Pur operando a livello nazionale “Prendere parola” è un’associazione ancora poco conosciuta, guidata dall’ex segretario generale della Cisl, il bergamasco Savino Pezzotta. I fondatori “sono un gruppo di persone con alle spalle una lunga militanza sindacale, i quali pur appartenendo ad ‘anime diverse’ del movimento sindacale si riconoscono e convengono sulla necessità di valorizzare e far circolare un ‘pensiero critico’, che è il lievito della democrazia, circa il modo di pensare, di vedere e leggere gli avvenimenti e le situazioni che riguardano e coinvolgono il mondo del lavoro e il suo rapporto con la società nelle sue dimensioni locale, nazionale e internazionale”.
“Il sindacato confederale ritrovi unità d’azione”
Questo, in estrema sintesi, l’appello di Prendere parola che viene lanciato in questa occasione, dopo aver constatato che di fronte all’ultima manovra di Bilancio del Governo Meloni Cgil, Cisl e Uil hanno deciso sì di scendere in piazza, ma ogni organizzazione sindacale lo farà per conto proprio.
Proprio da qui parte la disanimana della situazione, prende le mosse da quella che viene definita una “profonda divisione” all’interno del sindacato confederale. L’accorato appello è una richiesta di unità alle Segreterie nazionali perché “rilancino il dialogo e la mediazione tra le organizzazioni e diano vita a un percorso di ricomposizione e di unità d’azione, capace di superare le divisioni e restituire ai lavoratori la fiducia nella rappresentanza confederale”.
Giunti a questo punto e guardando anche al recente passato non sappiamo se questo appello ha qualche possibilità di trovare terreno fertile, ma lo riportiamo integralmente, certi che possa contribuire a una riflessione in chi vive il sindacato dall’interno.
L’appello integale di Prendere parola
Di fronte alla manovra finanziaria del Governo, il mondo sindacale confederale italiano sta vivendo un momento di profonda divisione. La decisione dei sindacati confederali di scendere in piazza in date diverse — la Uil il 29 novembre, la Cgil il 12 dicembre e la Cisl il 13 dicembre — rappresenta un segnale preoccupante di frammentazione del fronte sindacale.
Una volta si diceva che i sindacati dovevano “marciare divisi per colpire uniti”, ma oggi manca anche l’unità d’azione. Questa incapacità delle dirigenze di trovare una mediazione, una comune strategia rivendicativa e obiettivi condivisi tra le diverse Organizzazioni, che per loro compito, per dovere sociale e politico dovrebbero perseguire gli stessi obiettivi di tutela dei lavoratori, mostra una debolezza politica e strategica che rischia di minare la credibilità dell’intero movimento sindacale.
Quello che più ci inquieta è il venire meno del “pluralismo convergente” che ha sempre caratterizzato le organizzazioni sindacali confederali. Andare divisi non solo riduce l’impatto e la forza simbolica delle mobilitazioni, ma rafforza le controparti e alimenta la disaffezione dei lavoratori verso il sindacato stesso, che appare più concentrato su logiche interne e di rivalità delle leadership, piuttosto che sulla difesa concreta dei diritti e delle rivendicazioni di merito. In un momento storico segnato da precarietà, inflazione, disuguaglianze crescenti e riforme che incidono pesantemente sul lavoro, la divisione non è un segno di pluralismo, ma di miopia.
Senza unità, la voce dei lavoratori si indebolisce e le rivendicazioni perdono incisività. Non è la diversità delle opinioni a turbarci — essa è fisiologica e fa parte della storia plurale del sindacalismo italiano — ma il rischio che queste divisioni aprano un fossato profondo tra i lavoratori stessi, nelle aziende come nei territori. Dividersi in modo così plateale, con la strumentalizzazione dei media e delle rispettive tifoserie, non fa che favorire l’azione del Governo, che può continuare indisturbato a praticare il vecchio principio del “divide et impera”.
Così facendo, si indebolisce la forza contrattuale e si compromette la possibilità di ottenere un cambio di segno nella legge di bilancio e risultati concreti, tanto necessari in tempi di crisi. Come sono lontani i tempi della grande manifestazione del 1994, quando D’Antoni dal palco invitava: “Amici e compagni, scambiatevi le bandiere!”, e davvero lo avevamo fatto. Quel gesto simbolico rappresentava la consapevolezza che, al di là delle differenze, la forza del lavoro organizzato nasceva dall’unità e dal rispetto reciproco.
Per questo, come Gruppo Brianzolo (MB e LC) dell’Associazione Nazionale “Prendere Parola”, chiediamo con convinzione alle Confederazioni sindacali — Cgil, Cisl e Uil — di trovare la forza e il coraggio di tornare a un’unità di azione, almeno sui temi fondamentali: la difesa del lavoro, la tutela dei salari, la dignità dei pensionati, la giustizia sociale.
Chiediamo alle Segreterie confederali di agire in fretta e rilanciare il dialogo e la mediazione tra le organizzazioni e diano vita a un percorso di ricomposizione e di unità d’azione, capace di superare le divisioni e restituire ai lavoratori la fiducia nella rappresentanza confederale. Questo cambiamento sarebbe un atto indispensabile di lungimiranza politica e avrebbe un significato profondo non solo per il sindacalismo confederale ma per la democrazia italiana e una sconfitta per coloro che puntano alla polarizzazione politica del sindacato. Questo è il momento di indicare la via della convergenza e del bene comune.
Il Gruppo Brianzolo (MB e LC) di “Prendere Parola”