Il “Whistleblowing”, un mezzo utile per denunciare silenziosamente le violazioni commesse sul luogo di lavoro
In questo periodo si parla molto spesso del c.d. whistleblowing: è stato, infatti, recentemente emanato il decreto legislativo n. 24/2023 che tratta proprio di questo specifico argomento
Il termine whistleblower è traducibile come “fischiatore”, cioè quell’individuo che segnala silenziosamente una violazione all’interno della propria azienda ed il predetto decreto legislativo riguarda proprio l’introduzione di tutele volte a proteggere questo soggetto.
Vi sono, difatti, numerose persone che -per paura di subire conseguenze dannose o ritorsioni nei propri confronti- hanno evitato di segnalare comportamenti che ritengono illeciti rispetto alle normative europee e nazionali vigenti.
Già con il decreto legislativo n. 231 del 2001 si era disciplinato nel nostro ordinamento un sistema di prevenzione (il c.d. MOGC) che faceva riferimento alle misure necessarie da adottare al fine di eliminare tempestivamente le situazioni di rischio all’interno delle aziende; con il decreto whistleblowing, invece, si disciplina una sorta di sistema di difesa per i “fischiatori”, e si obbligano le aziende, sia pubbliche che private, ad adeguare i propri sistemi di prevenzione.
In concreto, i doveri di adeguamento imposti sono diversi in base alla tipologia di azienda e ad alcuni elementi che la identificano (presenza o meno del MOGC, numero di dipendenti, etc.): infatti, se un’azienda ha già predisposto un MOGC, la stessa dovrà solo rivederlo ed aggiornarlo.
Un primo e fondamentale intervento che deve essere effettuato da parte dell’impresa riguarda la revisione dell’oggetto delle segnalazioni: il decreto legislativo n. 24/2023 ha, infatti, ampliato la sfera di intervento di questo sistema; una seconda operazione, anch’essa necessaria, riguarda l’istituzione di canali di segnalazione interni, che devono garantire la riservatezza dei soggetti coinvolti; altri interventi, poi, devono riguardare la definizione del processo di gestione delle segnalazioni, ad esempio la formazione del personale a cui verrà dato il compito di gestione dei canali.
Se, invece, l’azienda non è provvista di MOGC e dispone di almeno 50 dipendenti, deve anch’essa obbligatoriamente adottare dei canali di comunicazione interni e, se gli stessi non sono efficaci o non vengono adeguatamente attivati, si dovrà far riferimento a canali esterni e, in particolare, ai canali gestiti dall’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione).
Sia per quanto riguarda i canali interni che quelli esterni, la segnalazione può essere effettuata in forma scritta oppure in forma orale, anche mediante un colloquio diretto con il personale del canale di segnalazione.
Successivamente al “deposito” della segnalazione, viene rilasciato al whistleblower un avviso di ricezione ed entro tre mesi gli verrà dato riscontro in merito.
Un’ulteriore possibilità, prevista dal decreto, è quella della c.d. “divulgazione pubblica” della segnalazione: questo particolare canale, permette al segnalante di denunciare la violazione nei casi in cui non ha ricevuto alcun riscontro rispetto ad una segnalazione interna e/o esterna, oppure quando ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente per l’interesse pubblico, o anche nel caso in cui ritenga che una segnalazione esterna possa comportare gravi rischi di ritorsione o possa non essere efficace per il caso concreto.
La novità e l’importanza del decreto, però, stanno proprio nella protezione riservata al segnalante, al segnalato e a tutti gli enti/persone coinvolti nelle procedure. Tale protezione si esplica a vari livelli: si parla di riservatezza, quindi dell’obbligo di non rivelare l’identità delle persone coinvolte e qualunque altra informazione da cui può dedursi tale identità, salvo i casi in cui sia necessario, a fini legali e processuali, rivelare tali informazioni; si parla di divieto di ritorsione, perciò del fatto che i soggetti e gli enti che fanno parte della segnalazione non possono subire comportamenti o atti che provochino agli stessi un danno ingiusto; ed ancora, si parla di limitazione della responsabilità, quindi del fatto che l’ente ed il whistleblower non sono punibili nel caso in cui rivelino informazioni coperte dall’obbligo di segreto o offensive della reputazione di uno dei soggetti citati, perché lo ritengono necessario ai fini di una segnalazione efficace e completa. Rimane, comunque, a carico del segnalante la responsabilità penale relativa alla commissione di reati di diffamazione e calunnia, ma anche quella relativa a segnalazioni che sono coperte da segreto di stato o da segreto forense e medico.
Il decreto, tuttavia, non si limita a declinare gli aspetti relativi a tale protezione: esso contempla e disciplina anche le misure utili ai segnalanti perché la loro comunicazione sia corretta ed efficiente, nonché le sanzioni da impartire al responsabile delle violazioni nel momento in cui viene individuato.
La portata di questo decreto è sicuramente innovativa in quanto vincola espressamente le aziende alla creazione di canali finalizzati alla recezione delle segnalazioni e garantisce una tutela quasi completa per i segnalanti, i quali non dovranno più sentirsi costretti a tacere per paura di rivalse nei propri confronti.
Le disposizioni sono diventate efficaci solo dal 15 luglio, perciò è ragionevole pensare che alcune aziende non si siano ancora adeguate; nonostante ciò, quello che si auspica è un adattamento il più rapido possibile, anche al fine di disincentivare la commissione di illeciti all’interno delle società.
Dott.ssa Giorgia Perego - Studio Legale Notaro e Associati