ECONOMIA

«Cara Cciaa, se ci sei batti un colpo»

Analisi a tutto campo della situazione lecchese.

«Cara Cciaa, se ci sei batti un colpo»
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Sono questi giorni di vuoto, o di poco, quelli buoni per rimettere assieme qualche appunto e qualche spunto. Per riflettere meglio sulle rotte intraprese dal nostro territorio, che sono difficili da valutarsi nell’orizzonte piccino degli affaccendamenti quotidiani, mentre è più proficuo farlo in una prospettiva lunga e di grandangolo.

Vogliamo iniziare da un punto, che ci pare di grande rilevanza, e il modo migliore ci pare quello di una domanda schietta: che fine ha fatto la Camera di Commercio di Lecco? Sembrerebbe svanita nel nulla.

La bella, ampia e moderna sede della Camera di commercio di Lecco ora ospita poco più di uno sportello della Cciaa comasca

Tutti conosciamo la vicenda della fusione con la Camera comasca, dettata e obbligata dalla riforma Renzi, poco più di un anno fa. Eppure già allora qualcuno sollevò il dubbio che in realtà fossimo davanti ad una incorporazione, della nostra in quella dell’altro ramo del lago, che avrebbe riportato indietro le lancette di molti anni. E Vico Valassi, che di queste cose se ne intende poiché ne fu protagonista, padre e levatrice, parlò a chiare lettere della fine di una bella esperienza lecchese. Insomma, più che un matrimonio combinato profetizzò un funerale annunciato.

Si fatica, in effetti, a dargli torto, stando ad una vasta raccolta di commenti e giudizi che circolano nelle classi dirigenti del territorio, da imprenditori a ricercatori, da politici a giornalisti, da opinionisti a liberi professionisti. Ma cosa è svanito, esattamente? Dato per scontato che un certo “comocentrismo” avrebbe fatto capolino, senza troppe illusioni, cosa ci si aspettava da quel nutrito e qualificato manipolo di lecchesi che siedono nella nuova Camera? Nessuno pretendeva da lorsignori la difesa di un datato campanilismo di maniera, ovvero la difesa a prescindere di rendite e abitudini. No. Il mondo di impresa, lavoro, Istituzioni e Università confidava che almeno si potessero salvaguardare le esperienze migliori, i protocolli più snelli, le collaborazioni tra enti più proficue, le progettazioni più promettenti. Insomma, che si ragionasse per temi trasversali e comuni e non per coordinate geografiche, in una reciproca collaborazione che vedesse adottate dal mondo comasco le migliori cose lecchesi, e viceversa.

Obiettivo che, ad oggi, ci sembra ampiamente disatteso. I lecchesi, arrivati divisi e contrapposti all’appuntamento camerale, hanno anzitutto perso l’occasione di far eleggere un Presidente nato all’ombra del Resegone, preferendo logiche trasversali alle associazioni di categoria al posto di una matrice territoriale. Hanno poi segnato un piccolo punto a favore con l’indicazione a Lariofiere di Fabio Dadati, fatto quasi dovuto per via di una collaudata alternanza tra provincie, senza però riuscire a mettere in capo all’ex Elmepe la direzione (e le risorse) delle politiche turistiche del Lago di Como, per via di una ostinata, quanto anacronistica, avversità dei comaschi che - come noto - il turismo già ce l’hanno.

Il resto appare tutto come un segno meno, per il nostro territorio. Lariodesk, apprezzato incubatore di progetti e bandi per le imprese, verrà a breve smantellato, perdendo professionalità e approcci snelli ai quali il nostro mondo economico aveva ormai fatto la bocca. La sede di via Tonale, laboratorio di tante iniziative e cabina di regia tra le istituzioni, appare oggi come una cattedrale nel deserto, poco più che uno sportello al pubblico che potrebbe avere ben più modesta collocazione. E gli uffici che videro in azione la leggendaria e protocollare Rossella Pulsoni - efficientissimo e glaciale braccio armato di Vico Valassi - risuonano di una eco muta, poiché non c’è più nemmeno un dirigente che tenga le fila e i dossier del territorio lecchese. I nuovi indirizzi comaschi “sanno di lontano”, e hanno un volto che - quanto a pratiche, burocrazie, adempimenti, formalità delle formalità - risulta molto più freddo ed arcigno di quanto fossimo abituati con la Camera lecchese.

Nel frattempo, e per converso, i cugini comaschi continuano a difendere e sponsorizzare la loro “roba”, da Villa Erba a ComoNext, sebbene alcuni casi non presentino nè performance né bilanci entusiasmanti.

Insomma, per tirare una linea e far di conto, fatelo che talleri stiamo parlando: anche attraverso la Camera di Commercio il nostro territorio è riuscito a portare a casa alcuni fattori di vantaggio strategico, dall’attraversamento della città al campus universitario, passando per un sostegno vero alle imprese. Oggi, avendo alle viste la crisi del coronavirus che nessuno riesce ancora a quantificare, il ruolo dell’ente camerale sarà determinate nelle strategie di rilancio, rinascita e sviluppo del nostro tessuto economico e lavorativo, motivo per il quale non possiamo permetterci una Camera che sia strabica, con un occhio di favore verso un territorio anziché un altro, o peggio miope verso le esigenze di un gran bel pezzo di mondo imprenditoriale che la compone.

I signori lecchesi che là dentro ci rappresentano, hanno il dovere di dare un colpo al timone in tempo zero, e raddrizzare, o meglio riequilibrare la rotta. Poiché su questo saranno giudicati.

Lorenzo Riva - che della Camera è vicepresidente - ha un ruolo di primo attore in questa storia. É uomo che apprezziamo molto, una persona che crede davvero in ciò che fa, schietta fino al ruspante, ma pragmatico e frequentatore del linguaggio della verità. Non è un manichino. Non è un bizantino. E non è un mistero che ci sarebbe piaciuto vederlo assumere un ruolo pubblico, magari come primo cittadino di Lecco. Così come non è un mistero, poiché lo ha detto tra i piombi di questa testata, che lui stesso coltivi qualche ambizione politica. Ma siccome siamo di quella vecchia scuola per la quale “si fa una cosa per volta”, gli consigliamo di essere il protagonista di una nuova stagione camerale, più equilibrata e più attenta a valorizzare le tante cose di pregio che abbiamo saputo far crescere da questa parte del lago, mostrando a tutti di essere capace di fare bene il ruolo pubblico che già ha, prima di pensare a quello venturo.

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