l'intervento

Omicidio di Sharon Verzeni. Sorte: "No a etichette e banalizzazioni"

Il post affidato ai social del deputato di Forza Italia e segretario regionale della Lombardia

Omicidio di Sharon Verzeni. Sorte: "No a etichette e banalizzazioni"
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"Le indagini sull’omicidio di Terno d’Isola ci hanno tenuti tutti col fiato sospeso per settimane. Siamo stati testimoni del lavoro esemplare e senza sosta condotto dalla magistratura e dalle forze dell’ordine bergamasche, fino allo sconcertante epilogo che ci lascia sgomenti. Una persona che ha ucciso senza un movente, senza conoscere la vittima, trovata per caso nel posto sbagliato al momento sbagliato: una tragedia che potenzialmente avrebbe potuto colpire ognuno di noi".
Lo scrive Alessandro Sorte, deputato di Forza Italia e segretario regionale della Lombardia, in un post sui suoi profili social.

Omicidio di Sharon Verzeni. Sorte: "No a etichette e banalizzazioni"

"La banalità del male inquieta tutti - prosegue - e la storia dell’assassino - cittadino italiano di origine africana - dà l’assist a chi nel dibattito politico cerca di capitalizzare questo sconcerto puntando il dito contro lo straniero, puntuale e inflessibile come non sempre è accaduto nei casi di cronaca che hanno visto italiani macchiarsi di crimini altrettanto orribili, a partire dai numerosi femminicidi anche nella nostra Provincia. E non ci sono dubbi che tutti questi casi meritino tolleranza zero e pene esemplari senza troppa indulgenza di attenuanti, a prescindere da chi sia l’autore, e questo vale anche per le misure di prevenzione dei reati. Una strumentalizzazione che però va in cortocircuito quando entrano in gioco le figure che hanno contribuito alle indagini e l’individuazione dell’assassino. Sono due giovani di 25 e 23 anni, di origine marocchina, uno commesso in un negozio di abbigliamento e l'altro autista per un grande magazzino, che quella sera si allenavano per strada e hanno incrociato l’assassino in fuga. Dettagli preziosi che hanno riferito alla Procura: 'Siamo orgogliosi di essere stati utili alla risoluzione del caso'. Sono loro i migliori testimonial di un’integrazione che non è solo l’essere parte del nostro tessuto sociale ed economico, lavoratori spesso impiegati in mansioni faticose che gli italiani non vogliono più svolgere, ma che contempla anche un senso del dovere, la necessità di fare la cosa giusta, il senso civico. Ciò che rende una persona un cittadino, parte di una comunità. Storie che fanno riflettere e mettono in guardia dal banalizzare temi complessi e mettere facili etichette. La barricata non è tra 'italiani' e 'stranieri', non è una questione di etnia o di origine, ma tra chi vuole vivere onestamente e contribuire alla crescita economica e sociale del nostro Paese attraverso il proprio lavoro e il proprio impegno quotidiano, chi ama l’Italia, chi la difende, chi conosce e ha fatto propria la nostra cultura, e vive rispettando le nostre leggi', conclude.

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