L'ultimo viaggio

Il post di uno dei militari che ha trasportato i morti di Bergamo: "E' come se ti togliessero una parte di cuore"

Famiglia Cristiana ha pubblicato la lettera-testimonianza, scritta sui social, di Tomaso Chessa.

Il post di uno dei militari che ha trasportato i morti di Bergamo: "E' come se ti togliessero una parte di cuore"
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È l’immagine che ha raccontato al mondo il dolore di Bergamo. Quei mezzi militari in fila lungo via Borgo Palazzo, carichi di salme di vittime del Coronavirus portate via dalla città per la cremazione, ha aperto gli occhi a tutti su quel che stava accadendo qui, epicentro di una tragedia che mai avremmo immaginato di vivere. Tomaso Chessa, 42enne originario di Aglientu (Sassari), era alla guida di uno di quei camion mimetici. Caporal maggiore capo scelto in servizio nel Reggimento di supporto tattico e logistico a Solbiate Olona (Varese), con un post su Facebook, rilanciato poi da Famiglia Cristiana, ha raccontato nei giorni scorsi le sensazioni che ha provato in quei momenti, consapevole di stare accompagnando nell’ultimo viaggio tante persone.

Il ricordo dei morti di Bergamo

Ecco la sua testimonianza:

«E stasera termina la fase uno… Che dire? Forse la gente non si rende conto, non ha materialmente avuto il tempo di percepire la realtà! Io vi dico la mia, anche se sono cosciente di non rendere (per fortuna) l’idea. Essere alla guida di un camion, una giornata qualunque dove il pensiero ti porta oltre la tua quotidianità. Tu guidi, scambi due chiacchiere con il collega alla parte opposta della cabina, ma quando per forza di cose, per un istante il silenzio rompe la tua routine, il tuo pensiero si posa su di loro, realizzi che dentro quel camion non siamo in due, ma in sette… Cinque dei quali affrontano il loro ultimo viaggio… Eh sì… L’ultimo… Ti rendi conto di essere la persona sbagliata, o meglio, qualcuno doveva essere al posto tuo ma purtroppo non può, tocca a te, ed è li che senti addosso quella grande responsabilità, qualcosa che ti preme dentro, ogni buca, ogni avvallamento sembra una mancanza di rispetto nei loro confronti…

Poi arrivi lì, alla fine del tuo viaggio, dove ti ritrovi ad abbandonare “il tuo carico”, oramai fa parte di te, come se ti togliessero una parte di cuore, ed è li che cerchi di capire l’identità del tuo compagno di viaggio… Cosa difficilissima, delle otto persone che personalmente ho accompagnato, l’unico dei quali sono riuscito a risalire all’identità è il signor Guerra, classe 1938. Pagherei oro per conoscere tutti i parenti delle otto persone e potergli dire che nonostante il contesto non avrebbero potuto fare un viaggio migliore….

La cosa che mi dispiace di più, nonostante questo, amici e famigliari continuano a non rendersi conto che tutto questo non è uno scherzo, la gente muore, chi non muore soffre, facile dire qua non siamo a Bergamo… Bene, abbiate la coscienza e il buon senso di tutelare i nostri cari che hanno la fortuna di vivere in posti più sicuri, ma non dimenticate che sbagliare è un attimo…

Spero un giorno di poter conoscere i cari dei miei compagni del loro ultimo viaggio, ma se così non fosse sappiano che c’ho messo l’anima! R.I.P».

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