Addio a nonna Carolina che si è spenta a 109 anni
Professoressa di Letteratura italiana fino all'ultimo ha incantato tutti recitando Leopardi
Lo scorso 23 gennaio aveva soffiato su una torta da record e aveva celebrato l'incredibile traguardo con un regalo davvero particolare: il vaccino contro il Covid. Ora tutta Galbiate piange la scomparsa della cittadina più longeva, nonna Carolina che si è spenta a 109 anni.
Addio a nonna Carolina che si è spenta a 109 anni
Carolina Cagnani, professoressa di Letteratura italiana, alle medie e alle superiori, aveva vissuto sempre nel Torinese, ma quando nel 2005 era mancato l’amato marito si era trasferita a Galbiate dove aveva raggiunto la figlia Paola. A quel tempo non ci vedeva più molto bene, pertanto decidemmo di prenderci cura di lei - aveva raccontato la figlia - All’inizio frequentò molto il centro diurno galbiatese “Le Querce di Mamre”. Proprio lì organizzarono una splendida festa per i suoi 100 anni".
Nel 2016 il trasferimento nella Casa di Riposo Villa Serena. "Dopo la perdita progressiva della vista, anche l’udito l’ha abbandonata. Ma non la memoria: ha recitato alla perfezione alcuni componimenti di Leopardi lasciando di stucco i presenti".
Le memorie della prof
"Sono nata a Torino il 23 gennaio 1912 – aveva scritto nelle proprie memorie la professoressa – I miei genitori abitavano in una casa fuori città, a Grassino Torinese. Dopo le scuole medie frequentai l’istituto magistrale a Torino e appena diciottenne vinsi un concorso per insegnare nelle scuole elementari. A diciotto anni quindi feci la mia prima esperienza lavorativa anche per mantenere mia mamma che si era ammalata. Andai a lavorare in un paesino di montagna, sperduto in una frazione piemontese chiamata Bose, dove non c’era l’elettricità, né acqua corrente. Non avevano neanche il medico né il prete".
Al lavoro alla riuscì ad affiancare anche lo studio all’università di Torino, dove si iscrisse alla facoltà di Lettere. Qui conobbe colui che sarebbe poi diventato suo marito, Paolo Maltini. Nel 1941 decisero di sposarsi, ma poco dopo vennero costretti a dividersi perché Paolo venne stato arruolato, in quanto alpino, per la campagna di Russia.
"Ci recammo a Roma e lo salutai alla stazione, lui diretto in Russia io di ritorno a Torino. In ritirata furono accerchiati in varie sacche ad Arbusof, durante la sparatoria anche mio marito fu ferito da un proiettile che gli attraversò entrambe le cosce. Sapeva che i russi miravano alle cariche militari superiori affinché lasciassero il maggior numero di soldati senza comando. Mio marito ben ricorda di aver più volte detto al suo attendente di allontanarsi da lui, di tentare di salvarsi lontano da lui perché era un bersaglio sicuro. L’attendente che gli era affezionato non volle lasciarlo perché si dovevano salvare o morire insieme, invece un proiettile lo colpì alla gola e non ci fu nulla da fare. Mio marito ancora novantenne ricordava ciò con le lacrime agli occhi".