Causa legale

Amianto nella Leuci, ex dipendenti in guerra con l'Inps

L’avvocato Roberto Molteni: «Servono anni per un diritto»

Amianto nella Leuci, ex dipendenti in guerra con l'Inps
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Amianto nella Leuci, ex dipendenti in guerra con l'Inps. Sono infatti in 22 (sarebbero stati 23, ma nel frattempo uno di loro è deceduto) gli ex dipendenti che hanno deciso di fare causa all'Inps dopo aver lavorato per diversi anni nell’ex fabbrica di via XI Febbraio a Lecco, oggi totalmente bonificata, letteralmente avvolti dall’amianto.

Amianto nella Leuci, ex dipendenti in guerra con l'Inps

Non solo il tetto dello stabile era in eternit, ma l’amianto era ovunque: dalle tubature ai macchinari, per concludere con gli utensili che usavano ogni giorno. Una simile esposizione aumenta il rischio di mesotelioma, un tumore maligno e aggressivo che può svilupparsi fino a 40 anni dopo aver inalato le fibre di questo minerale nocivo.

Gli ex lavoratori - con il sostegno del Gam, Gruppo aiuto mesotelioma, presieduto da Cinzia Manzoni - si sono affidati all’avvocato lecchese Roberto Molteni,  che da quindici anni si occupa di amianto e aveva già patrocinato alcune cause sui benefici previdenziali, tra cui una per i dipendenti della Costa Ferroviaria di Costa Masnaga.

«La questione è molto tecnica - spiega il legale - I primi ricorsi sono nati nel 2009, respinti dall’Inps in sede amministrativa. Quindi nel 2011 in Tribunale a Lecco, abbiamo sostenuto una causa pilota, che è stata persa. E persa è stata anche quella in Corte d’Appello. Ma a darci ragione è stata la Cassazione nel 2017 che ha accolto il nostro ricorso per “manifesta fondatezza”».

Infatti, la legge 257 del 1992 dice che hanno diritto a una maggiorazione contributiva i lavoratori che sono stati esposti per almeno dieci anni in un ambiente contaminato da fibre di amianto.

«Significa che queste persone avendo un minimo di 35 anni di contribuzione possono andare in pensione con 40 anni - prosegue l’avvocato - Perché per i 10 anni minimi di esposizione viene riconosciuto il coefficiente dell’1,5%. Va detto che la direttiva europea è stata accolta con ritardo dall’Italia ed è stata promulgata questa legge che incentivava gli operai che hanno avuto una simile esposizione a ritirarsi dal lavoro. Nel 2002 l’Inps ha cominciato ad accusare le prime crisi finanziarie e quindi è uscito un decreto legge che diceva che la concessione dei benefici non era più indiscriminata, ma li potevano ottenere solo coloro che presentavano la domanda entro il 15 giugno 2005. Purtroppo, tanti lavoratori non ne erano a conoscenza e quando sono venuti a saperlo ormai erano fuori tempo massimo.

«Questi operai avevano il diritto di accedere ai benefici previdenziali perché erano andati in pensione prima del 2003. Per consolidare questo principio la Cassazione ci ha impiegato però 8 anni. E mi preme sottolineare che i miei assistiti sono persone che hanno un’età media di 70/75 anni. Dei 40 che hanno intentato causa nel 2009 abbiamo portato a casa i benefici solo per dodici: alcuni sono morti, altri hanno preferito lasciar perdere perché erano molto anziani».

«Spesso e volentieri l’Inps ragiona come un’assicurazione privata. Così quando i primi tre lavoratori ex Leuci si sono presentati da me nel 2019 abbiamo dovuto rifare una causa per vedere riconosciuti gli stessi diritti, causa che è stata vinta nel giugno 2022. Il problema è che adesso questi 22 miei assistiti hanno di nuovo dovuto intentare una nuova causa.

Infatti, la procedura è questa: per prima cosa si deve presentare la richiesta all’Istituto nazionale di previdenza sociale (nel caso specifico era il dicembre 2022) e l’Inps ha impiegato un anno per darci risposta negativa. Quindi ho dovuto presentare il ricorso al Comitato provinciale Inps dove ho ben specificato che si tratta di un caso analogo a quello vinto in Tribunale a Lecco nel giugno 2022. Perché allungare i tempi fino ad arrivare a sentenza? Beh, l’Inps ha risposto che ogni caso è a se stante. Giuridicamente non fa una piega. Moralmente ci si chiede perché persone di 70/75 anni devono attendere l’esito di una trafila giudiziaria per vedere riconosciuto un diritto accertato? Ma non ci siamo lasciati scoraggiare: sto presentando i ricorsi al Tribunale di Lecco per queste 22 persone».

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