Ponte di Paderno, il parere dell'esperta: alzare le barriere salverebbe delle vite
Simonetta Martini, primaria di Psichiatria dell'Asst di Lecco, analizza il drammatico fenomeno che si è intensificato nelle ultime settimane. I Comuni ne discutono da anni, ma si scontrano contro gli enti superiori e la Sovrintendenza
Tre corpi privi di vita rinvenuti nel fiume Adda tra Paderno e Cornate nel giro di pochi giorni e le ricerche di quello di una quarta persona - un ragazzo visto buttarsi nel vuoto mercoledì scorso da un ciclista di passaggio - ancora in corso. E’ una vera emergenza suicidi quella che sta vivendo il nostro territorio in questo periodo, un triste fenomeno che riporta d’attualità il tema del ponte di Paderno, dotato di barriere troppo basse e dunque semplici da scavalcare, ma anche di una sorta di «attrattività» verso soggetti in preda alla disperazione.
Suicidi dal ponte di Paderno, il parere della psichiatra Martini
Difficile compiere un’analisi specifica del fenomeno, ma l’intensificarsi di estremi gesti compiuti dal viadotto che collega Paderno a Calusco porta inevitabilmente a riflessioni.
«Il fenomeno dei suicidi è estremamente complesso, ma senza entrare nello specifico dei singoli casi recenti dei quali bisognerebbe conoscere il quadro clinico, è evidente che un luogo facile da raggiungere e che garantisce la certezza della morte come il ponte di Paderno possa risultare attrattivo per quelli che si definiscono suicidi impulsivi, che per altro sono tipici nei giovani» spiega Simonetta Martini, dirigente medico psichiatra dell’azienda ospedaliera di Lecco intervistata dal Giornale di Merate in edicola questa settimana.
«Nella Cina rurale, in passato, erano frequentissimi i casi di persone che si toglievano la vita per ingerimento di pesticidi - aggiunge la dottoressa Martini argomentando la sua riflessione - Quando le campagne sono state abbandonate per le città, i tassi dei suicidi si sono ridotti sensibilmente, perché è venuta meno l’accessibilità dello strumento. Quindi, tornando al ponte di Paderno, sicuramente con barriere più alte o comunque con accorgimenti che facciano da deterrente riusciremmo a risparmiare almeno una fetta di suicidi impulsivi, che sorgono da episodi improvvisi e che principalmente riguardano i ragazzi».
"Togliere romanticismo al gesto può salvare delle vite"
Ridurre il tasso di tragedie dal San Michele farebbe anche venir meno il fenomeno dell’emulazione. «Esiste quello che si chiama “Effetto Werther”, che prende il nome dal protagonista dell’opera di Goethe: più che l’emulazione del gesto in sé può nascere quella del suicidio “romantico”, quasi spettacolare, che a volte viene compiuto quasi come senso di rivalsa nei confronti di qualcuno. Anche in questo senso togliere al ponte la sua triste fama può sicuramente aiutare a salvare qualche vita» sostiene Martini.
Non sembra, pur non conoscendo i quadri clinici dei soggetti che si sono tolti la vita in questo periodo nelle acque dell’Adda, esserci invece un legame con il periodo dell’anno. «Il buio, la concomitanza con la commemorazione dei defunti, l’avvicinarsi delle feste, sono elementi che influiscono su persone in uno stato depressivo, che nel gesto estremo vedono l’unico modo per sottrarsi a una sofferenza mentale che diventa insostenibile - spiega l’esperta - Non ho gli elementi per collegare i casi recenti a quello che tecnicamente si definisce “stato perturbato”, parlandone in termini generali ritengo sia importante saperne cogliere i sintomi. Chi manifesta pensieri suicidi vive essenzialmente un senso di solitudine, è convinto che non esista una soluzione ai suoi problemi e che nessuno lo possa aiutare: riuscire ad accendere anche solo una piccola luce a volte può essere fondamentale».
Inevitabile una riflessione sulla società moderna, soprattutto relativamente ai gesti estremi che riguardano i giovani. «Purtroppo viviamo tempi in cui tutto corre veloce, in cui bisogna eccellere a tutti i costi e perdere un po’ di strada viene visto come un fallimento - argomenta Martini - Anche la banalizzazione della morte è qualcosa di pericoloso, la vita è il dono più prezioso che abbiamo e non è retorica, è troppo importante sottolinearlo e far capire che una volta perso è tutto finito, non c’è modo di tornare indietro».
Barriere, un tema dibattuto e gli ostacoli della Sovrintendenza
Proprio sull’altezza delle protezioni laterali si era concentrata anche in passato l’attenzione del Comune di Paderno, che aveva infatti cercato più volte negli anni di proporre possibili soluzioni e che ci era pure riuscito con l’ex sindaco Renzo Rotta, che aveva alzato delle reti da cantiere proprio nei mesi precedenti alla chiusura improvvisa del viadotto.
«Già l’Amministrazione precedente aveva cercato di interfacciarsi con Rfi per chiedere di realizzare parapetti più alti che non fossero così facili da scavalcare - ha spiegato il sindaco Gianpaolo Torchio - Purtroppo la proposta è stata sempre bocciata dalla Sovrintendenza. L’intervento, infatti, non era stato ritenuto adeguato ai canoni dell’opera architettonica».
Il primo cittadino ha sottolineato come la questione sia comunque da considerarsi al centro dell’interesse della sua Amministrazione. «Raggiungere il ponte e gettarsi nel vuoto è troppo facile, sia scavalcando il parapetto dalla sede stradale che, in misura perfino maggiore, camminando lungo i binari ferroviari che risultano ancora meno protetti - ha spiegato - Non siamo indifferenti a queste tragedie ma in questo momento non possiamo fare niente per arginare il fenomeno».
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