Water for Gaza, Meri Calvelli ed Egidia Beretta a Casatenovo
Una serata per illustrare il progetto volto ad alleviare la crisi idrica nella Striscia
Saranno devoluti al progetto Water for Gaza i proventi della serata ospitata in Villa Mariani il 22 novembre, introdotta da Sara Nannini e organizzata dalle associazioni Progettomondo, Piccoli Idilli, L’Angolo giro e Associazione Umanità alla deriva, con il patrocinio del Comune di Casatenovo.
Un’occasione per mantenere alta l’attenzione sulla catastrofe umanitaria che sta avendo luogo in primis nella Striscia di Gaza, ma anche in Cisgiordania, e per avere accesso alla testimonianza diretta di chi nei territori palestinesi ha lavorato e vissuto per tanti anni, e continua ad essere presente tutt’oggi. Preziosissima, infatti, per avere un quadro delle condizioni di vita all’interno della Striscia e delle violenze deliberate portate avanti quotidianamente dalle forze armate israeliane – al di là della narrazione spesso parziale e faziosa portata avanti dai media tradizionali –, la presenza di Meri Calvelli, cooperante di ACS a Gaza da ormai 23 anni.
A moderare l’incontro, il giornalista e direttore della rivista Altreconomia Duccio Facchini, mentre a illustrare la realtà di Progettomondo è stato il presidente Mario Mancini. «Collaboriamo in supporto di ACS per implementare diversi tipi di progetti ormai da tanti anni – ha spiegato – Prima del 7 ottobre il nostro impegno era finalizzato ad un miglioramento della qualità della vita attraverso l’introduzione di aree verdi e cercando di garantire l’accesso all’acqua potabile. La Striscia di Gaza, infatti, da ormai 17 anni è divenuta una prigione a cielo aperto: le forze armate israeliane ben prima del 7 ottobre hanno cominciato ad impedire alle persone di entrarvi o uscirne, fatta eccezione per alcune organizzazioni che portano aiuti umanitari, e l’acqua potabile arrivava soltanto attraverso una fornitura di camion che andavano a riempire i pozzi e i serbatoi nelle case. Ora la situazione si è ulteriormente aggravata, ed è per questo che con il progetto Water for Gaza vogliamo impegnarci per l’introduzione di diversi Water Point che possano fornire acqua dissalata potabile e gratuita alla popolazione».
Ciò su cui si è concentrata Calvelli, sulla scia delle domande postele tanto da Facchini quanto, a fine incontro, dal pubblico stesso, è stato invece dare contesto al conflitto in corso, a poche ore dalla notizia del mandato di arresto emanato dalla Corte Penale Internazionale non solo nei confronti del leader dell’ala militare di Hamas, responsabile del massacro del 7 ottobre, ma anche del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, accusati di crimini di guerra e contro l’umanità nei territori palestinesi occupati. Tra le accuse della Corte, gli stessi comportamenti che sono stati denunciati anche da Calvelli: aver intenzionalmente preso di mira la popolazione civile di Gaza, e averla privata di cibo, acqua e forniture mediche, oltre che di carburante ed elettricità, utilizzando la fame e la carestia come strumento di guerra. «Dopo il 7 ottobre, il governo dell’ultra-destra israeliana ha dichiarato che tutti i palestinesi sarebbero diventati un target – ha spiegato Calvelli – Si è deciso che avrebbero dovuto morire non solo sotto le bombe, ma anche di fame e di sete. Ad oggi, i camion di aiuti umanitari delle Nazioni Unite e di altre realtà sono stati quasi tutti fermati: se prima entravano nella Striscia 500 camion di aiuti al giorno, oggi non ne entrano che 30 una volta a settimana».
«Per la gravità di quanto sta accadendo, non solo io, ma anche altri esperti e autorità ritengono che si possa parlare di genocidio – ha poi affermato Calvelli – Il famoso “piano dei generali” ha previsto dei bombardamenti a tappeto nel Nord della Striscia, dopo aver dato un ultimatum ai palestinesi affermando che chiunque sarebbe rimasto lì sarebbe stato considerato un combattente e, dunque, un bersaglio legittimo, nonostante poi i bombardamenti siano proseguiti anche in zone in cui i militari avevano fatto raccogliere la popolazione a Sud, dichiarandole sicure. Già in questo momento si sta costruendo un muro per dividere in due la Striscia, con l’intenzione, probabilmente, di ricostruire nella parte a Nord ora completamente rasa al suolo e di consentirvi l’insediamento di coloni israeliani». E che cosa accadrà al resto della popolazione gazawi? «I palestinesi non vogliono lasciare la Striscia, è la loro terra, ed è in questo che consiste la loro resistenza – ha affermato Calvelli – Quello che penso è che si stiano costruendo dei campi nella zona del Sinai dove poter concentrare la popolazione, dopo aver diviso la Striscia in due parti. E sono campi che noi abbiamo visto, nonostante abbiano cercato di impedircelo, durante una visita alla frontiera di Rafah che abbiamo tenuto a marzo scorso con una delegazione di parlamentari».
Al termine dell’incontro, è stata Egidia Beretta, madre di Vittorio Arrigoni, a salire sul palco, per dimostrare attraverso la lettura di alcuni brani tratti dal libro Restiamo Umani come la sofferenza della popolazione palestinese continui da diversi anni. Il libro raccoglie infatti gli articoli scritti dal figlio Vittorio per il Manifesto durante l’operazione Piombo Fuso, e contiene passaggi che purtroppo, a distanza di tanti anni, sono ancora attuali. «Gaza è profondamente radicata nel mio cuore, così come la popolazione palestinese, ed è per questo che, ancor più che in passato, da quanto è cominciata la violentissima risposta israeliana al 7 ottobre questo libro non mi abbandona mai».