Valmadrera

La rinascita di Valentina dopo il coma

Nel 2018 era stata colpita da emorragia cerebrale ed era stato necessario indurle il parto. «Ho impiegato un anno per ritrovare i miei ricordi»

La rinascita di Valentina dopo il coma
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La carriera professionale dopo gli anni di studio, un compagno meraviglioso e la tanto desiderata gravidanza. Tutto è bellissimo, quasi scontato come può essere scontato lo stile di vita di una giovane coppia che affronta, certo, le difficoltà di tutti i giorni, ma non immagina che la propria esistenza possa essere completamente stravolta. Poi, nel 2018, la vita normale della malgratese Valentina Larosa, subisce una battuta d’arresto. Anzi un vero e proprio black out. Valentina è in dolce attesa e come tante mamme sta aspettando con gioia l’arrivo del suo bambino. Ma succede qualcosa. Ha un mal di testa strano e accade l’irreparabile: «E’ il 6 luglio quando vengo colpita da un’emorragia cerebrale in fossa cranica. So, perché me lo hanno detto, che ho avuto il tempo di chiamare il mio compagno che stava uscendo per recarsi al lavoro. Poi non ricordo più nulla».

 

Valentina, la rinascita dopo il coma

Lui lancia l’allarme ma Valentina finisce in coma. Mentre è incosciente le inducono il parto, lei non sente nulla, non sa nulla. Fino al 16 luglio rimane sospesa fra la vita e la morte. Poi il risveglio. «Mi hanno messo in braccio il mio bambino - aggiunge - ma ho impiegato un anno prima di ricordarmi la mia vita».

In ospedale la 36enne rimane fino al 5 settembre 2018, poi la riabilitazione a villa Beretta fino al 23 dicembre quindi il ritorno a casa a fare i conti con un appartamento che diventa una prigione e con la vecchia vita che sembra lontana un secolo.
Valentina, educatrice professionale con la passione per i bambini, prima di quel fatidico 6 luglio aveva aperto uno studio, «La rosa azzurra» in via Statale a Merate, che stava andando a gonfie vele: «I bambini mi sono sempre piaciuti e volevo lavorare con i piccoli a cui è stato diagnosticato il disturbo dello spettro autistico. Ma quando mi sono ammalata, la mia famiglia ha atteso qualche mese, poi nel 2019 ha dovuto chiudere l’attività».

La storia di Valentina è una storia di rinascita, ma anche di forza e di coraggio. Da sei anni a questa parte vive un’esistenza tutta in salita: «La mia famiglia è la mia fortuna, grazie ai miei genitori, al mio compagno, al mio bambino e a mio fratello sto lottando per tornare il più possibile alla normalità anche se lo so, la mia vecchia vita di certo non mi verrà mai restituita. Come mi sento? Ha presente quando vede una persona sbronza che barcolla fuori da un bar? Ecco io ho la sensazione di essere sempre ubriaca - sebbene non beva - e barcollo come una persona alticcia. Giorno dopo giorno miglioro, faccio piccoli progressi e anche la testa sta meglio, non posso mollare, per me stessa e per i miei cari.

Valentina infatti è su una sedia a rotelle e ancora fatica a parlare. Ma, si fa capire e ogni parola, forse perché è sofferta e ponderata, assume un significato più profondo. E poi fa fisioterapia e studia, studia tantissimo: «Mi ero laureata come educatrice professionale, avevo un master di primo livello e devo dire che l’abitudine di fotocopiare e tenere dispense che potessero servirmi, dopo l’emorragia, è tornata utile. Oggi mi sono rimessa sui libri e a settembre inizierò a lavorare (ma come segretaria) allo sportello autismo che aprirà Studio Impronte di via don Ferrante 9. Non posso dedicarmi, ai bambini, perché non parlo bene, ma posso conversare con i genitori».

Intanto il figlioletto che oggi ha sei anni le sta sempre vicino: «Oggi mi sono trasferita a Valmadrera in una casa a misura di disabile così posso essere autonoma. Ma il mio bambino lo hanno cresciuto i miei genitori, non ho potuto fare altro che dar loro delle direttive, il pannolino non gliel’ho mai potuto cambiare. Vorrei tanto poter fare di più, ma è difficile. Però lui, sebbene tanto piccolo, ha imparato a fare i conti con la disabilità e la conosce meglio di molti adulti».

La domanda sorge spontanea: cosa si aspetta dalla vita? «Dopo il 6 luglio 2018 i miei orizzonti si sono ristretti. Bisogna essere consapevoli che il passato non tornerà più. Ma lotto ogni giorno e continuerò a farlo. Ora che ho una casa più accessibile riesco a fare tutto quanto ed è già un progresso. Riprendere a lavorare è un altro passo avanti, sapere che posso essere indipendente, non ho bisogno di nessuno per uscire di casa. Accolgo ogni progresso con gioia, infondo il segreto è dare un senso alla nostra vita anche quando non è quella che vorresti».

Micaela Crippa

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