La storia: "Mio marito è morto investito, non so come tirare fine mese"
Silvia Paparella di Calco, vedova di Ivano Vella, ha racconto la grave difficoltà economica in cui si trova, insieme al figlio Riccardo
Un «grido d’aiuto disperato», così Silvia Paparella ha definito l’appello lanciato attraverso la propria pagina Facebook per sostenere il figlio 18enne Riccardo nella ricerca di lavoro dopo la morte del padre, Ivano Vella - Ivan, come lo chiamava semplicemente la moglie - investito e ucciso sulle strisce pedonali di via Statale a Merate, davanti al bar «Il Glicine», lo scorso ottobre.
La storia: "Mio marito è morto investito, non so come tirare fine mese"
Vella, 56 anni e tecnico caldaista titolare dell’azienda «Se.Co Klima» con sede a Brugarolo, era l’unico in famiglia a lavorare e dopo il tragico incidente moglie e figlio si sono ritrovati soli e in grave difficoltà economica.
«Ho provato ad aiutarlo in ufficio qualche volta, ma non è un lavoro che so fare e la ditta non ha altri dipendenti - ha commentato Paparella nel salotto di casa, a Calco Alta, accanto al piccolo altare allestito con l’urna, la foto e il nome del marito - Faceva tutto Ivan, lavorava da solo. Poi la tragedia. Ho lavorato per 15 anni al McDonald’s delle Torre Bianche, ma ero a casa da circa 7 anni perché non mi trovavo più bene dopo che l’attività era stata venduta ad una ditta subordinata. Era Ivan a prendersi cura di noi e a mantenere me e Riccardo».
Il primo figlio di Paparella, nato dal primo matrimonio, non riesce ad aiutare la famiglia se non occasionalmente. «Enrico ha 25 anni e vive a Padova, mia città d’origine. Non è figlio di Ivan, ma ci siamo conosciuti che aveva solo 10 mesi. Ivan lo ha cresciuto e amato come se fosse suo. Enrico ha la sua vita e le sue spese a cui pensare, non riesce ad aiutarci economicamente, anche se quando viene a trovarci mi aiuta moltissimo nelle cose pratiche e burocratiche che io non so come gestire».
La madre e il figlio minore, Riccardo, si sono quindi ritrovati a dover fare affidamento solo sulle proprie forze per affrontare prima il lutto e poi le pesanti difficoltà economiche. Paparella è inoltre invalida al 46 percento per un’artrosi degenerativa, asma e fibromialgia, rientrando nella categorie protette. «Ho lavorato in estate al Waikiki Pokè di Villasanta, ma poi non mi è stato rinnovato il contratto. E’ comunque stata un’esperienza utile per me perché mi ha spinto a rimettermi in gioco e ho scoperto che so ancora fare il mio lavoro. Ho fatto un post per chiedere aiuto e ho ottenuto un colloquio al McDonald’s di Osnago, poco prima di Natale perché la direzione ha notato la mia disperazione. Non ho ancora ottenuto risposta, ma dovrebbe essere andato tutto bene. In ogni caso si tratterebbe di un lavoro part-time, con uno stipendio di circa 700 euro che non mi basta per mantenere me e mio figlio».
Paparella è riuscita a ottenere circa 600 euro presentando domanda di reversibilità all’Inps a seguito della morte del marito, che però «servono tutti per pagare l’affitto di casa». Dal Comune, invece, è arrivato il pacco alimentare Caritas.
«Purtroppo non sono riuscita ad ottenere altro e il processo per omicidio stradale è ancora in corso, quindi non so se e quando avremo un risarcimento per la morte di Ivan. Non so come pagare le bollette e tirare fine mese, anche perché mi sono dovuta indebitare per circa 4mila euro per organizzare il funerale. L’azienda funebre è paziente, ma i soldi li devo dare prima o poi. Anche la proprietaria di casa ci ha permesso di non pagare l’affitto per un po’, ma sono tutte spese arretrate che non scompaiono. Mio figlio Riccardo sta cercando lavoro per aiutarmi, ma per ora nessuno lo ha contattato. Ha fatto due anni di scuola alberghiera al Fumagalli di Casatenovo, poi ha mollato perché non gli piaceva. In questi anni non ha né studiato, né lavorato, lo abbiamo mantenuto noi, forse sbagliando. La morte del padre, così all’improvviso, è stata molto dura per lui, ma è chiuso e non so come approcciarmi per farlo parlare».
A dare conforto a Paparella, in questi mesi, è stata la sensazione di avere ancora accanto il marito, anche se non più fisicamente.
«Per due volte delle bottiglie che avevo accanto al divano si sono mosse da sole, senza che ci fosse nemmeno un soffio di vento. E proprio sopra il divano teniamo l’urna con le ceneri di Ivan, delle foto e il suo nome, con delle candele e delle statuine di angeli. Una volta, invece, parlando a voce alta gli ho chiesto dove avesse messo l’incenso, perché non lo trovavo più. Due giorni dopo, mentre pulivo un mobiletto, mi è letteralmente caduto in mano - ha raccontato la 46enne - Molti sono scettici e pensano si tratti solo di coincidenze, ma per me sono dei segni. Sento ancora la presenza di Ivan al mio fianco. Siamo stati insieme 23 anni e sposati per 12. Ci siamo conosciuti grazie ad una chat online e lui faceva avanti e indietro da Lomagna fino a Padova tutti i weekend per vedermi. All’inizio non mi piaceva molto, poi mi ha conquistata la sua dolcezza, la sua personalità e l’affetto che ha sempre provato nei confronti di mio figlio Enrico. Ho fatto un salto nel vuoto trasferendomi da lui a Lomagna e all’inizio non è stato facile perché mi mancava Padova. Alla fine però ha funzionato, perché era l’uomo della mia vita».
Alla speranza di riuscire a ritrovare la tranquillità dopo la tragedia, si aggiunge però la rabbia per quanto accaduto.
«Mi sarei aspettata un minimo di umanità da chi lo ucciso. Pensavo sarebbe venuto a casa a chiederci scusa e a offrirsi di aiutarci, invece nulla. So dove vive, a Olgiate Molgora, ho provato a chiedere a degli amici che ho nella zona ma nessuno lo conosce. E’ un fantasma. Spero davvero che paghi per quello che ha fatto, perché devo capire che oltre ad aver ucciso una persona ha anche distrutto la vita di un’intera famiglia».
Paparella e il figlio hanno deciso di lanciare un appello nella speranza che anche Riccardo riesca a trovare lavoro e che la famiglia possa tirare un sospiro di sollievo. «Ivan era il nostro pilastro. Psicologicamente non sto bene, la paura di trovarci per strada senza una casa c’è. Spero davvero che qualcuno ci aiuti».