Addio a Papa Francesco, la commemorazione di Maurizio Lupi
Bergoglio è morto nelle prime ore di lunedì e in tanti in questi giorni hanno espresso parole di grande stima e commozione per ricordarlo

Addio a Papa Francesco, la commemorazione di Maurizio Lupi: Bergoglio è morto nelle prime ore di lunedì e in tanti in questi giorni hanno espresso parole di grande stima e commozione per ricordarlo. Fra loro, anche il deputato Maurizio Lupi, con un intervento letto a Camere riunite.
Addio a Papa Francesco, la commemorazione di Maurizio Lupi
"Se è vero, come è vero, che la verità profonda di ogni rapporto umano è la gratitudine, io, a nome dei nostri gruppi, vorrei innanzitutto esprimere – come politico e come uomo, come persona – la nostra gratitudine per Papa Francesco. Gli siamo grati per la sua vita e per il suo magistero.
Trovo francamente superfluo stare a discutere se sia stato un Papa progressista o conservatore. È stato entrambe le cose, perché è nella natura della Chiesa di progredire nella storia ed è nella natura della chiesa di consegnare la tradizione, questa esperienza vivente che è ben diversa dal tradizionalismo. La tradizione – diceva l’inglese Chesterton – è la forma più alta di democrazia, perché fa parlare e ascolta anche i morti.
C’è una formula che abbiamo ascoltato da Papa Francesco, che ha segnato il suo messaggio e ne segnerà l’eredità: “Non viviamo in un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca”. Sono parole lucide che ci aiutano nella consapevolezza che non possiamo vivere di rendita di una cristianità che non c’è più, o di valori e forme che appartengono a un passato glorioso.
ma rimetterci sempre in gioco di fronte alle sfide che la storia pone a ogni generazione. Papa Francesco ha colto come pochi la trasformazione sociale e culturale che caratterizza il nostro tempo e non ci ha offerto ricette sociologiche o politiche, ci ha invitato a riandare all’essenziale. Lo ha fatto sin dall’inizio del suo pontificato, nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium (la gioia del Vangelo), nel quale dice: «Non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva”». L’essenziale e il necessario, che ne è la ragion d’essere, sono il cuore del magistero di questo Papa, per altri versi così spiazzante soprattutto sullo stile di governo.
Chiunque lo abbia incontrato personalmente è rimasto affascinato dalla sua personalità tutta determinata dalla fede in Cristo e dall’amore all’uomo che ne consegue, a riprova della verità di un’altra frase che ripeteva spesso: “La Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione”, anche qui citando Benedetto XVI.
Io, da ministro dei Trasporti, ho avuto la fortuna – la grazia per dirlo in termini cristiani – di incontrarlo il 17 febbraio 2015 insieme a un gruppo di marinai della Guardia costiera impegnati nel salvataggio dei naufraghi del Mediterraneo. L’anno precedente, il 2014, erano sbarcati clandestinamente in Italia 170.000 persone. Seduti in circolo, ognuno ha parlato, raccontato un’esperienza – ricordo in particolare quella di un ufficiale che, chiamato d’urgenza a Natale ha lasciato la sua famiglia che festeggiava, “ma quando ho visto gli occhi delle donne e dei bambini che abbiamo salvato ho capito il senso di quello che stavamo festeggiando”. Il Papa ha ascoltato in silenzio e ha preso la parola alla fine ringraziandoli, citando le frasi ora dell’uno ora dell’altro che aveva ben memorizzate con quell’attenzione propria di un’umanità viva e attenta ai bisogni degli uomini. Ha detto, tra l’altro: Io ho ammirazione per voi, davvero mi sento piccolo davanti al lavoro che voi fate rischiando la vita… di fronte al vostro coraggio e dedizione a favore dei poveri”. Un Papa grande che si fa piccolo di fronte all’umanità.
Lascio agli storici la valutazione su quella che potremmo definire la “politica ecclesiale” di Papa Francesco, come uomo e come parlamentare non posso che essergli ancora grato per il suo richiamo – non privo di asprezze nei nostri confronti – a vivere la politica con la dimensione della gratuità, il potere come servizio e non come arbitrio. Come costruzione, dunque, della pace, in un periodo – questa un’altra delle sue intuizioni profetiche – di “guerra mondiale a pezzi”. Ha esteso questo richiamo ai giovani, esortandoli “a non stare al balcone” e a impegnarsi per il bene comune. Ha voluto nell’anno santo della speranza un Giubileo per i governanti e i politici il prossimo 21-22 giugno.
Permettetemi, infine, di sottolineare il suo ultimo appello di cui penso dobbiamo farci carico: la visita agli uomini in carcere. Con questo gesto il Papa ci rimette davanti il limite che c’è in ciascuno di noi e ci ridice che non c’è vera giustizia senza misericordia, senza apertura al destino e alla possibilità di bene che c’è in ogni persona. Noi che facciamo le leggi, ricordiamocelo".