Blitz antimafia: sequestro di una maxi villa a una coppia di cinesi
La brillante operazione è stata condotta dalla Guardia di Finanza di Monza e ha posto fine a un'attività criminale che perdurava da almeno 20 anni a Lesmo
Blitz antimafia: sequestro di una maxi villa a una coppia di cinesi.
I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Monza, sotto la direzione della Procura della Repubblica del capoluogo brianzolo, hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro antimafia ai danni di una coppia di cinesi che detenevano, tra le numerose proprietà, anche una maxi villa a Lesmo del valore di oltre 1 milione di euro.
Blitz antimafia: sequestrata una maxi villa a una coppia di cinesi
Il provvedimento ha riguardato, in particolare, due coniugi di origine cinese residenti da decenni in Brianza, operanti nel settore del commercio all’ingrosso ed al dettaglio via internet di vari prodotti di consumo (materiale elettrico, articoli per la cosmesi, giochi e giocattoli), pregiudicati per molteplici reati contro il patrimonio, di natura penale tributaria ed in materia di commercializzazione di prodotti contraffatti, nei cui confronti emergevano tra l’altro diversi alert di rischio evidenziati dal sistema di prevenzione antiriciclaggio.
Le indagini della Guardia di Finanza
L’attività d’indagine scaturisce da una puntuale analisi criminale della pericolosità sociale e conseguenti accertamenti economico patrimoniali eseguiti dai militari del Gruppo di Monza nei confronti di un intero nucleo familiare, che hanno consentito di ricostruire sia il curriculum delinquenziale del capo-famiglia (tuttora agli arresti domiciliari a seguito di condanna definitiva del Tribunale di Genova per introduzione dello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) e della moglie sia l’assoluta sproporzione fra redditi dichiarati al Fisco e l’elevato tenore di vita condotto.
Da oltre 20 anni sulla scena criminale
In particolare, i proposti sono risultati connotati da una perdurante, insidiosa, antisociale e antigiuridica pericolosità, poiché abitualmente dediti, nell’arco di circa 20 anni, alla commissione di reati dai quali poter trarre ingenti ed illeciti benefici economici, con un percorso “imprenditoriale” caratterizzato da costanti condotte delittuose perpetrate mediante l’illecita importazione di prodotti con marchi contraffatti, la vendita di articoli con segni mendaci, la ricettazione di merci provenienti da reato e l’omesso versamento di tributi all’Erario per oltre 4 milioni di euro.
Il ruolo del capofamiglia
L’attenzione delle Fiamme Gialle veniva infatti dapprima focalizzata sul capo-famiglia, rappresentante legale di un’organizzazione no-profit attiva sul territorio nazionale e a cui facevano capo oltre 100 imprese associate localizzate in Lombardia, avente la finalità di favorire la cooperazione, tra Italia e Cina, mediante interscambi commerciali, culturali ed industriali tra operatori di categoria e imprenditori cinesi ed italiani. I successivi approfondimenti d’indagine consentivano di individuare svariate imprese riconducibili ai due coniugi, tutte asservite, nel corso di decenni, a trarre ingenti vantaggi economici dalla commissione di reati tributari, in materia di contraffazione e sicurezza prodotti, frode in commercio.
L'attività criminosa
Tra queste, la società capofila sedente nella provincia brianzola, che dopo essere stata utilizzata per anni dai due coniugi per realizzare gran parte dell’illecita attività di importazione di prodotti contraffatti e per la successiva distribuzione della merce in tutti il territorio nazionale, soprattutto nei confronti di propri connazionali, è stata in un primo momento spogliata del proprio patrimonio mobiliare ed immobiliare (in favore di un’impresa amministrata dal capo-famiglia con sede legale ad Hong Kong) e quindi ceduta ad un soggetto di origini calabresi, a cui peraltro l’intero capitale sociale acquisito veniva sottoposto a sequestro preventivo a seguito di un provvedimento disposto dal Tribunale di Reggio Calabria nell’ambito di un’indagine condotta per associazione di tipo mafioso, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e trasferimento fraudolento di valori.
Blitz antimafia, il sequestro della maxi villa
Dal punto di vista patrimoniale, le risultanze investigative venivano quindi segnalate alla Procura della Repubblica di Monza che proponeva alla competente Autorità Giudiziaria l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro dei beni immobili direttamente o indirettamente riconducibili al nucleo familiare investigato, di valore sproporzionato rispetto alle reali e lecite capacità economiche di quest’ultimo, per un valore complessivo pari a circa 1,6 milioni di euro. In accoglimento dell’istanza del Procuratore della Repubblica di Monza, il Tribunale di Milano ha così disposto l’applicazione del sequestro ai fini della successiva confisca, eseguito dai Finanzieri monzesi, che hanno proceduto all’immissione in possesso dell’amministratore giudiziario appositamente nominato di una villa di pregio sita a Lesmo composta da 20 vani ed insistente su un terreno di oltre 5.000 metri quadri con annesso campo da tennis privato e 5 autorimesse dal valore di circa 1 milione di euro, nonché di due appartamenti e 3 autorimesse detenute nel Comune capoluogo, dal complessivo valore di circa 600.000 euro.
L'azione dei finanzieri nel blitz antimafia
L’azione di servizio, svolta in stretta sinergia con l’Autorità Giudiziaria, costituisce un’efficace testimonianza del costante presidio a tutela dell’integrità del sistema economico-finanziario del Paese assicurato dal Corpo della Guardia di Finanza, volto a garantire il contrasto ad ogni forma di criminalità, anche attraverso l’individuazione e conseguente aggressione delle ricchezze illecitamente accumulate nel tempo, così da restituire legalità e competitività al libero mercato. Per le condotte illecite al vaglio della competente autorità giudiziaria, sulla base del principio di presunzione di innocenza, spetterà ai proposti dimostrare che il patrimonio sequestrato sia stato acquistato con denaro di provenienza lecita ovvero riconducibile a loro attività economiche svolte, posto che diversamente il provvedimento andrà a consolidarsi in una confisca antimafia ed i beni sequestrati saranno sottratti al circuito dell’economia criminale per essere restituiti a beneficio della collettività.