Merate

Famiglia in fuga dalla guerra ospite dell'ex sindaco di Merate

Il drammatico racconto di Anna, 34 anni, che in città è stata ospite più volte da bambina e ora si trova a casa di Battista Albani.

Famiglia in fuga dalla guerra ospite dell'ex sindaco di Merate
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Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, il suo primo pensiero è stato mettere in salvo le sue tre bambine. Ed è stato allora che ha pensato agli amici meratesi, che da bambina le avevano aperto le porte della loro casa perché potesse trascorrere almeno l’estate in un ambiente salubre e tranquillo. Da quelle lontane estati meratesi - dalla prima vissuta nel 1998 all’ultima nel 2003 - sono passati tanti anni, ma non il legame di affetto che la guerra ha reso se possibile ancor più forte e saldo. E infatti come Anna - che oggi ha 34 anni ed è sposata con Valerio, 51 anni, con il quale ha avuto tre bambine di 3, 6 e 8 anni - ha chiamato la sua famiglia a Merate, i Trisoglio, subito si è innescata una catena di solidarietà che nel giro di pochi giorni l’ha portata nella casa dell’ex sindaco Battista Albani.

Famiglia in fuga dalla guerra ospite dell'ex sindaco di Merate

«E’ stata la sorella di mio genero a mettersi in contatto con la mia famiglia - ha raccontato l’ex sindaco - Siccome i Trisoglio non avevano spazio a sufficienza per ospitare una famiglia di cinque persone nella loro casa, mia figlia mi ha proposto: “Papà, tu hai spazio, perché non li ospiti tu?”. Detto, fatto. Sono arrivati sabato pomeriggio».
«Lasciare l’Ucraina è stato straziante - racconta Anna con il cuore gonfio di angoscia per la sorte toccata ai tanti amici e parenti che sono rimasti nella sua città, Chernihiv, assediata dai russi - ma come abbiamo saputo che mio marito, proprio perché padre di tre minori, poteva lasciare il Paese, subito ci siamo attivati per mettere in salvo le nostre figlie». Trascorsi i primi cinque giorni della guerra in un rifugio sotterraneo, il 1° marzo Anna e il marito hanno deciso di allontanarsi da Chernihiv dirigendosi in auto con altre famiglie verso i Carpazi.

Il lungo viaggio verso l'Italia

«Le bambine erano molto spaventate dal suono delle sirene. Nel rifugio non sentivamo molto, ma i primi giorni di guerra ci sono state due grandi esplosioni vicino a casa nostra provocate da due bombe di 500 kg: le bambine sono cadute dal letto, tanto erano forti. La nostra casa, in centro città, ancora c’è, per il momento, ma molti dei nostri amici hanno perso tutto e non hanno più niente».
Raggiunti i Carpazi in auto con tutta la loro vita stipata in due valigie, la famiglia di Anna e le altre famiglie - in tutto 25 adulti e 8 bambini - hanno atteso per due settimane in una grande casa che la situazione in qualche modo migliorasse sperando di non esser costretti a lasciare l’Ucraina. «Speravamo finisse presto, ma quando abbiamo capito che la situazione sarebbe solo peggiorata, siamo partiti e dopo tre giorni di viaggio, con due sole soste a Budapest e Treviso, sabato pomeriggio siamo arrivati a Merate - racconta Anna, che parla in un italiano fluente, mentre il marito parla inglese - A Chernihiv sono rimasti i miei nonni. La città è completamente accerchiata dai soldati russi che ancora non sono riusciti però ad entrare in centro: mancano cibo, acqua ed energia elettrica. I negozi sono vuoti e la benzina introvabile. Il vero problema oggi è riuscire a portare gli approvvigionamenti a quanti sono rimasti lì. Mio marito gestiva insieme ai suoi soci un ristorante a Chernihiv che ha ottenuto un generatore con il quale riescono a far funzionare la cucina e a preparare dei pasti che portano ai nostri amici, ai volontari e agli anziani che sono rimasti in città».
«La disinformazione russa vuol far credere che i russi porteranno quanto servirà per la ricostruzione, ma non è vero niente - afferma indignata Anna - La nostra missione, quella degli ucraini come noi che sono riusciti a fuggire dalla guerra, è invece di far sapere al mondo la verità. Dalla Russia dicono che stanno bombardando solo postazioni militari, ma anche questo è falso: hanno più volte bombardato gli ospedali e le scuole e i luoghi dove si rifugiano donne e bambini facendo strage di civili. Essendo Chernihiv nel cuore del conflitto hanno purtroppo tutti paura a portarci aiuti». «Prima dello scoppio del conflitto avevamo sentito parlare della guerra e temevamo che al confine potessero verificarsi degli scontri, ma nessuno di noi credeva veramente che la Russia ci avrebbe invaso. Loro hanno sempre pensato che noi fossimo parte della Russia ma non è così - conclude Anna con un moto di orgoglio - tutta la storia dell’Ucraina è stata una lotta per la conquista della libertà e dell’identità nazionale. Pensavano di prendere Kiev in tre giorni, ma hanno sbagliato».
L’obiettivo di Anna e Valerio adesso è quello di rimanere in Italia il tempo necessario perché la guerra finisca così da tornare poi nel loro Paese. «Le bambine vogliono andare a scuola, adesso sono più tranquille. Ma il nostro pensiero è sempre con chi è rimasto là...».

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