Iniziativa di sensibilizzazione

La vincitrice di #cHIVuoleconoscere è una giovane bergamasca

E' Alessia Lepori, 18enne di Solza e studentessa dell’istituto Caterina Caniana di Bergamo

La vincitrice di #cHIVuoleconoscere è una giovane bergamasca
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La vincitrice del concorso #cHIVuoleconoscere è una bergamasca. «Spesso sono i bambini a preoccuparsi per i genitori. Sono partita da lì per sensibilizzare sull’Hiv». Queste le parole che riassumono il progetto di Alessia Lepori, 18enne di Solza e studentessa dell’istituto Caterina Caniana di Bergamo.

Questo concorso, promosso dall’Associazione Comunità Emmaus, viene proposto ormai da diversi anni in 18 scuole della provincia di Bergamo. L’obiettivo verso cui mira è quello di avvicinare i giovani al test del Hiv e favorire una maggiore informazione. Per capire e conoscere qualcosa di più a riguardo abbiamo intervistato la vincitrice di quest’ultima edizione.

L'intervista alla vincitrice

  • Quando è iniziato questo progetto e quanto tempo ci hai messo a realizzarlo?  Il progetto è nato da una proposta del nostro professore di progettazione multimediale. Inizialmente non ci ha detto granché, l’unica cosa che sapevamo era che dovevamo realizzare qualcosa che andasse a sensibilizzare le persone. Successivamente abbiamo seguito una serie di incontri con un’esperta, Caterina. Lei ci ha raccontato del suo lavoro e della comunità di Emmaus dove aiuta chi è affetto da Hiv. Ci ha spiegato come si trasmette e ci ha fornito molti dettagli. Pensavamo di essere informati, ma alla fine ci siamo resi conto che non era così. In seguito, ognuno ha iniziato a pensare ai primi bozzetti e intorno a fine febbraio li abbiamo presentati al prof. Nessuno di quelli che avevo fatto mi convinceva, mancava qualcosa. Poi verso fine marzo e metà aprile abbiamo consegnato i definitivi e da lì da lì ho iniziato a realizzare il mio progetto.

  • Ti sei fatta aiutare da qualcuno? No, dovevamo fare tutto da soli. Gli unici aiuti erano da parte del prof che, quando ci controllava i progetti, dava dei consigli su cosa migliorare.

  • Qual è stata la parte più difficile della realizzazione? Oltre all’idealizzazione credo che, durante lo svolgimento, sia stata fare le foto, scegliere i soggetti e relazionarmi con la bambina coinvolta per il video, Camilla. Alla fine però è stato più semplice del previsto.

  • Com’è nata l’idea del progetto e cosa ti ha ispirato?  All’inizio avevo fatto un disegno con una mamma, una bambina e un papà  ma non convinceva né me né il prof. Un giorno eravamo in classe e il prof ci ha raccontato di una conversazione che aveva avuto con Caterina. L’argomento riguardava gli ultra cinquantenni che non sentono il bisogno di fare il test per l’Hiv. Da lì mi è venuta un’idea: ho deciso di unire la fotografia con una parte più grafica, due materie che studio. Così ho realizzato la prima parte del video, con la bambina che prima disegna e poi corre dal papà. Ho poi aggiunto una parte teorica, cosicché si potesse leggere e capire meglio il messaggio che volevo lasciare. Il papà di questa bambina rientra nella fascia di ultra cinquantenni, maschi, eterosessuali che non sentono il bisogno di testarsi.

  • Com’è nato il titolo “papà hai fatto il test?” Mentre lo realizzavo avevo capito che il titolo doveva essere quello, era il più giusto e calzava alla perfezione con il lavoro che stavo facendo. Volevo puntare su un aspetto in particolare: spesso lo sanno i bambini e sono loro a preoccuparsi per i genitori. Volevo usare l’emotività della bambina per catturare l'attenzione e quale miglior modo per farlo se non con una domanda? Così è molto più facile coinvolgere chi sta guardando il video. Lo scopo di questo progetto è quello di avere meno malati possibili e di invitare tutti a fare il test; era proprio questo il messaggio che volevo far passare.

  • Come hai conciliato la scuola e lo studio con la creazione di questo progetto? Essendo in quinta la scuola occupa tantissimo tempo, c’è un grandissimo lavoro da fare per ogni compito che ci assegnano, quindi non è stato semplicissimo fare tutto. Spesso però potevamo lavorare a scuola, oppure lo facevo nel primo pomeriggio e studiavo o la sera o la notte.

  • Ti aspettavi di vincere? No. Sapevo di avere delle buone possibilità però era un concorso sia a livello locale che provinciale ed ero consapevole che c’erano tanti altri lavori altrettanto belli. Molti andavano sul generale, io invece toccavo solo una fascia specifica.

  • Che reazione hai avuto quando hai scoperto di aver vinto? Non in modo euforico, quello no. Non ci credevo. Mi ero detta “ok ho vinto e…”. Diciamo che non sono ancora riuscita a realizzarlo. Onestamente non avevo neanche molta voglia di andare alla premiazione. Ero appena stata operata al ginocchio e fino al giorno prima mi faceva male però il prof ci teneva molto perché tanti di noi erano stati selezionati, quindi voleva la massima partecipazione. Per fortuna sono andata.

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