La sentenza

Mantide della Brianza, la Corte d'appello le riduce la pena

Tiziana Morandi, in carcere per aver narcotizzato e derubato diversi uomini, riceve uno "sconto" di due anni

Mantide della Brianza, la Corte d'appello le riduce la pena
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Mantide della Brianza, la Corte d'appello le riduce la pena.

Tiziana Morandi, in carcere per aver narcotizzato e derubato diversi uomini, riceve uno "sconto" di due anni.

Mantide della Brianza, la Corte d'appello le riduce la pena

La Corte d’appello di Milano, ieri pomeriggio, ha ridotto la condanna a 14 anni e 5 mesi di reclusione.

Lo riporta Prima Monza.

La sentenza di primo grado, emessa nel dicembre dello scorso anno, aveva sancito una pena di 16 anni e 5 mesi, più altri tre di libertà vigilata una volta scontata. Una lieve riduzione, dunque, per la 49enne di Roncello finita in carcere con l'accusa di aver drogato nove uomini con delle bibite (a cui erano state aggiunte benzodiazepine) e poi di averli derubati.

Le vittime

Le vittime sono tutti uomini di età compresa tra i 27 e gli 83 anni, ma solo uno di loro si è costituito parte civile al processo. Si tratta di un 29enne di Trezzo sull'Adda, che dopo essere stato stordito dalla bevanda corretta della "Mantide" si era messo al volante della propria auto finendo con il causare un incidente stradale nel quale ha persino rischiato la vita. La Morandi aveva manifestato l'intenzione di risarcire economicamente il giovane trezzese, ma nell'udienza di ieri, martedì 10 dicembre, nessuna cifra è stata pattuita.

Altri guai

Per la "Mantide" i guai non sono finiti. Oltre ai 14 anni sopra citati, dovrà scontare una seconda pena di un anno e otto mesi per il reato di calunnia. Durante una delle prime udienze, infatti, la roncellese aveva negato di essere stata lei a versare i sedativi nella camomilla successivamente bevuta da una delle sue vittime (un anziano del 1938 che era era finito in ospedale), dichiarando invece di aver visto il figlio dell’uomo intento a preparare la stessa bevanda. Uno dei tanti racconti della donna riferiti davanti ai giudici, apparsi piuttosto inverosimili, quando non palesemente improbabili o falsi.

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