Sulla Fornace il Parco sogna in grande: "Sarebbe l'ideale per una comunità energetica"
Il presidente Marco Molgora avrebbe già un'idea per riqualificare l'area, ma la proprietà è privata.
Un progetto per la Fornace di Bagaggera, che guardi in avanti ma al tempo stesso sia in armonia con il polmone verde del Meratese, che possa dar vita a una comunità energetica ma mantenere un occhio di riguardo sulla biodiversità e la coltivazione di fiori e piante.7
La Fornace: una bomba ecologica nel Parco
A quasi un anno e mezzo dal suo insediamento come presidente del Parco di Montevecchia e della Valle del Curone, Marco Molgora sta infatti già ragionando su come si potrebbe risolvere una delle maggiori criticità che da decenni attanaglia il territorio.
«Sicuramente l’attuale situazione della Fornace (situata nel Comune della Valletta Brianza, ndr) rispecchia quella di molte altre realtà in Lombardia e non nego che già da qualche mese sto pensando a cosa si potrebbe fare su quell’area, valutando un’idea di riacquisizione al patrimonio oppure intraprendendo un percorso diverso - ha esordito Molgora - Bisogna ovviamente partire dal presupposto che quell’area ad oggi appartiene a un privato e il Parco, per poter intervenire, dovrebbe prima di tutto acquisirla e poi provvedere allo smaltimento dell’amianto, il che non è pensabile se non facendo ricorso a qualche bando».
Una comunità energetica in linea con l'ambiente
La prima idea di Molgora è quella di istituire una comunità energetica, ovviamente nel pieno rispetto delle peculiarità del Parco: «E’ un discorso che sta prendendo molto piede e potrebbe essere interessante realizzare un impianto fotovoltaico su queste aree dismesse. Negli Stati Uniti ci sono diversi studi e interventi che dimostrano come poi si possano creare dei veri e propri microclimi al di sotto di questi pannelli e alla Fornace si potrebbe pensare di piantare fiori e arbusti per ricreare l’habitat giusto per le api oppure delle coltivazioni particolari che hanno bisogno di stare in ambienti chiusi».
Il presidente non è rimasto con le mani in mano e si è già informato per capire ancora più nello specifico il funzionamento delle comunità energetiche: «Per il Parco può essere sicuramente una realtà interessante, ma bisogna capire se può di fatto stare in piedi da sola. Il primo passaggio sarebbe sicuramente quello di intraprendere un’interlocuzione con la proprietà, che ad oggi è ferma, e poi valutare l’eventuale acquisizione, magari tramite un bando europeo. Per lo smaltimento dell’amianto ci sono dei contributi da Regione Lombardia ed è chiaro che su questo tema il Parco non ha intenzione di tirarsi indietro, chiaramente in un’ottica di collaborazione con l’Amministrazione comunale ma più in generale con il territorio».
Molgora: "Non è adatta per un polo industriale"
L’idea di Molgora, infatti, sarebbe quella di provare a coinvolgere inoltre alcune aziende del territorio, anche non esattamente limitrofe alla Fornace, soprattutto nell’ottica di portare avanti un progetto che tuteli il Parco da eventuali sbocchi negativi: «Sicuramente lo sviluppo di un’area industriale, con il passaggio di mezzi pesanti continuo da Pianezzo è ciò che tutti speriamo di evitare. Ci sono delle limitazioni nella creazione di centrali fotovoltaiche nei parchi, che condivido fermamente nel momento in cui si va ad intaccare e distruggere un’area agricola o boschiva, ma non è questo il caso. Si tratterebbe di un intervento riqualificante, che potrebbe portare benefici sia per la salute che per la conservazione dell’ambiente».
Il Parco è pronto a giocare un ruolo attivo, ma l'area è privata
Secondo il presidente, inoltre, un orientamento verso il risparmio energetico sarebbe fondamentale nel discorso della transizione economica: «In questo discorso il Parco vuole giocare un ruolo attivo, ovviamente nel pieno rispetto dei ruoli di tutte le realtà coinvolte».
Resta poi da capire cosa sarà effettivamente possibile fare sull’area della Fornace, fermo restando che il Parco al momento non ha fondi da destinare a un’eventuale acquisizione né, men che meno, allo smaltimento dei 18mila metri quadri di amianto ospitati dalla struttura, per i quali potrebbero servire 600-700mila euro.