Cronaca di una tragedia

Medico morto di Covid, il drammatico racconto degli ultimi giorni di vita

Il 22 febbraio 2020 acquistò delle mascherine su Amazon: sono arrivate quando era già morto. Il decesso è avvenuto il 16 marzo 2020 "in assoluta e disperata solitudine".

Medico morto di Covid, il drammatico racconto degli ultimi giorni di vita
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«Un decesso probabilmente intervenuto nella notte, in assoluta e disperata solitudine».  È questa la riflessione finale maturata dalla cronistoria degli eventi che descrive in maniera toccante gli ultimi giorni di vita del dottor Mario Giovita e che la moglie Anna Maria Distefano e i figli  Lorenzo, Diego e Sergio Giovita hanno deciso di riportare, nero su bianco, nella memoria che l’avvocato Paolo Baio sosterrà sia in sede di processo civile che penale.

Il 22 febbraio acquistò le mascherine su Amazon: arriveranno dopo la sua morte

Dopo la dichiarazione dello stato di emergenza proclamato dal Governo in data 31 gennaio 2020 il dottor Giovita, si legge nel testo del ricorso, «ha continuato a prestare regolarmente il proprio servizio come Map in Caprino Bergamasco, nonostante la totale carenza di presidi/Dpi fornitogli dalle autorità competenti (mascherine, guanti e camici protettivi)». Sempre nei mesi successivi Giovita continuò a visitare i suoi pazienti sia in ambulatorio che a domicilio e constatata, come si evince, «l’assenza di un pronto intervento dell’Ats (...), il giorno 22 febbraio 2020 provvide a effettuare un ordine online sulla nota piattaforma commerciale Amazon.it per l’acquisto di mascherine, che furono consegnate (purtroppo) soltanto dopo la sua morte».

Il 26 febbraio i primi sintomi

Le visite proseguirono fino a mercoledì 26 febbraio 2020, giorno in cui la febbre a 38° e i sintomi riconducibili al virus allarmarono il professionista. Dopo aver contattato senza esito il numero verde messo a disposizione da Regione Lombardia, avrebbe chiamato il 112 chiedendo di essere sottoposto al tampone ma gli sarebbe stato risposto «che in assenza di sintomi di difficoltà respiratoria non si poteva procedere con il tampone e “al massimo” di rimanere a casa». Messosi in quarantena, Giovita restò in isolamento domiciliare fino a lunedì 2 marzo 2020 quando, chiamato il 112 per comunicare la scomparsa dei sintomi febbrili, «su indicazione del 112» tornò al lavoro.

Il 4 marzo di nuovo la febbre

Ma, rientrato senza dispositivi di protezione, mercoledì 4 marzo 2020 accusò nuovamente febbre e tosse, decidendo di rimanere a casa. Nel frattempo dietro suggerimento della guardia medica di Bonate Sotto, decise di chiamare il numero verde messo a disposizione da Ats, il cui distretto di Bergamo rispose tramite indirizzo email il giorno 6 marzo comunicando a tutti i Map del distretto che «le mascherine arrivate sono le uniche possibili e abbiamo fatto tutto quanto umanamente possibile per averle al più presto».

Nessun tampone, solo "sospetto Covid"

Preoccupato dal peggioramento delle condizioni di salute del padre, il figlio Lorenzo decise di contattare l’Ats di Bergamo. Dopo svariati tentativi riuscì a interloquire con un medico del distretto sanitario e, sempre in quella telefonata datata 10 marzo 2020, il dottor Giovita parlò direttamente con il medico spiegando di essere «affetto da patologie croniche di cardiopatia e diabete» ma al dottore fu comunicato che «stante l’assenza di difficoltà respiratorie egli era da considerarsi soltanto “sospetto Covid-19” e che in ogni caso andava trattato come tale, ossia doveva osservare la quarantena ma non aveva diritto ad alcun accertamento clinico atto a rilevare l’eventuale contagio».

Il 16 marzo il decesso "in disperata solitudine"

In quarantena insieme alla moglie Anna Maria e al figlio Lorenzo, le condizioni di Giovita non migliorarono fino al ricovero in ospedale. Trasportato al policlinico di Ponte San Pietro in codice rosso la mattina del 12 marzo 2020 con febbre, tosse e inizio di crisi respiratorie, fu in seguito sottoposto a tampone e ad accertamenti che diagnosticarono una polmonite. Ricoverato in isolamento nel reparto di medicina, la mattina del 14 marzo, come si evince dal diario infermieristico, l’amara scoperta: l’esito del tampone era positivo. Nella notte, poi, «sopraggiunsero difficoltà respiratorie e forte agitazione» fino al triste epilogo del decesso, constatato alle ore 9 del 16 marzo del 2020 «probabilmente intervenuto nella notte in assoluta e disperata solitudine». Nel certificato delle cause di morte rilasciato dall’Ats di Bergamo, a causare il decesso fu una «polmonite interstiziale da Coronavirus» che causò la complicazione di «insufficienza respiratoria» sopraggiunta all’uomo.

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