Settore automotive

Crisi Volkswagen, il Lecchese rischia ricadute

La preoccupazione della Uil del Lario: "Essendo la Lombardia e, in particolare, il distretto di Lecco grandi esportatori verso l’Europa, questa situazione desta forte preoccupazione”

Crisi Volkswagen, il Lecchese rischia ricadute
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"L’annuncio di Volkswagen della chiusura di tre stabilimenti apre scenari critici per la filiera metalmeccanica lombarda, dove molte imprese sono fornitrici del gruppo”. Così Gabriella Trogu segretario Uil Lecco Como, sulle notizie riguardanti il colosso tedesco e le possibili ricadute per le nostre imprese.

Crisi Volkswagen, timore per ricadute sul territorio

“Mentre la crisi di Stellantis ha un impatto più limitato nella regione – spiega - una riduzione delle commesse Volkswagen potrebbe portare già nel 2024 a una contrazione degli straordinari e, nel peggiore dei casi, a una revisione produttiva fino alla cancellazione di ordini. Purtroppo si prevedeva un simile rischio di ricadute negative”

 Ora, rimarca il segretario UILM Lario, “è urgente che le istituzioni intervengano per proteggere l’occupazione e il tessuto produttivo regionale, evitando una nuova emorragia industriale e garantendo sostegno alle imprese in difficoltà. Alcune aziende hanno già comunicato una riduzione delle commesse: non è una sorpresa, ce lo aspettavamo. Tuttavia, essendo la Lombardia e, in particolare, il distretto di Lecco grandi esportatori verso l’Europa, questa situazione desta forte preoccupazione”.

In Lombardia, il settore dell’automotive, che conta oltre 30.000 imprese e quasi 100.000 addetti, rappresenta un hub cruciale per la produzione e la ricerca nel settore automobilistico.

 “Le imprese lombarde legate direttamente e indirettamente all’automotive tedesco avranno possibili ricadute – rimarca Enrico Azzaro segretario confederale del Dipartimento Industria di UIL Lombardia - Un aspetto non secondario sono i costi energetici: le imprese italiane sono particolarmente svantaggiate dal costo dell’energia. In Francia e Germania, l’industria beneficia di una maggiore protezione grazie agli incentivi e agli aiuti statali, mentre in Italia le imprese devono far fronte a costi più elevati”.

 “Questa corsa al green deal - aggiunge Azzaro - non ha considerato la concorrenza anche dei paesi extraeuropei come la Moldavia e la Turchia, dove i costi di produzione sono inferiori e meno vincolati dalle normative ambientali. Detto questo, a fine anno le nostre imprese dovrebbero arrivarci intere; il 2025 non promette un miglioramento radicale rispetto al 2024. Il rischio di un ulteriore aumento dei costi legati alla transizione energetica, senza incentivi le imprese italiane saranno ancora una volta chiamate a confrontarsi con gli ammortizzatori sociali”.

 “Non dimentichiamo – conclude - che a seguito anche dell’intelligenza artificiale il settore metalmeccanico e siderurgico in Italia si trova in una fase di trasformazione complessa, caratterizzata da molte sfide. Per le opportunità, occorrono politiche industriali mirate e ribadisco un sostegno concreto alle imprese per la tenuta occupazione nel suo complesso, la sfida si fa nel mercato globale. Se questo è compreso dall’esecutivo bene, altrimenti parleremo di declino industriale”.

 

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