Viaggio nei reparti dell'ospedale

I primari del Mandic: "I ricoverati non sono solo anziani, ci stupiamo che qualcuno si stupisca ancora"

A «fotografare» questi giorni sospesi tra una seconda ondata che sembra spegnersi e una terza ormai alle porte, sono Daniele Colombo, Davide Guzzon e Stefano Crespi.

I primari del Mandic: "I ricoverati non sono solo anziani, ci stupiamo che qualcuno si stupisca ancora"
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Dalla vetrata una signora ci saluta con un sorriso, seduta sulla sedia circondata da infermiere e oss bardate da capo a piedi come se fossero astronauti. «Ha una settantina d’anni, è stata tracheostomizzata e non riesce ancora a parlare, però sta facendo passi da gigante» ci racconta Daniele Colombo, primario della Pneumologia, mentre ci accompagna nel nostro giro nel suo reparto, attraverso il percorso «pulito» riservato ai familiari «che quando la situazione dei loro cari si aggrava possono fargli visita e anche comunicare con loro attraverso l’interfono». Nella stanza di fianco le veneziane della vetrate sono abbassate. «Qui abbiamo ricoverato un uomo di 52 anni. Non è una novità: il Covid non è la malattia dei grandi anziani, tra i ricoverati abbiamo avuto anche persone molto più giovani di lui» assicura il dottore.

Mandic, la "fotografia" dei primari

Hanno il volto segnato dalla stanchezza i tre primari che mercoledì abbiamo incontrato in ospedale. Oltre a Colombo, a «fotografare» questi giorni sospesi tra una seconda ondata che sembra spegnersi e una terza ormai alle porte, ci sono anche Davide Guzzon, primario della Rianimazione e Stefano Crespi della Medicina. «La prima fase della pandemia è stata segnata da paura e adrenalina, la seconda dalla stanchezza. Ce ne aspettiamo una terza subito dopo queste feste e dovremo sforzarci molto per trovare nuove motivazioni per tornare di nuovo a lottare» rivelano. Dall’osservatorio del Mandic, nella seconda ondata si sono registrati pazienti più giovani rispetto alla prima. «Che il Covid sia la malattia degli anziani è un falso mito, ci stupiamo che la gente ancora si stupisca di questo. Già nella prima fase della pandemia abbiamo ricoverato quarantenni, cinquantenni, anche un ragazzo di 27 anni...».

Di cura veramente efficace ce n'è una sola

Seppur provati da carichi di lavoro estenuanti e da un vortice di emozioni senza precedenti, medici, infermieri e operatori hanno saputo rispondere prontamente anche alla seconda ondata. E lo stesso accadrà in vista della terza. «Anche nei momenti più frenetici non ho mai registrato segni di impazienza ma anzi, sempre molta gentilezza nei confronti dei pazienti - racconta il dottor Crespi, ma lo stesso pensiero è condiviso dai colleghi - Siamo consapevoli di essere la cerniera tra il malato e la famiglia e svolgiamo il nostro lavoro cercando di prestare attenzione a ogni dettaglio. Dal punto di vista operativo in questa seconda fase c’è stata meno frenesia nel convertire i reparti da Covid a “puliti” e viceversa, sotto l’aspetto medico conosciamo meglio il virus e sappiamo come affrontarlo. Il rovescio della medaglia è che abbiamo la certezza che molte terapie sperimentate la scorsa primavera non funzionano. L’unica veramente efficace è quella che prevede antibiotico, cortisone e farmaci retrovirali».

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