Il ricordo

Un anno dopo l’omicidio di Sharon Verzeni, posata una targa alla sua memoria

Oggi, in via Castegnate a Terno d'Isola, nel luogo in cui la 33enne originaria di Bottanuco fu accoltellata. Nell'Isola Bergamasca, ora tutti aspettano di conoscere l'esito del processo al suo assassino, Moussa Sangare, previsto per il 22 settembre

Un anno dopo l’omicidio di Sharon Verzeni, posata una targa alla sua memoria

“Nel cielo di ogni sera, una stella ha il tuo nome”. E’ passato un anno da quella tragica notte, tra il 29 e il 30 luglio 2024. Un anno da quel tremendo delitto che ha visto perdere la vita la giovane Sharon Verzeni, estetista originaria di Bottanuco e residente a Terno d’Isola, che ha sconvolto l’intera Isola Bergamasca e che ha impegnato i Carabinieri in una difficile indagine alla ricerca del suo assassino.

Oggi, in via Castegnate a Terno d’Isola dove la 33enne fu accoltellata è stata posta una targa per ricordarla e tutti aspettano di conoscere l’esito del processo al killer, Moussa Sangare, previsto per il 22 settembre.

Un anno dopo l’omicidio di Sharon Verzeni

In occasione del primo anniversario dalla scomparsa di Sharon Verzeni, il Comune di Terno d’Isola ha voluto dedicare uno spazio alla memoria della giovane donna, vittima di un atto tragico che ha lasciato un segno profondo nella sensibilità dell’intera comunità ternese.
“In via Castegnate è stata collocata una targa commemorativa, accanto alla quale chiunque lo desideri può sostare, lasciare un pensiero, condividere una preghiera, donare un fiore o manifestare un segno silenzioso di vicinanza – ha spiegato il sindaco Gianluca Sala –  Un gesto semplice ma carico di significato, concordato con le persone care a Sharon, per rinnovare il nostro impegno collettivo contro ogni forma di violenza e per custodire il ricordo di chi non c’è più. Come indicato dalla famiglia, si è deciso di commemorare Sharon con una veglia privata nel luogo in cui la giovane ha perso la vita. Don Angelo Giudici, parroco di Terno d’Isola, ha accompagnato i presenti in un commosso momento di preghiera. L’Amministrazione comunale ha scelto di ricordare questo anniversario con discrezione, nel rispetto del raccoglimento e della riservatezza che un momento tanto intimo e doloroso merita”.

L’aggressione a coltellate e la fuga

Teatro dell’omicidio è stata, come detto, via Castegnate a Terno d’Isola, la notte tra il 29 e il 30 luglio 2024. Poco dopo la mezzanotte, la giovane barista era intenta a camminare lungo le vie del paese, a poca distanza da casa, come era solita fare durante le notti insonni. Nelle orecchie le cuffiette per ascoltare la musica. Nessuno avrebbe mai potuto pensare che di li a poco si sarebbe consumata una vera e propria tragedia.

Erano le 00.53 quando la donna, a terra, sanguinante, è riuscita ad impugnare il telefono e chiamare il 118. “Mi ha accoltellata” le uniche parole che ha pronunciato ai soccorritori, prima di essere soccorsa da alcune persone di passaggio e una residente. Colpita da una serie di coltellate al torace, all’addome e alle spalle, la giovane morì poco dopo al Pronto soccorso dell’Ospedale Papa Giovanni di Bergamo. Troppo profonde le ferite riportate.

Nelle ore seguenti, i Carabinieri della Compagnia di Zogno diedero il via ad una serie di indagini serrate, che hanno visto i militari impegnati per diverse settimane nel passare al setaccio ogni possibile pista per riuscire a dare un volto all’assassino. In un primo momento, gli uomini dell’Arma hanno chiesto al Comune le immagini delle telecamere di videosorveglianza pubblica, per cercare di ricostruire l’accaduto, mentre sul campo si sono perlustrate le zone attorno all’area dell’omicidio alla ricerca dell’arma del delitto che, inizialmente, si sospettava essere stata abbandonata nei dintorni.

L’autopsia e i dettagli di quell’efferata aggressione

Qualche giorno più tardi dall’omicidio, il 1° agosto  2024, è stata eseguita l’autopsia sul corpo di Sharon. Ne è emerso che la giovane non si è difesa ed è stata colpita da quattro coltellate, di cui tre mortali.

Una inferta frontalmente, mentre le altre due alla schiena, con lesione dell’area polmonare e conseguente emorragia interna, che le è stata fatale. Sulle braccia non sono stati trovati tagli che potessero ricondurre a un tentativo di parare i colpi con l’arma, ma su uno ci sarebbero delle ecchimosi compatibili o con una presa o con l’effetto delle manovre di soccorso successive all’aggressione. Sono stati poi anche prelevati diversi campioni di materiale biologico che, insieme ai vestiti, sono stati inviati al Ris per le analisi e la ricerca del Dna.

Sabato 3 agosto 2024,  nella chiesa parrocchiale di Bottanuco, sono stati invece celebrati i funerali della barista 33enne. Quel giorno, sia a Terno d’Isola che nella sua Bottanuco è stato dichiarato il lutto cittadino.

Le indagini a tappeto

La vicenda tenne l’opinione pubblica con il fiato sospeso per un mese intero, ma fu anche un vero rompicapo per gli inquirenti. Oltre trenta giorni di indagini serrate, su più piste, che ne fecero un vero giallo, fino alla cattura del sospettato, Moussa Sangare.

Il primo obiettivo delle indagini fu quello di ritrovare l’arma del delitto. Per riuscirci, i Carabinieri del Nucleo investigativo di Bergamo bloccarono per alcune giornate la raccolta differenziata dei rifiuti nell’ipotesi che l’arma potesse essere stata buttata in qualche cestino o cassonetto in paese. Anche il sindaco Gianluca Sala, attraverso i canali social del Comune di Terno, rivolse un pensiero alla vittima chiedendo collaborazione alla cittadinanza, come suggerito da chi conduceva le indagini. Purtroppo però, le ricerche non diedero alcun esito, almeno in un primo momento.

Le indagini si erano poi intensificate attorno a coloro che conoscevano Sharon, amici e parenti. La 33enne da circa tre anni viveva con il compagno Sergio Ruocco a Terno d’Isola in via Merelli, a circa 600 metri di distanza dal luogo in cui è stata accoltellata a morte. Al momento della tragedia il compagno, secondo quanto è emerso dalle indagini, si trovava in casa in quei terribili istanti.

Omicidio terno d'isola

Ruocco,  che lavora come idraulico per una ditta di Seriate, ha poi raccontato di trovarsi nella loro casa e che, solitamente accompagnava Sharon nelle sue passeggiate, ma la sera dell’aggressione era stanco e andò dormire. Furono proprio i Carabinieri a svegliarlo e a sentirlo a lungo quella notte, tentando di far luce sulla vicenda. Nel corso delle indagini, Ruocco verrà poi sentito altre tre volte dai carabinieri e con loro parteciperà a due sopralluoghi nell’abitazione, che nel frattempo fu posta sotto sequestro. Ma su di lui non emersero elementi.

Nelle indagini vennero anche coinvolti i carabinieri del Raggruppamento operativo speciale, il Ros, impegnati ad analizzare le immagini delle telecamere in zona, pubbliche e private, circa una cinquantina. Tra le immagini destarono particolare attenzione quelle di un uomo in bicicletta, che percorse contromano la via dell’omicidio. Il mistero sulla sua identità durò per diversi giorni. Su questo preciso dettaglio, è stato successivamente indagato anche un pensionato pugliese, accusato di falsa testimonianza per aver detto di non aver visto il passaggio del misterioso uomo in bicicletta.

A distanza di due settimane dal delitto, le indagini hanno intrapreso una nuova pista: quella del prelievo del Dna a tappeto dalle persone che in qualche modo hanno fatto parte della vita di Sharon e anche tra i residenti di via Castegnate, di piazza Sette Martiri e non solo. I diversi campioni sono poi stati confrontati con quelli di materiale biologico repertati sul corpo della vittima.

Anche il cellulare di Sharon è stato passato al setaccio. Ne è emerso che durante la camminata notturna che ha portato la 33enne barista a essere aggredita alle spalle, il telefono abbia generato “traffico”. Non è dato sapere però se la vittima abbia telefonato oppure scritto dei messaggi e soprattutto a chi. Infine, ulteriori indagini sono state condotte su alcune strade del territorio ternese, chiuse al traffico per consentire alle forze dell’ordine di svolgere opportunamente le operazioni investigative in corso.

Nessun collegamento rilevante è invece risultato dalle analisi sul conto corrente di Sharon da cui erano emersi dei versamenti a Scientology che la 33enne aveva cominciato a frequentare da quando aveva trovato lavoro in un bar i cui responsabili fanno parte del movimento.

L’arresto del killer

Tra le piste che i carabinieri stanno considerando per scoprire l’identità dell’assassino di Sharon Verzeni ci fu  anche quella dell’aggressione da parte di uno spacciatore.  Secondo quanto trapelato dalle indagini, alcuni “soggetti problematici” che bazzicavano spesso in Piazza Sette Martiri prima dell’omicidio, dopo l’accaduto sarebbero spariti e non sarebbero più stati visti. Con il tempo, però, molti hanno fatto ritorno nel comune dell’Isola bergamasca, interessato da un preoccupante giro di spaccio.

La svolta nelle indagini è arrivata il 30 agosto 2024 con il fermo, da parte dei Carabinieri di Moussa Sangare, un 31enne italiano di origini africane. E’ lui il misterioso uomo in bicicletta ripreso dalle telecamere. “Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa”, confessò l’uomo, rintracciato nella Bergamasca. Il 31enne, disoccupato, è residente a Suisio, a poca distanza quindi dal luogo dell’omicidio. E’ italiano, di una famiglia originaria della Costa D’Avorio.

Omicidio di sharon

La confessione del killer

Il 31 agosto 2024, Maria Cristina Rota, procuratrice aggiunta a Bergamo ha poi illustrato i dettagli della confessione di Sangare: “È uscito di casa con 4 coltelli e quindi gli è stata contestata la premeditazione: l’obiettivo era evidente, voleva colpire qualcuno. Non c’è nessun movente religioso, né terroristico, non appartiene ad alcun movimento religioso. Poteva essere la signora Verzeni o uno di noi che passavamo di lì. Non c’è stato alcun movente, non si conoscevano e non hanno mai avuto contatti”.

La procuratrice ha spiegato inoltre che gli investigatori sono arrivati al presunto killer “grazie all’aiuto di due persone che erano presenti e hanno raccontato quanto avevano visto. All’identificazione del fermato hanno collaborato due cittadini stranieri che si trovavano sul luogo. L’uomo aveva già delle denunce per maltrattamenti ai danni della madre e della sorella ed era andato a vivere da solo”.

Il 31enne era un abituale frequentatore della piazza di Terno d’Isola, ma la sera che ha ucciso la donna, dopo esser uscito da casa con 4 coltelli, non c’era passato. I due stranieri che erano andati ai carabinieri per fare altre segnalazioni, hanno poi dato indicazioni sul fermato una volta che sono state loro mostrate le immagini.

E’ stato poi lo stesso Sangare a condurre i Carabinieri sul luogo dove erano stati sepolti e gettati nell’Adda sia l’arma del delitto, un coltello, che altri oggetti portati con sè: quattro coltelli, uno zaino, due braccialetti e dei vestiti dell’indagato, di cui si era liberato il giorno dopo il reato, intorno alle 3 del mattino, vicino alla località di Medolago conosciuta come “Adda beach”.

Davanti al gip Raffaella Mascarino, alla presenza anche del pm Emanuele Marchisio, che ha coordinato le indagini per la Procura, del legale Giacomo Maj e dei carabinieri che si sono occupati del caso che ha tenuto impegnati gli investigatori per un mese, Moussa Sangare ha ribadito ancora una volta di aver commesso l’assassinio senza un motivo specifico.

Ha dichiarato che non c’era un movente e che non sa per quale motivo lo ha fatto: è uscito di casa con una sensazione che non sapeva spiegare, che lo spingeva a fare del male. Tra gli ulteriori dettagli che avrebbe fornito nel corso dell’udienza, ha anche raccontato di aver fatto in precedenza delle prove, una sorta di esercitazione con dei coltelli, sulla statua che si trova in via Rota a Terno, ma l’avrebbe fatta anche a casa con il cartonato che teneva nel suo appartamento. Per meglio precisare, quello che aveva occupato abusivamente, dopo essersene andato dall’abitazione familiare, denunciato per maltrattamenti.

Ulteriore dettaglio raccapricciante della confessione, il fatto che Sharon, sorpresa, aveva cercato di scappare domandandogli: «Perché? Sei un codardo, sei un b******o». Dopo aver terminato il suo proposito, Moussa era rimontato in sella alla sua due ruote e si era allontanato. Nel corso dell’interrogatorio, ha ammesso di fare uso di stupefacenti, ma di non averne assunti quella sera e di essere uscito dall’appartamento con un solo coltello. Ha poi confermato di aver incontrato per strada due adolescenti, delle altre persone e infine la vittima, ma non è stato in grado di spiegare perché avesse scelto proprio lei quella sera. Dopo aver afferrato alle spalle e colpito Sharon una prima volta, le avrebbe anche chiesto scusa per ciò che stava facendo e, pure all’interrogatorio, si è detto dispiaciuto per quanto successo.

Verso il processo a Moussa Sangare

A chiudere il cerchio sulle responsabilità di Moussa Sangare, il 31enne di Suisio originario del Mali, il Dna della giovane trovato sulla canna della bici che il 31enne usò per allontanarsi dal luogo del delitto. Il ritrovamento della traccia genetica mista è stato quindi inserito nelle pagine di relazione che il Ris di Parma ha inviato al pm Emanuele Marchisio che ha provveduto a chiedere il giudizio immediato per omicidio pluriaggravato. Oltre che i futili motivi e la premeditazione, il pm Emanuele Marchisio gli ha contestato l’aggravante della minorata difesa per l’orario notturno, il luogo che era deserto e le condizioni della vittima che stava ascoltando musica con le cuffiette, risultando quindi più vulnerabile a un’aggressione a sorpresa alle spalle come quella che ha subito.

Il processo a Sangare è iniziato ufficialmente lo scorso 25 febbraio con la formula del giudizio immediato, procedimento speciale che consente di “saltare” l’udienza preliminare e porta ad anticipare il dibattimento, senza finalità premiali per l’imputato. Una strada che si è rivelata percorribile, nel caso di specie, per due motivi: la presenza di prove inconfutabili contro l’indagato e l’avvenuto interrogatorio.

Dopo un’ora e cinque minuti di camera di consiglio, i giudici popolari della Corte d’Assise hanno accolto la richiesta della difesa di una doppia perizia psichiatrica su Sangare che in aula ha bofonchiato, a sorpresa, di essere «innocente».

Moussa Sangare è tornato poi alla sbarra nella mattinata di venerdì 14 marzo, questa volta però un reato diverso: maltrattamenti, perpetrati verso la madre e la sorella la quale, secondo l’accusa, era stata minacciata in un’occasione con un coltello dall’imputato. Accusa che, nei giorni scorsi, gli è costata una condanna a 3 anni e 8 mesi.

Secondo quanto ricostruito in aula, la sorella, studentessa 24enne di ingegneria, lo aveva denunciato dopo essere stata minacciata di morte ed essere stata bersagliata dal lancio di oggetti. Nella stessa serata, Sangare aveva anche aperto il gas dando fuoco alla cucina. In un altro caso verificato almeno, l’aveva presa a pugni puntandole contro un coltello.

Per quanto riguarda il processo per maltrattamenti, Sangare era stato sottoposto ad una perizia psichiatrica che, pur evidenziando disturbi della personalità e tossicodipendenza, aveva stabilito la capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto e per la sua capacità di sostenere un processo. Alle stesse conclusioni erano giunti anche i consulenti dell’accusa.

Tornando al processo per l’omicidio Verzeni, la difesa di Sangare, retta dall’avvocato Giacomo Maj, ha presentato a suo sostegno una relazione redatta da un assistente sociale di Suisio, antecedente al fatto, e ha raccontato di un video in cui Sangare sostiene di parlare con i morti. Clamorosa poi la ritrattazione, lo scorso martedì 18 marzo 2025, con cui Sangare Afferma di non aver ucciso Sharon Verzeni, di essere stato un semplice testimone dell’omicidio e che dalla scena del delitto sarebbe soltanto fuggito per paura.

Ora, non resta che attendere l’udienza del 22 settembre, dove Sangare sarà giudicato per l’omicidio di Sharon Verzeni. Un procedimento nel quale è stata fatta un ulteriore  richiesta di perizia psichiatrica.