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Cura con il plasma, i risultati della sperimentazione: “Presto la banca del plasma iperimmune” VIDEO

 "La mortalità è stata ridotta al 6%: da un decesso atteso ogni 6 pazienti siamo arrivati a uno ogni 16"

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La sperimentazione per la Cura con il Plasma del San Matteo di Pavia è completata. Ora il trattamento contro il Covid può essere adottato in tutta la Lombardia, in tutta Italia. E' stato annunciato oggi, lunedì 11 maggio 2020, durante una conferenza organizzata da Regione Lombardia alla quale hanno preso parte il governatore Attilio Fontana e l'assessore Giulio Gallera.

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Cura con il plasma, Fontana: "Si accende la speranza"

 

“Mantova e Pavia sono i primi ad aver avviato questa sperimentazione, il Governo ora mostra interessamento - ha detto il presidente della Regione -  E’ qualcosa di importante perchè accende speranza nella cura di questo virus, e voglio ringraziare le persone che hanno dato il loro contributo per la realizzazione di questa importante sperimentazione perchè hanno aperto una strada che adesso viene seguita in altre parti del mondo perchè il Protocollo predisposto a Pavia è stato richiesto in altre parti del mondo”.

Carlo Nicorda, dg San Matteo di Pavia: il progetto

“Il progetto di studio pilota è iniziato il 17 marzo e concluso l’8 maggio. Eravamo tra la seconda e la terza settimana di Covid in Lombardia, nei primi 10 giorni di marzo. Il 9 marzo il Ministero scrive che ci sono 8.100 persone positive. I ricercatori hanno pensato di andare a studiare qualcosa già studiato in passato, l’immunizzazione passiva col plasma di individui guariti, partendo da 4 punti: in letteratura era riportato utilizzo; la possibilità di avere donatori locali in ogni struttura della Lombardia perchè avevamo pazienti guariti disponibili a donare il sangue, e guariti dallo stesso ceppo di virus; la plasmaferesi era facilmente attivabile nella nostra struttura e in quelle che hanno partecipato; quarto, non esistevano studi che dimostrassero l’efficacia di questa terapia. Deciso quindi di fare uno studio pilota per capire se poteva funzionare”.

“In letteratura sul coronavirus non c’è scritto nulla. Serviva capire quali e quanti anticorpi, ed essere in grado di individuare una quantità sufficiente di anticorpi neutralizzanti e capire se questi trasfusi potevano servire. Tre obbiettivi: studiare se utilizzando plasma iperimmune c’era diminuzione della mortalità in terapia intensiva. Secondo, se c’era miglioramento dei parametri respiratori. Terzo, se c’era miglioramento dei parametri legati all’infezione”.

Il virologo Fausto Baldanti

“Il percorso è iniziato nelle prime settimane, contestualmente all’identificazione del virus in Lombardia. La virologia classica ci insegna che infezione virale si supera quando organismo è in grado di costruire gli anticorpi neutralizzanti, che riconoscono la struttura superficiale del virus, rivestendolo non è più in grado di infettare le cellule. A marzo, quando abbiamo iniziato a parlarne, non esisteva alcun tipo di test sierologico. Quindi, abbiamo isolato il virus in vitro su cellule umane, prendendo il siero dei pazienti guariti dall’infezione e aggiungendolo alle culture cellulari abbiamo visto che la distruzione cellulare veniva fermata, dimostrando che nel siero dei guariti c’erano anticorpi. Ma quanti? Non abbiamo scoperto l’acqua calda: abbiamo individuato quale diluizione di siero è in grado di uccidere il virus in coltura (il  titolo). Ci sono individui che hanno titoli estremamente elevati fino a 1/640 (diluendo il plasma fino a 640 volte è ancora in grado di uccidere il virus). Titoli elevati sono quelli superiori a 1/160. Poi ci sono pazienti con titoli più bassi. Per poter immaginare di usare il plasma a scopo terapeutico bisognava caratterizzare il plasma sul potere di neutralizzazione, altrimenti avremmo avuto risultati sconfortanti visti anche da alcuni gruppi cinesi che tentato questa terapia. Serve dare la stessa dose di siero a tutti”.

Professor Perotti

“Una volta che Baldanti ha stabilito quale fosse il plasma da raccogliere in base al titolo, noi ci siamo preoccupati di raccoglierlo bene, in sicurezza e in modo rapido. Abbiamo la possibilità di farlo grazie ai separatori cellulari, apparecchiature in funzione in 36 centri in Lombardia. C’è un percorso da seguire: chi si siede a donare il plasma deve garantire la sicurezza di avere in circolo questi anticorpi. E’ un percorso di triage, comporta un lavoro di rintracciamento, arruolamento con visita medica e in circa 35-40 minuti prelievo di circa 600ml, due dosi di plasma potenzialmente utile”.

Professor Bruno

“Si tratta di uno studio pilota, che si fanno quando bisogna testare un’idea. Quando lo si fa non si può farlo su grandissimi numeri e una volta avuti i risultati questi si potranno aumentare. Abbiamo arruolato pazienti con più di 18 anni, con tampone positivo, con stress respiratorio tale da necessitare di ossigeno, Rx toracico positivo e caratteristiche respiratorie tali da doverli tenere in stretta osservazione. Sono stati arruolati 46 pazienti, l’ultimo l’8 maggio”.

I risultati

La documentazione scientifica sarà presentata giovedì per la pubblicazione.

“L’obbiettivo principale era la riduzione della mortalità. Dati di origine centrale fissavano la mortalità fra il 13 e il 20% in terapia intensiva. Primo obbiettivo quindi verificare se la terapia col plasma iperimmune fosse in grado di ridurla. La mortalità è stata ridotta al 6%: da un decesso atteso ogni 6 pazienti arrivati a uno ogni 16. I parametri respiratori misurati a livello biochimico sono migliorati drammaticamente, le immagini radiografiche anche in maniera significativa nella prima settimana e contestualmente i parametri che indicano il livello di infezione sono diminuiti al termine della prima settimana di terapia col plasma”.

Gallera: “Presto la banca del plasma iperimmune”

“Per noi è uno straordinario orgoglio. Lombardia è una regione abituata a lavorare, a seguire le regole, i protocolli e ad evidenziare i risultati ottenuti. Noi siamo l’unica regione con un protocollo strutturato e con dei risultati. Ciò che abbiamo fatto in Lombardia è a disposizione di tutto il Paese. Tanti parlano oggi di essere proattivi su utilizzo del plasma, noi siamo quelli che lo abbiamo fatto. La nostra ricerca e l’utilizzo di un test sierologico che ha come focus gli anticorpi neutralizzanti oltre ad avere l’ambizione di sostituire il tampone, e per questo lo usiamo come screening di chi è a domicilio, ha funzione di trovare il plasma iperimmune. La strada che abbiamo scelto è stata dettata dalla scienza e dalla speranza di trovare una cura per una malattia che ad oggi non ne ha una. Ringrazio Baldanti e il Policlinico San Matteo. Abbiamo sempre tenuto la barra dritta perchè l’obbiettivo era ambizioso e importante per salvare delle vite. Trovare chi ha il plasma iperimmune serve a trovare i donatori. Da oggi lanciamo la banca del plasma iperimmune: da qui ai prossimi giorni sulla base delle indicazioni dei nostri scienziati sarà definito un protocollo per la donazione del sangue e del plasma, le modalità per farlo e definito questo protocollo inizieremo a fare la raccolta partendo dai tanti guariti che abbiamo. Tutte le nostre Asst richiameranno i guariti affinché vengano esaminati e poi per donare il plasma. Dopodiché stiamo facendo gli screening con i test sierologici a 500mila persone. Chi avrà gli anticorpi neutralizzanti riceverà la richiesta di donare il plasma. Passo successivo sarà la collaborazione con l’Avis e i suoi donatori, con esame del sangue per verificare se hanno le condizioni per il plasma iperimmune. Questa banca del plasma servirà per metterlo a disposizione per estendere la sperimentazione su un numero strutturato di malati e fare in modo che in tutta la Regione su cluster e fasce di pazienti diversi si possa iniziare a provare questo sistema di cura sempre all’interno di un progetto di studio”.

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