Olgiate Molgora

La Casa di comunità non decolla

I macchinari ci sono ma mancano ancora gli specialisti che possano utilizzarli. Il dottor Pezzuto: «Siamo fiduciosi ma la sanità lombarda è stata fatta a pezzi»

La Casa di comunità non decolla
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La Casa di comunità non decolla. Un'impiegata amministrativa e un'infermiera di comunità, a cui si aggiungono tre macchinari innovativi, perfettamente funzionanti ma senza uno specialista in grado di utilizzarli.

È partita un po' traballante la Casa di comunità di Olgiate, inaugurata lo scorso aprile con tantodi taglio del nastro da parte dei sindaci dei Comuni coinvolti e della vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Lombardia Letizia Moratti. Cosa manca? Quello che manca in qualsiasi ambito della sanità lombarda: i medici.

La Casa di comunità, ne parlano i dottori

A confermarlo è proprio il dottor Roberto Pezzuto, punto di riferimento dei medici olgiatesi, che nella sede di via Aldo Moro ha il suo ambulatorio, così come le dottoresse Wilma Brancaleone e Silvia Indovina. «Noi come medici di base avevamo già trasferito lì la nostra attività ad ottobre dello scorso anno, quindi i nostri ambulatori sono operativi da tempo, insieme alle nostre due infermiere - ha esordito Pezzuto - Con la casa di comunità si è aggiunta un'altra infermiera che su indicazione del medico di base o dell'ospedale se si tratta di dimissioni segue il paziente per quanto riguarda per esempio la medicazione di ferite, i punti, i cateteri...».

L'appello "Mancano gli specialisti"

La mattina, dalle 8.30 alle 12.30, in sede è presente anche un'impiegata amministrativa per tutte le pratiche burocratiche come esenzioni e certificati. I macchinari, pure quelli, ci sono, ma mancano gli specialisti che possano utilizzarli. «Abbiamo un ecografo che è ancora imballato, lo spirometro e l'elettrocardiografo che abbiamo testato proprio in presenza dell'assessore Moratti. Ma servono degli specialisti che li usino». Manca anche l'assistente sociale, visto che i Comuni non si sono ancora accordati tra loro per garantire una turnazione.

I tempi lunghi della burocrazia non aiutano

Quello della carenza di personale resta il problema principale, a cui si aggiungono anche i tempi della burocrazia, con gli accordi tra medicina generale e Regione che tardano ad arrivare. Eppure i 12 medici che fanno capo ai Comuni di Olgiate, Calco, Brivio, Airuno, La Valletta e Santa Maria Hoè erano pronti a partire già da tempo, già quando si parlava ancora di Presst e non di Case di comunità. «A volte mi chiedo quanto avremmo potuto fare se già nel 2020, quando è scoppiato il Covid, ci fossero state le Case di comunità operative - ha commentato con rammarico Pezzuto - Siamo fiduciosi che almeno per la fine del 2023 tutti i servizi possano essere garantiti, compreso il Punto unico di accesso che accoglie il paziente e capisce dove indirizzarlo in base alle sue necessità». Una situazione ancora da definire, così la descrive Pezzuto, «ma che si farà, anche se i tempi della burocrazia non sono brevi e mancano i medici».

La critica sferzante è alla gestione della sanità lombarda negli ultimi anni, caratterizzata da tagli e ridimensionamenti. «In oltre vent’anni di Amministrazione a trazione Lega la sanità territoriale è stata ridotta in macerie. Un esempio è il numero di borse di studio per la scuola per i medici di base, di competenza regionale: il Lazio ne bandisce un terzo in più della Lombardia pur avendo molti meno abitanti e infatti loro non hanno i nostri problemi. Non invidio chi dovrà ricostruire su queste macerie» ha concluso Pezzuto.

Ora non resta che aspettare.

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