La testimonianza di un lomagnese: "Non demonizziamo i rave"
Un trentenne lomagnese ha ricevuto un foglio di via dopo un free party: "C'è ancora una visione distorta di quello che rappresentano".

Una stretta sull’organizzazione di rave, con pene anche per chi vi partecipa, ma che non sembra destinata a mettere un freno ai free party, semmai il contrario.
E’ questa la percezione di M.L., 30enne residente a Lomagna, uno dei primi a fare le spese del nuovo decreto che prevede da 3 a 6 anni di carcere e da mille a 10mila euro di multa per l’invasione arbitraria di terreni ed edifici con lo scopo di organizzare raduni con più di 50 persone.
La testimonianza di un giovane lomagnese che frequenta i rave
«A inizio ottobre sono stato fermato a Brusnengo, in provincia di Biella, nelle vicinanze di una ditta dove si stava svolgendo un rave party - racconta il giovane, che nella vita lavora come educatore - Non ero ancora entrato, eppure il fatto di essere lì nelle vicinanze mi è valso un foglio di via, che prevede che per due anni io non possa tornare in provincia di Biella».
Nessun daspo e nessuna condanna, ma rientrato a Lomagna il ragazzo si è dovuto presentare dal sindaco Cristina Citterio per farle sapere di essere in paese, come previsto dalla normativa: «Mi ha fatto qualche raccomandazione, niente di più». Il foglio di via arrivato al lomagnese è il primo, nonostante il trentenne abbia frequentato, anche se a periodi alterni, numerosi rave.
Ad attirarlo, a differenza di quanto si possa pensare, non è in primis la musica: «Diciamo che ho più un’affezione per il contesto dissociato dal sistema, per il tipo di atmosfera che si crea e per la possibilità di sentirsi liberi. Chi non l’ha provato non lo può capire, ma alla base dei free party c’è una forte spiritualità, una sorta di preghiera profonda in grado di creare un senso di comunità e di appartenenza che i giovani non riescono a trovare nella vita di tutti i giorni».
"I media danno una percezione distorta dei rave"
Il lomagnese, che ha presenziato anche al maxi rave di Modena sgomberato per motivi di sicurezza legati alla struttura, sottolinea come l’immagine mediatica dei rave sia, a suo avviso, distorta rispetto alla realtà: «C’è la convinzione che il rave sia solo sballo, che ci vadano i “topi di fogna” di trenta o quarant’anni che non fanno nient’altro nella loro vita. Non è così semplice: ci sono persone di questo tipo come ci sono gli adolescenti che poi il lunedì vanno a scuola, ci sono insegnanti, infermieri, operai. La maggior parte delle persone che frequentano i rave hanno dai 16 ai 25 anni e sono alla ricerca di una realtà alternativa, sono mossi dalla voglia di divertirsi e dalla curiosità, ma anche dal bisogno di urlare quello che non va in questo mondo nell’unico posto in cui sentono di poterlo fare».
Anche l’aspetto dell’illegalità e della scoperta di luoghi abbandonati ha di per sé un suo appeal, come sottolinea il lomagnese: «Non si può pensare di legalizzare i free party, perché così perderebbero proprio la loro essenza».
"Serve più informazione: bisogna organizzare banchetti per parlare di abuso di alcol e droghe"
E allora come fare per limitare i disagi che i rave portano indiscutibilmente con sé, dal disturbo per i residenti all’abuso di alcol e droghe? Anche in questo caso, il lomagnese qualche idea ce l’ha: «Io sono un educatore e non credo che mandare le forze dell’ordine in un capannone dove c’è un rave sia la soluzione. Il problema non è il rave, il problema è che non c’è un vero interesse degli adulti nei confronti dei giovani, non si dà voce ai ragazzi e soprattutto non ci si mette in ascolto. Lo Stato dovrebbe intervenire in un altro modo, nei free party ci dovrebbero essere dei banchetti gestiti da educatori e operatori del settore sociale che spieghino ai ragazzi, per esempio, i rischi legati all’uso di sostanze stupefacenti. Il rave è una fuga dal mondo, è l’ingresso in una nuova società che accoglie tutti e non giudica nessuno. E’ un segnale che i ragazzi, spesso ragazzi che a 16 anni prendono gli antidepressivi tutti i giorni, mandano ai genitori».
E quando gli chiediamo se nonostante questo primo provvedimento continuerà a frequentare i rave, M.L. non ha dubbi: «Assolutamente sì, perché è uno degli ambienti più positivi che esistano».