Redditi nel Lecchese, molti sono medio-bassi I DATI
Il ridotto aumento del reddito dei dipendenti nell’ultimo triennio (+3,09%) che traspare dai dati IRPEF, non regge certo il confronto con gli aumenti determinati in primis dallo scoppio della guerra in Ucraina.
La provincia di Lecco conta oltre 238 mila (238.398) contribuenti distribuiti negli 84 comuni per un reddito complessivo dichiarato che supera i 5,8 miliardi di euro (5.809.465.234). Ma al di là del mero computo numerico, interessante è la redistribuzione reddituale tra lavoratori dipendenti, pensionati, imprenditori e autonomi.
A profilare il quadro è il MEF, Ministero Economia e Finanza, che annualmente fornisce i dati relativi alle dichiarazioni IRPEF.
Redditi: un lecchese su cinque è vulnerabile
“Il dato assume per noi un valore decisivo, consentendoci di leggere più in profondità il contesto della nostra azione sindacale – dichiara Mirco Scaccabarozzi, Segretario Generale Cisl Monza Brianza Lecco -. Ciò orienta l’articolazione di scelte politico-sindacali a sostegno di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati. Grazie al nostro centro studi Bibliolavoro, abbiamo elaborato alcuni dati a livello provinciale che illustrano la stratificazione sociale”.
Anzitutto si impone la presenza di un numero consistente di persone con redditi medio bassi e una ricchezza che si concentra invece in una fascia più ristretta della popolazione. Ciò è palese considerando i redditi medi: oltre 66 mila euro l’introito degli autonomi, poco meno di 26 mila euro quello dei dipendenti e poco più di 20 mila euro quello dei pensionati. Il punto cruciale è però l’incidenza, ovvero quanto pesano le forze contribuenti: i dipendenti del lecchese (57,3%) incidono il 60,1%, i pensionati (38,8%) per il 32,6% mentre autonomi e imprenditori (3,9%) per il 7,2%. "La forbice, come traspare, si allarga considerevolmente. Ma tutto ciò, va ricordato, deve essere disposto entro una realtà più ampia: i prezzi al consumo, soprattutto del comparto alimentare, si innalzano con percentuali più consistenti, cosicché il potere di acquisto dei cittadini decresce progressivamente".
Il ridotto aumento del reddito dei dipendenti nell’ultimo triennio (+3,09%) che traspare dai dati IRPEF, non regge certo il confronto con gli aumenti determinati in primis dallo scoppio della guerra in Ucraina.
L’elaborazione che ha fatto l’Osservatorio vulnerabilità e resilienza ci dice che in provincia di Lecco più di un contribuente su cinque (22%) appartiene alla categoria dei cosiddetti vulnerabili, ovvero coloro che assommano a redditi bassi anche qualche altra forma di disagio economico o sociale, che li porta ad essere maggiormente esposti al rischio di scivolamento in povertà ed esclusione sociale, un dato sicuramente allarmante
Tra i maggiori fattori di rischio emergono il notorio gender gap, la cittadinanza straniera e l’appartenenza a una famiglia con figli, specie se numerosa e con minori. D’altra parte risultano essere fattori protettivi l’età più anziana ed il poter beneficiare di un reddito da pensione, decisamente più stabile nel periodo pandemico rispetto al reddito da lavoro.
"Per la Cisl - sostiene Scaccabarozzi - l’azione sindacale deve anzitutto fermare la perdita del potere d’acquisto dei salari. E ciò mediante un’accelerazione nel rinnovare i contratti di lavoro (alcuni fermi da anni) e un nuovo impulso impresso alla contrattazione aziendale e territoriale. Vanno inoltre incalzati gli enti locali, Regione Lombardia in testa, affinché da un lato ci sia una razionalizzazione delle misure di sostegno al reddito, rendendole più integrate a quelle nazionali".
"Ad oggi contiamo circa 60 misure a sostegno del reddito tra nazionali e regionali, ma ognuna di queste risponde a criteri di accesso diversi, di Isee, di condizioni sociali, di nucleo famigliare. Dall'altro lato va rafforzato il welfare di prossimità - conclude la Cisl - ovvero il sistema dei servizi pubblici sociali, sanitari e sociosanitari con particolare riguardo per quelli previsti per il contrasto alla povertà".