Una delle modifiche più rilevanti riguarda la possibilità della c.d. “vendita diretta” da parte del debitore esecutato ovvero la possibilità per lo stesso di vendere l’immobile autonomamente.
Vediamo nel dettaglio come funziona questo nuovo istituto.
Secondo il disposto dell’articolo 568 bis c.p.c., il debitore può depositare, non oltre dieci giorni prima dell’udienza di vendita, istanza per chiedere al giudice dell’esecuzione di disporre la vendita diretta dell’immobile pignorato ad un prezzo non inferiore al valore di perizia; all’istanza deve essere allegata, a pena di inammissibilità, un’offerta di acquisto irrevocabile per centoventi giorni, nonché, a garanzia della serietà dell’offerta, una cauzione non inferiore al decimo del prezzo offerto.
Almeno cinque giorni prima dell’udienza fissata per la vendita, istanza e offerta devono essere notificate – a cura del debitore o dell’offerente – al creditore procedente, ai creditori iscritti (ovvero quelli che vantano sui beni pignorati un diritto di prelazione risultante da pubblici registri) e a quelli intervenuti prima del deposito dell’offerta medesima; questi soggetti possono proporre opposizione fino all’udienza fissata per la vendita.
L’istanza può essere formulata una sola volta nell’ambito della stessa procedura esecutiva.
All’udienza fissata per la vendita il giudice valuta l’ammissibilità dell’istanza e la congruità del prezzo offerto e, in assenza di opposizioni, può disporre l’aggiudicazione dell’immobile all’offerente, stabilendo termini e modalità di pagamento del prezzo (se invece l’istanza è inammissibile o il prezzo non è stato versato nei termini, il giudice dispone la vendita secondo il regime generale).
Una volta eseguito il versamento, il giudice, su istanza dell’aggiudicatario, autorizza il trasferimento dell’immobile mediante atto negoziale e ordina, contestualmente alla trascrizione di quest’ultimo, la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie ai sensi dell’articolo 586 c.p.c.
In caso di opposizione si apre un sub procedimento liquidatorio. Il giudice fissa un termine per gli adempimenti pubblicitari e la formulazione di ulteriori offerte di acquisto ad un prezzo non inferiore a quello dell’offerta già presentata; queste devono essere garantite da una cauzione non inferiore a un decimo del prezzo proposto.
Poi convoca il debitore, i comproprietari, il creditore procedente, i creditori intervenuti, i creditori iscritti e gli offerenti all’udienza per la deliberazione sull’offerta; in caso di pluralità di offerte si tiene una gara tra gli offerenti, che può svolgersi anche con modalità telematiche. Legittimati a parteciparvi sono l’offerente originario e tutti gli ulteriori eventuali offerenti; devono essere ammessi a concorrere anche coloro che dovessero formulare l’“offerta minima” (ovvero inferiore del 25% rispetto al prezzo base).
La portata dell’istituto è sicuramente innovativa in quanto evita che l’immobile sia svenduto ad un prezzo significativamente inferiore a quello reale.
Vi sono però alcuni elementi di criticità.
In particolare, il buon funzionamento dell’istituto presuppone che il debitore reperisca un potenziale acquirente che offra un importo uguale o superiore al prezzo base d’asta, con rinuncia ad un’aggiudicazione con offerta minima e alla liberazione dell’immobile a cura della procedura.
Le tempistiche, inoltre, sono piuttosto ristrette.
Ovviamente solo le future applicazioni pratiche potranno determinarne l’effettiva portata.

Dott.ssa Katia Panzeri – Studio Legale Notaro e Associati
