane, inoltre, hanno attivato prestiti con una soglia massima di 25.000 euro grazie al Fondo di Garanzia per le PMI.