Numeri che fanno impressione

La strage continua: ben 3204 incidenti sul lavoro nel 2020 in provincia di Lecco

"Il numero di morti sul lavoro fa indignare. Oggi si continua a morire come cinquant’anni fa e la tipologia degli incidenti è la stessa di quelli che avvenivano nel 1910"

La strage continua: ben 3204 incidenti sul lavoro nel 2020 in provincia di Lecco
Pubblicato:
Aggiornato:

Durante lo scorso anno si sono verificati  3.204 infortuni sul lavoro di cui 1313 dovuti al Covid 19 in provincia dei Lecco Se  si puntano i riflettori sull’incidenza della Pandemia si nota subito che ad avere la peggio sono state le donne: infatti ben 965 signore si sono ammalate rispetto a 348 uomini. Ovviamente i più colpiti sono stati medici, infermieri, fisioterapisti e più in generale gli operatori socio sanitari. Quello che più lascia perplessi è che nel primo trimestre di quest’anno si sono verificati 853 infortuni (Covid escluso), di cui uno mortale. Dati che, secondo le associazioni di categoria, sono davvero preoccupanti. Lo hanno spiegato questa  mattina, martedì, nella sede Cisl di via Besonda, Diego Riva (segretario generale Cgil Lecco), Mirco Scaccabarozzi (segretario generale Cisl Monza Brianza Lecco) e Salvatore Monteduro (segretario generale Uil Lario).

Stop agli incidenti sul lavoro

Per questa ragione il 20 maggio nelle aziende si terranno assemblee dei lavoratori sul tema della sicurezza e poi, davanti al Pirellone, il 31 maggio ci sarà un presidio per chiedere a Regione Lombardia maggiore attenzione sulla prevenzione. «Non c’è lavoro senza sicurezza - ha esordito Scaccabarozzi - le diverse normative non hanno inciso a sufficienza per quanto riguarda la dimensione culturale della salvaguardia dei lavoratori nelle aziende nel nostro Paese».
Ha aggiunto Diego Riva: «La sicurezza è la precondizione per parlare di lavoro. Noi pensiamo che con la buona volontà e un innalzamento della cultura della prevenzione si possa invertire la tendenza ad avere un numero elevato di vittime. Infatti il nostro obiettivo è chiaro: meno infortuni e zero morti. Crediamo che le imprese, così come le istituzioni pubbliche, debbano investire di più sulla prevenzione e sulla sicurezza. Anche la precarietà incide molte volte in questa direzione. Cgil, Cisl e Uil chiedono maggiori assunzioni di medici del lavoro e soprattutto più attenzione perché in questi dieci anni gli ispettori che avrebbero dovuto vigilare sono dimezzati e per contro sono venuti a mancare gli accertamenti ».

Maggiori controlli nell’edilizia

"Siamo preoccupati anche perché si preannuncia uno sviluppo maggiore nell’edilizia attraverso il Bonus 110% e non c’è dubbio che la riqualificazione energetica consentirà di dare lavoro a più persone quindi aumenterà il fattore di rischio. Bisogna cominciare a pensare che la sicurezza non è un costo ma un investimento. La formazione non deve interessare solo i dipendenti ma deve essere migliorata per gli Rls (Rappresentanti dei lavoratori) e per gli stessi imprenditori che devono cominciare ad assumersi delle responsabilità sociali. La formazione deve interessare gli assunti come i lavoratori con contratti a termine».

La patente a punti

«Abbiamo deciso di lanciare anche una proposta come Cgil, Cisl e Uil: ovvero la patente a punti per le aziende cioè un documento che indica quanti infortuni si sono verificati in ditta, cosa è successo e quali difficoltà gli imprenditori hanno riscontrato nell’ambito della sicurezza. Non si tratta di stilare una lista nera, ma è importante capire il contesto per poi mettere in cantiere degli accorgimenti che permettano di andare nella direzione giusta. Questo è importante perché se si devono attribuire degli appalti pubblici a un’impresa, questa deve dimostrare di avere le carte in regola. Inoltre si possono premiare le ditte virtuose».

Molte le aziende irregolari

«Il numero di morti sul lavoro fa indignare. Oggi si continua a morire come cinquant’anni fa e la tipologia degli incidenti è la stessa di quelli che avvenivano nel 1910. L’85% delle aziende controllate dagli ispettori è risultato irregolare. A causa della crisi pandemica abbiamo abbassato l’attenzione. Non vogliamo che oggi per recuperare quello che si è perso a livello economico passi l’idea che sia possibile lavorare in qualsiasi condizione».
Micaela Crippa

 

Seguici sui nostri canali