CURIOSITA'

Papà e figlio in panchina per la prima volta insieme: una storia made in futsal

Si tratta di Gianluigi, detto "Gianni", e Beppe Dozio rispettivamente assistente e primo allenatore della Chignolese in serie C1: i due sono originari di Olgiate Molgora

Papà e figlio in panchina per la prima volta insieme: una storia made in futsal
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Nella vita di tutti i giorni sono papà e figlio, ma in panchina non c’è parentela che tenga. Da una parte papà Gianni e dall’altra il figlio Beppe: a trasporre la linea temporale della propria famiglia, con i ruoli che cambiano.

Papà e figlio in panchina: la storia di Gianni e Beppe

La Chignolese ha fatto presto a conoscere Giuseppe Dozio, giovane e talentuoso allenatore dei bianconeri - un passato come portiere con tanto di provino per il Milan, in una famiglia interista fino al midollo, concluso ai Saints Pagnano e poi la carriera di tecnico avviata all’Energy con tanto di promozioni conquistate fino alla C1 – e una figura di quelle carismatiche, che sanno mettere il buon umore sempre. Ovvero Gianluigi Dozio, assistente e papà del mister.

"Mio figlio fa il capo ma è bello così"

I due, originari di Olgiate Molgora, fanno “coppia fissa” da sempre, ma a Chignolo d’Isola è stato Dozio junior a riformare il tandem anche sul rettangolo di gioco. “Mio papà è andato in pensione un anno fa – spiega Giuseppe Dozio – e dentro me è scattato il desiderio di trascinarlo per tenerlo assieme ai giovani, visto che a lui piace non stare mai fermo”. Il signor Gianni non se l’è fatto dire due volte: “Sono alla Chignolese da un anno e mezzo praticamente, ho seguito mio figlio sempre anche se non in panchina. Non c’è stata partita che mi sono perso, anche quando allenava all’Energy ero sempre in tribuna a seguirlo. Ho accettato di dare una mano anche perché sono sempre stato un tipo abbastanza in movimento. Sono un po’ un tuttofare, se serve riparo le cose che si rompono, ritiro le magliette e consegno tutto prima che la squadra giochi, a volte capita di dare una mano anche a Giuseppe durante degli allenamenti”.

Quanto cambia il ruolo padre-figlio in panchina? “Diciamo che non mi impegno a scindere le due cose – dice Beppe – in campo lo sgrido come se fosse lui il figlio, giuro però che non lo faccio apposta. Se c’è qualcosa che devo dire la dico, non riesco a fare finta di nulla: sono un maniaco dell’organizzazione e della preparazione, quindi avere persone che ruotano e danno una mano è fondamentale. Nel pre-partita ho un carattere un po’ particolare, sono abbastanza concentrato, che può dare l’idea di essere nervoso e invece è un mio modo di prepararmi. Il giorno della partita nessuno mi deve fare domande, tendo a parlare poco perché la settimana di lavoro è stata fatta e la testa è proiettata alla gara. Lui (papà, ndr) è molto solare, sorride sempre, è come se fosse nel suo mondo: anche i ragazzi hanno imparato a volergli bene, a volte si perde via in alcune cose ma è ben voluto da tutti”. Per Gianni è tempo vissuto accanto al proprio figlio. “Prima seguivo il calcio a 11, tuttora lo seguo, ma la passione per il futsal di mio figlio ha preso anche me e mia moglie Stefania. L’abbiamo sostenuto in tutto quello che ha fatto. A volte ci scherzo perché quando lavoravo in ditta avevo il capo che mi dava gli ordini, adesso è mio figlio a fare il mio capo però è bello, giustamente è molto preciso su certe cose ma per il resto andiamo d’accordissimo”.

Michael Tassone

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