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Corteo e presidio a Lecco per lo sciopero generale del 24 novembre

"Il Governo volta le spalle alle persone, noi le portiamo in piazza per mostrare la loro faccia"

Corteo e presidio a Lecco per lo sciopero generale del 24 novembre
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Adesso  basta: uno slogan  che la dice tutta, che racconta in due parole il senso di frustrazione e desiderio di cambiamento di cui Cgil e Uil si faranno portavoce durante lo sciopero generale indetto per il prossimo 24 novembre 2023.  In quella data a Lecco  un corteo composto unicamente da CGIL Lecco, si concentrerà intorno alle 9  nel piazzale del centro commerciale Meridiana antistante al Monumento ai Caduti sul Lavoro (Largo Caleotto) e da lì raggiungerà Piazza Diaz, percorrendo nell’ordine Via Amendola, Via Digione, Via Alighieri, Via Cairoli e Via Cavour. Davanti a Palazzo Bovara   dove sarà già presente una delegazione della UIL Lario, si terrà un presidio che terminerà intorno alle 11.30. Non solo ma le segreterie confederali  verranno ricevute dal Prefetto Sergio Pomponio per una breve esposizione delle ragioni sindacali dello sciopero.

Sciopero generale: corteo e presidio a Lecco il 24 novembre. Cgil e Uil: "Adesso basta"

"Uno sciopero articolato per diversi motivi - ha spiegato oggi, lunedì 13 novembre  2023 il segretario generale della Camera del Lavoro Lecchese Diego Riva insieme  a Dario Esposito, numero uno Uil Lario - innanzitutto perche organizzato su due date visto che il 17 novembre si asterranno  dal lavoro gli addetti della scuola, dei trasporti e della funzione pubblica".

L'obiettivo dello sciopero generale è quello di  "difendere il presente di lavoratori e pensionati, già colpito da instabilità contrattuale e alti tassi d’inflazione, e il futuro dei giovani, che hanno diritto ad avere un percorso lavorativo tutelato e la prospettiva di un trattamento previdenziale dignitoso. L’obiettivo è duplice: sensibilizzare l’opinione pubblica sulle gravi criticità che la bozza di Legge di Bilancio porta con sé e, contestualmente, chiedere al Governo di assumere i provvedimenti in materia di lavoro, fisco, sicurezza, previdenza, sanità e politiche industriali, necessari a ridurre le diseguaglianze nel Paese" .

"Arriviamo a questo sciopero non all'improvviso ma dopo molte iniziative e dopo una serie di tavoli di confronto durante i quali il confronto non è stato reale. Sono state solo delle passerelle vuote - ha spiegato riva - Tutte le nostre proposte sono state puntualmente rigettate. Lo sciopero, che di fatto è un sacrificio economico per i lavoratori, è quindi una risposta obbligata. Siamo di fronte a un esecutivo confuso e litigioso al proprio interno, che fa circolare varie bozze di Legge di Bilancio poi puntualmente riviste e modificate nelle indiscrezioni successive. In tutte queste versioni viene per lo meno riconfermata la misura del taglio del cuneo fiscale chiesto a gran voce dal sindacato, a riprova che le iniziative e gli scioperi condotti finora hanno avuto il merito di porre all’ordine del giorno questa misura utile a consolidare il potere d’acquisto dei lavoratori. Si tratta però di una proroga per un solo ulteriore anno, segno che nel Governo non c’è volontà di stabilizzare le poche misure che vanno incontro ai bisogni reali delle persone, e soprattutto è un provvedimento che rischia di essere inutile visto che la decontribuzione non copre neanche lontanamente la perdita di potere d’acquisto senza precedenti, causata dall’inflazione galoppante".

Tanti i punti oscuri della manovra denunciati dai due sindacati: "In tema previdenziale, nonostante la retorica sul superamento della Legge Fornero, si profila una riduzione degli importi pensionistici dei dipendenti pubblici: con la revisione delle aliquote previdenziali per le pensioni liquidate dal 2024, infatti, si calcola che i futuri pensionati potrebbero subire una perdita annua fino al 20% della retribuzione. Tutto ciò rivela una politica di smantellamento delle certezze, perché le pensioni non sono e non saranno mai una concessione ma un diritto acquisito del lavoratore - ha aggiunto Riva -  Discorso simile vale per l’innalzamento del requisito anagrafico di accesso all’Ape Social, portato da 63 anni a 63 anni e 5 mesi, un aumento che penalizza la platea di disoccupati, invalidi e caregiver che sono i principali destinatari della misura. Infine, su Opzione Donna si stanno registrando dichiarazioni e smentite che provocano solo confusione, ma al momento l’unica certezza è che, se rimarrà, lo farà nelle versione “ristretta”, quella che non consente l’accesso a tutte le lavoratrici (pur in presenza dei requisiti) ma solo ad alcune. Una manovra ingiusta anche per i disoccupati. I dati sulla povertà nel nostro Paese diffusi recentemente dall’Istat sono drammatici e confermano quanto le scelte del Governo continuino a essere sbagliate. Di fronte a 5,7 milioni di persone, il 10% della popolazione, e 2,2 milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta si è scelto di cancellare l’unico strumento universale di contrasto alla povertà, il reddito di cittadinanza, introducendo al suo posto nuove misure che dividono la platea delle persone in difficoltà tra chi può accedere a un sostegno economico e chi, essendo considerato “occupabile”, ne è escluso, a prescindere dalle reali condizioni di bisogno.

 

"La sostanza della manovra è chiara - ha sottolineato Esposito - qualche provvedimento bandiera e tanti titoli, ma poca sostanza. La strada intrapresa è quella dell’estrema attenzione a partite Iva, imprese e autonomi, mentre non c’è sostanzialmente nulla per il lavoro dipendente e per tutto ciò che è pubblico. Nessuna lotta all’evasione e un fisco sempre più sbilanciato verso chi già ha. Il Governo volta le spalle alle persone, noi le portiamo in piazza per mostrare la loro faccia. La faccia di chi fatica a pagare il mutuo, a curarsi, a fare la spesa. Noi abbiamo il dovere di fare da megafono per i cittadini che non hanno voce"

 

 

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