L'intervista

Sessant'anni in clausura: suor Maria Angelica racconta la sua vocazione

Originaria di Montevecchia, ha ricevuto la chiamata dopo un ritiro spirituale: "Ero andata lì per scegliere tra tre spasimanti"

Sessant'anni in clausura: suor Maria Angelica racconta la sua vocazione
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Una vocazione nata in maniera inaspettata ma che oggi, sessant’anni dopo, è più salda che mai, grazie al sostegno di una Fede incrollabile.
Sono tantissimi i montevecchini, in particolare quelli nati e cresciuti nella frazione di Ostizza, che ancora oggi ricordano Albertina Ravasio, per tutti suor Maria Angelica, e che non vedono l’ora di poter festeggiare con lei, il prossimo settembre, i sessant’anni dalla sua professione semplice come suora di clausura.

La clausura di suor Maria Angelica: "Dovevo scegliere tra tre spasimanti ma ho avuto la chiamata"

«La mia è una storia particolare - esordisce la suora, 85 anni da compiere il prossimo agosto - I miei genitori, Olimpia e Luigi, hanno avuto cinque figli. Dopo Maria, Giovanni ed Erminio sono arrivata io, nel 1938, e dopo di me Gabriella. Facevamo una vita semplice, si lavorava nei campi e io tutti i giorni facevo l’operaia in una ditta in cui si lavorava il ferro, a Casatenovo».
A vent’anni, bella e nel fiore degli anni, Albertina aveva già tre proposte di matrimonio: «Ero indecisa, non sapevo chi scegliere. Ne parlai con mia mamma, alla quale raccontavo tutto, e lei mi consigliò di pregare il Signore affinché mi aiutasse in questa scelta. Proprio in quei giorni, con le mie amiche dell’Azione Cattolica di Montevecchia, partii per un ritiro spirituale a Pallanza, in provincia di Novara».
Lì, inaspettata e folgorante, la vocazione. «In quei giorni di ritiro, riflessione e preghiera, arrivò la chiamata del Signore, che mi chiedeva chiaramente di entrare in clausura - racconta suor Maria Angelica, dallo scorso agosto ospite del monastero di Santa Marta a Firenze dopo una vita trascorsa nel convento benedettino Santa Maria degli Angeli a Pistoia - Quando tornai a casa, tutti si accorsero che ero cambiata. Uno degli spasimanti voleva persino regalarmi un collier per far sì che lo sposassi, ma io ormai avevo deciso: sarei diventata suora di clausura a Pistoia, dove c’erano già una mia zia e due mie cugine».

La montevecchina è in clausura in Toscana da sessant'anni

Così, nonostante la vicinanza di altri conventi di clausura, come quello di Monza, Albertina partì alla volta della Toscana. «Ho seguito la chiamata del Signore e il 6 novembre del 1961 sono entrata in monastero a Pistoia, a 23 anni. Ho indossato l'abito monastico il 5 settembre 1962, l’anno dopo ho ricevuto la professione semplice e quella solenne nel 1966 - aggiunge ancora, con una lucidità invidiabile - Prima la clausura era papale, quindi totale, mentre poi è diventata costituzionale e ora ci è permesso per esempio guardare la televisione, usare il cellulare e uscire per visite mediche».
Dopo quarant’anni di clausura, suor Angelica ha anche fatto ritorno a casa per un breve periodo: «E’ stato bellissimo. Ho preso il Frecciarossa ed è stata una grande emozione. Tutto è cambiato, Ostizza è completamente diversa, ma è stato bello rivedere la famiglia e le persone che conosco, sia a Montevecchia che a Lomaniga di Missaglia, dove abita la mia cara nipote Renata Magni. Il sindaco di allora, Eugenio Mascheroni, mi ha persino regalato un libro contenente la storia di Montevecchia».
Proprio la nipote, con l’aiuto del volontario montevecchino Domenico Piazza e di alcune amiche, sta organizzato un pullman per scendere a Firenze il 10 settembre, in occasione dei sessant’anni di clausura della zia, raggiunta già tempo fa da un telegramma da parte dell’Amministrazione. «A celebrare la Messa delle 11 ci saranno mio cugino padre Giovanni Crippa, don Luigi Colombo del Santuario della Beata Vergine del Carmelo e don Adelio Brambilla, che adesso si trova a Milano, ma è originario di Montevecchia - spiega suor Maria Angelica con grande entusiasmo - Sarà bello rivedere tutti e ospitarli qui in monastero».

Giornate all'insegna della preghiera, del lavoro manuale... ma si guarda anche il Tg

Una giornata di festa e di certo diversa rispetto a quelle a cui la religiosa è abituata, in una quotidianità scandita dalla preghiera e dal lavoro manuale.
«Ci alziamo all’alba e alle 6 c’è la prima preghiera. Alle 6.45 poi tocca alle lodi, alle 7.15 c’è la Santa Messa e poi la preghiera mediana - spiega illustrando il fitto calendario delle sue giornate - Alle 8 colazione e poi ognuno si occupa dei suoi incarichi. C’è chi stira, chi fa l’orto... io per tanti anni mi sono occupata di imbustare le erbe salutari, ma l’anno scorso ho anche aiutato nella raccolta delle olive, visto che abbiamo 500 ulivi qui nel monastero».
Alle 18, poi, vespro cantato, alle 19 si cena e alle 20 c’è un piccolo momento di ricreazione condiviso («Guardiamo il Tg»). La giornata si conclude alle 20.40 con la compieta, l’ultima preghiera del giorno, e per le 21 al massimo si è tutte in camera a dormire.
Il calo delle vocazioni ha comportato l’abbandono del monastero benedettino di Pistoia, ad oggi ancora aperto ma non più abitato dalle monache, ma suor Maria Angelica la sua di vocazione non l’ha mai persa. «Anzi! Ogni giorno è sempre più forte. Mi sono mancati tanto la mamma e il papà quando ero più giovane, ma il Signore mi ha sempre dato la forza di portare avanti la mia scelta, di cui non mi sono mai pentita! - afferma con convinzione - So che i miei spasimanti si sono sposati e anche io ho fatto la mia vita, però qui, con il Signore e le mie consorelle».

"Mi sarebbe piaciuto prendere il nome di mia sorella, morta a soli 12 anni"

L’unico rimpianto, se di rimpianto si può parlare, è quello di non aver potuto prendere, da suora, il nome della sorellina scomparsa. «Gabriella, che aveva cinque anni meno di me, è mancata a 12 anni, perché si era così tanto spaventata dopo essere stata aggredita da un cane che è morta per il terrore. A mia mamma avrebbe fatto piacere prendessi il suo nome, ma in convento c’era già mia cugina, suor Gabriella. Così la badessa Gertrude Barabba scelse Maria Angelica e a me andò bene lo stesso - conclude la montevecchina, che non vede l’ora di riabbracciare familiari e conoscenti - E’ sempre bello incontrarli e parlare della nostra vita. La mia è stata segnata dalla vocazione e, Dio piacendo, lo sarà per sempre».

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