Villa Greppi verrà presto riqualificata: nelle parole di prof e alunni tanti ricordi FOTO

Villa Greppi verrà presto riqualificata: nelle parole di prof e alunni tanti ricordi FOTO
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Villa Greppi è molto più di una villa. E’ stata, per una decina d’anni circa, la casa di centinaia di ragazzi, che con entusiasmo e voglia di cambiare il mondo hanno percorso ogni mattinata le sue scalinate in pietra, hanno fatto educazione fisica nel granaio e imparato i segreti della botanica nel suo suggestivo giardino. La casa di villeggiatura di Alessandro Greppi verrà però presto riqualificata e destinata a diverse iniziative culturali.  Questo è l’obiettivo del Consorzio Brianteo che, proseguendo nelle operazioni di restauro del patrimonio immobiliare dei Greppi, ha approvato nell’ultima assemblea dei soci un finanziamento dedicato alla progettazione per il recupero dell’ala est al piano terra della Villa.

Villa Greppi: il ricordo del professor Cazzaniga, che per anni ha insegnato nella storica dimora

«Se chiedi a uno studente che scuola ha fatto non ti dirà che ha fatto il linguistico o il chimico, ti darà che ha fatto Villa Greppi, perché quel senso di appartenenza dei primi anni dell’esperienza villagreppina è rimasto anche dopo». Riassume così l’essenza di una delle scuole più frequentate del nostro territorio (sono poco meno di 1.500 gli adolescenti che studiano qui) uno dei volti storici del plesso, il professore di inglese Alberto Cazzaniga. «Sono stato tra i fondatori della scuola e ho insegnato lì sin dal primo anno scolastico, il 1974, fino alla pensione, nel 2010 - racconta Cazzaniga - All’epoca avevo 25 anni ed ero appena tornato dal militare. Il primo anno c’erano solo cinque classi, il secondo eravamo già saliti a 15. Non tutte però riuscivano a frequentare le lezioni in villa per una questione di spazi, quindi alcuni alunni si recavano nella ex scuola elementare di Besana e altri in centro a Casatenovo, dove ora ci sono gli ambulatori, oppure in Villa Paradiso a Montesiro».

"Si faceva educazione fisica nel vecchio granaio"

Uno scenario incredibile, totalmente diverso dalle altre strutture che ospitavano le scuole superiori del territorio. «Al piano terra c’erano alcuni laboratori, perché fin da subito Villa Greppi si è qualificata come scuola sperimentale, e l’ex fienile, dove si svolgevano le lezioni di educazione fisica, dato che non c’era la palestra. Al primo piano c’erano invece la segreteria, la presidenza, l’aula magna e alcune classi, mentre le altre si trovavano al secondo piano. Alcune erano più grandi, altre più piccole, mi ricordo per un periodo di aver insegnato in un’aula che aveva persino il camino» aggiunge il professore, che nonostante siano passati decenni dalla sua esperienza di giovane insegnante ricorda i dettagli della villa come se fosse ieri. «Nel parco c’era un ponte che portava dall’altra parte e spesso i ragazzi andavano a imboscarsi. L’interno della villa, poi, nascondeva molti angoli e anfratti, dove gli alunni andavano a nascondersi per evitare le interrogazioni».
Sono stati anni ricchi e movimentati, in un istituto decisamente all’avanguardia: «Villa Greppi è sempre stata un po’ garibaldina come scuola e quello spirito è continuato a lungo. Era una vera e propria avventura, con tanti insegnanti giovani che arrivavano anche da Milano e davano il loro contributo a questo progetto coraggioso che creava figure professionali nuove. Noi insegnanti e anche i nostri ragazzi sentivamo che stavamo facendo qualcosa di rivoluzionario in un luogo bellissimo, ci sembrava di poter cambiare il mondo».

"Sognavamo di cambiare il mondo"

A metà degli anni Ottanta, con la costruzione dell’attuale plesso collocato ai piedi della Villa, che ospita l’istituto tecnico commerciale, l’antica dimora ottocentesca venne abbandonata, sebbene sia possibile visitarla in occasione della manifestazione «Ville Aperte».
Da allora diverse proposte si sono susseguite, tra cui quella di far diventare la residenza di Monticello una sede staccata dell’Accademia di Brera, mai andata in porto. Nel frattempo la dimora ha ospitato diverse attività del Consorzio, è divenuta sede degli atelier provvisori di alcuni artisti e nel vecchio granaio si svolgono appuntamenti culturali di spessore. Oggi però, il progetto portato avanti dal Consorzio si pone l’obiettivo di far rivivere completamente la Villa e di ridare lustro a quei muri, a quelle porte e a quelle scale che ancora conservano l’eco delle risate e delle chiacchiere degli studenti, che tra una verifica di matematica e una lezione di inglese sognavano davvero di cambiare il mondo.

Tra i tanti studenti anche il sindaco di Osnago Paolo Brivio

Tra le migliaia di studenti che hanno frequentato l’istituto Greppi c’è anche il sindaco di Osnago Paolo Brivio, che ha avuto la fortuna di seguire le lezioni proprio nel suggestivo scenario della Villa.
«Ricordo con piacere ed entusiasmo gli anni trascorsi a Villa Greppi, perché sono stati anni importanti e molto formativi sia per la mia persona che per la mia carriera professionale - esordisce Paolo Brivio classe 1967, diplomato all’indirizzo umanistico. Durante il biennio frequentavo alcuni corsi nel nuovo plesso e altri in Villa, perché le classi erano strutturate in maniera diversa rispetto ad oggi: si frequentavano le materie base insieme e poi ci si divideva per i corsi d’indirizzo. Il terzo anno frequentai invece tutte le lezioni in Villa, mentre a metà del quarto ci spostarono definitivamente nella nuova struttura - ricorda Brivio, che ricorda con precisione quegli anni - La struttura era fatiscente, ma aveva un fascino imbattibile».
«La Villa è sempre stata una realtà a sé: facevamo educazione fisica nel granaio e ci nascondevamo nelle rientranze. Una tradizione è sempre stata la Festa della Primavera, per la quale sfruttavamo l’immenso parco, all’interno del quale coltivavamo anche degli orti e studiavamo le piante con il mitico professor Minguzzi. Uno dei ricordi più belli riguarda la messa in scena de “Il Piccolo Principe” proprio nel parco».
Ma a rendere speciale Villa Greppi non erano soltanto le vecchie scalinate in pietra e gli splendidi affreschi sui soffitti, ma anche e soprattutto l’atmosfera e il fermento che si respiravano in quelle aule: «Organizzavamo laboratori autogestiti, momenti di festa e spettacolo ma anche di condivisione e riflessione. Era una scuola sperimentale, dinamica, stimolante e soprattutto effervescente, che ha insegnato ai giovani la voglia di impegnarsi e anche il senso di responsabilità, unendo anime politiche diverse e anche saperi diversi».

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