I dubbi

Scuole aperte per i figli dei lavoratori dei servizi pubblici essenziali: sì, ma chi sono?

I Comuni chiedono chiarimenti alla Regione.

Scuole aperte per i figli dei lavoratori dei servizi pubblici essenziali: sì, ma chi sono?
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Scuole aperte per i figli dei lavoratori dei servizi pubblici essenziali. Sì, ma chi sono? E' la domanda che tutti si stanno ponendo in questi giorni, ovvero da quando la Lombardia è diventata arancione rafforzato. A partire dai Comuni lombardi, rappresentati dall'Anci. E proprio l'associazione ha scritto una lettera al Governatore Fontana e all'assessore all'istruzione Sala per chiedere chiarimenti.

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Scuole aperte per i figli dei lavoratori dei servizi pubblici essenziali. Sì, ma chi sono? I Comuni chiedono chiarimenti alla Regione

Ecco il testo della lettera:

Al Presidente di Regione Lombardia
Attilio Fontana

All’Assessore all’Istruzione di Regione Lombardia
Fabrizio Sala

Con ordinanza del Presidente di Regione Lombardia N. 714 del 04/03/2021 “ULTERIORI MISURE PER LA PREVENZIONE E GESTIONE DELL’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID-19 IN RELAZIONE AL TERRITORIO DELLA REGIONE LOMBARDIA” oggi, per domani, insieme alle scuole dei nostri territori abbiamo appreso le decisione di tornare alla unificazione delle misure di prevenzione e contrasto al Covid-19 sul territorio regionale e in particolare della necessità di chiudere le scuole di ogni ordine e grado, esclusi nidi, micronidi e sezioni primavera.

Nella stessa ordinanza si fa riferimento alla possibilità di organizzare la didattica in presenza per l’inclusione degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali, secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell’Istruzione n. 89 del 7 agosto 2020 e dall’ordinanza del Ministro dell’Istruzione 134 del 9 ottobre 2020, garantendo comunque il collegamento online con gli alunni della classe che sono in didattica a distanza. Ci chiediamo se tali previsioni valgano anche per le scuole dell’infanzia, dove non è previsto alcun collegamento on line con tutta la classe.

Nella nota 1990 del 5/11/20 dell’allora Capo dipartimento del Ministero dell’Istruzione, afferente al DPCM del 3 novembre 2020, si danno indicazioni ulteriori affinché si ponga attenzione agli alunni figli di personale sanitario direttamente impegnato nel contenimento della pandemia e anche ai figli del personale impiegato presso altri, non meglio specificati, servizi pubblici essenziali.

In una faq pubblicata sul sito di Regione Lombardia, aggiornata al 26 febbraio scorso, relativamente ai chiarimenti sulla sospensione dei servizi educativi e scolastici nelle zone rosse e arancione rafforzato, si fa riferimento proprio alla nota ministeriale del novembre 2020 e si fa riferimento a “personale impiegato presso altri servizi pubblici essenziali, in modo che anche per loro possano essere attivate, anche in ragione dell’età anagrafica, tutte le misure finalizzate alla frequenza della scuola in presenza. Tale indicazione è da intendersi applicabile anche in relazione alle predette Ordinanze regionali e ad eventuali futuri analoghi provvedimenti regionali, per quanto attiene sia ai servizi socio-educativi per la prima infanzia che alle scuole, compatibilmente con le condizioni organizzative dei singoli servizi ed istituti nonché nel rispetto dell’autonomia scolastica.”

Tale indicazione di allargamento non appare supportata da una fonte normativa certa (né la nota n. 1990 né la FAQ sono infatti norma): quali sono le categorie di key workers da accogliere a scuola? Si ritiene di demandare tale valutazione ai dirigenti o ai gestori delle scuole paritarie, anche comunali? Come possono le scuole stesse del primo grado e i servizi per l’infanzia prevedere parziali presenze di alunni e alunne se educatrici/educatori, insegnanti, assistenti educatori/educatrici devono restare a casa con i propri bambini? Siamo poi in grado di garantire banda sufficiente per la didattica a distanza in contemporanea da tutte le classi dei territori che da oggi a domani si devono organizzare?

Questi interrogativi vengono inevitabilmente interpretati in modo differenziato sul territorio (l’esempio della provincia di Brescia, che ha preceduto le altre province lombarde come zona arancione scuro, è paradigmatico) a seconda delle autonomie scolastiche, produce disparità di trattamento rispetto alle diverse condizioni lavorative familiari e pone i datori di lavoro nella necessità di scegliere, in modo del tutto discrezionale, chi ammettere e chi no ad un servizio delicato e sensibile anche da un punto di vista della sicurezza sanitaria Chiediamo dunque una chiara definizione, in relazione alla ordinanza regionale citata in apertura, delle categorie di lavoratori i cui figli possano essere accolti a scuola, con particolare riguardo anche alle categorie sopra citate, indispensabili per il funzionamento dello stesso sistema scolastico. Ad esempio, le educatrici e gli educatori dei nidi hanno a loro volta figli piccoli e abbiamo verificato che il servizio faticherà ad essere garantito. Dalle scuole, arriva anche la richiesta di precisare se basti uno dei genitori impiegato nei servizi essenziali così come saranno definiti, o sia necessario che entrambi lavorino in quegli ambiti per poter chiedere la frequenza alla scuola in presenza.

Da parte nostra, assicuriamo il massimo sforzo delle Amministrazioni comunali che rappresentiamo per continuare a garantire i servizi di supporto alle scuole in capo ai Comuni.
Restiamo in attesa di una urgente risposta porgiamo distinti saluti

Mauro Guerra
Presidente di ANCI Lombardia

Loredana Poli
Assessore del Comune di Bergamo e Presidente dipartimento Istruzione Anci Lombardia

 

 

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