Parco del Curone, parla il nuovo presidente Zardoni: "Tutta la verità sulla mia candidatura"
Una una dozzina di giorni dalla sua elezione, il cernuschese si è aperto in una lunga chiacchierata con il Giornale di Merate: "Non mi aspettavo che il mio nome fosse considerato divisivo, prendo atto ma vado avanti"
E’ stato eletto con sei voti a favore e sette astenuti, iniziando il suo percorso come presidente già sfiduciato in partenza, ma il suo obiettivo è riuscire a creare un dialogo anche con chi non l’ha sostenuto.
Giovanni Zardoni, per tutti «lo zar» l’ha affermato chiaramente lunedì 16 dicembre, emozionato e provato: «Non mi aspettavo che il mio nome fosse considerato divisivo dopo tanti anni spesi nel Parco, ma ne prendo atto e vado oltre».
Ora si mette al lavoro col Consiglio di Gestione, di cui faranno parte Silvia Sesana, Giulio Facchi e Paolo Belletti, con «la tutela del Parco davanti a tutto».
Parco del Curone, parla Zardoni
Pubblichiamo integralmente l'intervista esclusiva che Zardoni ha rilasciato al Giornale di Merate in edicola questa settimana.
Al momento dell’elezione ha espresso dispiacere per non essere stato votato a larga maggioranza. A bocce ferme, come si sente e come ha vissuto queste settimane?
«E’ stato un periodo complicato, vissuto con la consapevolezza che candidare persone che hanno una gran conoscenza del Parco può far paura perché conoscono le dinamiche e per questo sono meno telecomandabili. E’ stato difficile anche per la mia famiglia e per chi mi vuol bene, ma hanno saputo starmi vicino».
Con quale spirito ha deciso di candidarsi?
«Già cinque anni fa il mio nome era stato proposto dall’allora sindaco di Cernusco Giovanna De Capitani, ma anche in quel caso il centrosinistra aveva detto no. Allora sono rimasto a disposizione come coordinatore delle Gev fino all’ultimo, ma quando ci sono state tensioni relative alla riorganizzazione del gruppo la maggioranza delle guardie ecologiche mi ha invitato a provare a candidarmi per cambiare le cose».
Lei ha un passato da uomo di centrosinistra, come vive il fatto di essere stato sostenuto solo dal centrodestra?
«Oltre al centrodestra mi ha sostenuto anche La Valletta, che ha apprezzato il mio programma. Ho un passato di centrosinistra, sono stato per un periodo tesserato con la Margherita e poi con il Pd, ricoprendo anche la carica di coordinatore del circolo di Cernusco. Di fatto mi ritengo un democristiano, però mi è dispiaciuto che gli amici del Pd non mi abbiano sostenuto, non ho capito perché».
Secondo lei il sindaco Toto ha proposto il suo nome per non trovarsela contro alle elezioni a Cernusco?
«Non penso, anche perché io avevo deciso di impegnarmi nuovamente ma nel Parco. Sono stato assessore all’Ambiente dal 2001 al 2006, poi vicesindaco e assessore all’Urbanistica fino al 2011, successivamente capogruppo di minoranza e ora presidente della Commissione Urbanistica del Comune di Cernusco, ruolo dal quale mi dimetterò a breve. Per fare il sindaco, poi, penso si debba avere più tempo e io col lavoro non ne ho. L’impegno in Comune non è nei miei piani... per adesso».
Secondo lei che ruolo ha giocato la politica?
«Sicuramente ha giocato un ruolo numerico per compattare i Comuni che mi hanno sostenuto e la Provincia. Mi auguro che adesso però i giochi politici siano finiti e si pensi ai contenuti; spero che le mie linee programmatiche possano trovare la maggior condivisione possibile».
Come sono i rapporti con l’ex presidente Molgora? In fondo siete stati entrambi un po’ vittime di questi giochi politici...
«Lunedì (il 23 dicembre per chi legge, ndr) ci faremo gli auguri con i dipendenti e ho chiesto che ci fosse anche il Consiglio di Gestione uscente. L’ho chiamato un paio di volte e non mi ha risposto, gli ho scritto per invitarlo e non mi ha risposto. Mi dispiace, io non ho niente contro di lui e mi sono candidato perché ho delle idee per il Parco; addirittura tempo fa mi aveva presentato lui stesso come suo successore. Alla fine sì, siamo stati due vittime di tutta questa situazione».
Il suo programma è stato molto discusso: non si parla di Disneyland ma di apertura e «Parco più popolare». Cosa intende nel concreto?
«L’espressione “Parco più popolare” non indica un Parco più frequentato ma un luogo al quale le persone possano sentire di appartenere. Il Parco è uno spazio di tutela, ma per molti è solo vincoli e limitazioni e questo accade perché le norme non vengono spiegate. In questo ci potrà aiutare anche il Distretto del Cibo, che sarà un facilitatore nella formazione di addetti specializzati in questo senso. Preciso che al Distretto hanno aderito quasi 30 aziende agricole, ma le politiche che il Parco attuerà in materia di agricoltura riguarderanno tutti».
In cosa il suo Parco sarà diverso da quello di Molgora?
«Il Parco non è mio e non è di Molgora, ma è di tutti. A livello di tutela non cambierà nulla, ma crescerà il senso di appartenenza aumentando la comunicazione, il confronto e la mediazione. Silvio Berlusconi si era definito “presidente operaio”, io ambisco ad essere un presidente operativo. Nel mio mandato non fuggirò mai dal confronto, come ho fatto anche con l’Associazione Monte di Brianza che ho incontrato dopo la petizione».
I sindaci di centrodestra le hanno chiesto di sostituire il direttore Cereda e lei ha inserito questo proposito nel programma. Perché questa necessità di cambiare?
«A fine febbraio scade il suo mandato e ritengo che dopo così tanti anni sia il caso di cambiare, pur conservando il know how acquisito. Faremo una manifestazione di interesse per il ruolo, che sicuramente può essere molto ambito. Cambierà il direttore ma per dare continuità ho chiesto che venisse confermato il revisore dei conti Enrico Panzeri».
E’ stato affermato che lei durante una festa di Capodanno in una villa all’interno del Parco abbia sparato botti. Cosa replica a riguardo?
«Non ho mai mantenuto comportamenti che potessero essere sanzionati all’interno del Parco. Queste affermazioni sono state fatte per screditarmi».
Dopo l’elezione a presidente si è dimesso dal ruolo di coordinatore delle Gev. Come ha influito questo incarico nel suo percorso?
«Sono volontario nel Parco da 27 anni, nel tempo ho creato un’importante rete di contatti. Ho tante “sentinelle” nel Parco che anche come presidente potranno aiutarmi ad avere sempre il polso del territorio».
A proposito di contatti, alcune associazioni e alcuni sindaci l’hanno accusata di non sapere far rete.
«Confermo che in passato ci sono stati momenti in cui mi sono posto in maniera ruvida, ma ora ho 51 anni e nella vita si cresce e si cambia. Ho lavorato su me stesso per avere un approccio più soft e ascoltare di più e ho capito come fare rete sia quando ero vicesindaco sia come coordinatore delle Gev. A volte sono stato un accentratore, ma ora sono aperto al confronto, pur essendo deciso sulle mie idee. Di sicuro non sarò una banderuola».
Cosa si augura per il Parco del futuro?
«Che sia una comunità, con più confronto tra le associazioni, da quelle ambientaliste a quelle pescatorie e venatorie, con più coinvolgimento anche dei Comuni, che hanno degli uditori in Consiglio. Vorrei vedere tutti quelli che hanno votato per la presidenza partecipare alla Comunità (e qui il riferimento, tutt’altro che velato, è alla presidente della Provincia Alessandra Hofmann che a Cascina Butto non aveva mai messo piede, ndr) ma soprattutto vorrei molti più volontari. Per questo mi piacerebbe chiedere all’Associazione Monte di Brianza la provenienza di coloro che hanno sottoscritto la petizione: visto che tengono al Parco, magari possono dare una mano anche sporcandosi le mani».
Gloria Fendoni