Nameless: dieci anni da festeggiare
In attesa del Festival che si terrà ad Annone dal 2 al 4 giugno, intervista a uno dei fondatori, Alberto Fumagalli
"Del quale non possiam dare né il nome, né il cognome, né un titolo". Così l’Innominato fa il suo ingresso nei Promessi Sposi, il cui manoscritto viene attribuito da don Lisander ad un Anonimo. Innominato, anonimo, senza nome, in inglese: Nameless. E’ stato proprio passando sotto il castello dell’Innominato che ai fondatori di Nameless è arrivata l’ispirazione per il nome del loro progetto, alla sua primissima edizione. Occorreva trovare, su indicazione dell’allora assessore al Comune di Lecco Armando Volontè, un titolo capace di legare l’evento al turismo del lago o della montagna o ai Promessi Sposi. Alberto Fumagalli, ceo e founder del "Nameless Music Festival", sorride nel ricordare l’origine manzoniana della denominazione di quello che oggi è uno degli eventi di musica elettronica e hip hop più importanti a livello nazionale e internazionale e che animerà la Poncia ad Annone dal 2 al 4 giugno prossimi.
"Fino a quindici anni – ci racconta Alberto – mi piaceva organizzare le feste di compleanno degli amici; poi mi sono ritrovato per caso a fare il dj e a gestire gli eventi in discoteca, ma non ho mai pensato di fare l’imprenditore. A me interessava, e interessa soprattutto, produrre divertimento, mi piace creare cose che portino a un coinvolgimento e miglioramento dell’offerta culturale e sociale".
Come nasce Nameless
L’incoscienza e il caso hanno poi voluto che la passione di fare eventi sempre più rilevanti e la voglia di inseguire i propri sogni si trasformassero in un festival, in una professione, in una azienda.
"La musica elettronica era il mio principale interesse. Per una lunga parte della mia vito l’ho vissuto come hobby, poi a furia di sostenere le mie idee e di provare a costruire il mio futuro nell’ambito che più mi piaceva, sono riuscito a fare della mia passione il mio lavoro".
Un lavoro che porta gli organizzatori di Nameless a seguire l’evolvesi dei gusti, musicali, culturali e sociali, dei giovani.
"La cosa più bella – sottolinea Fumagalli – è che Nameless è cresciuto insieme ai suoi primi fans. Chi è diventato più grande cerca di essere presente almeno un giorno, ma ogni anno l‘età media si alza e ogni anno arrivano le nuove generazioni attratte da quello che è un fenomeno sociale e culturale".
Dieci anni di Festival
Alla base del Nameless c’è soprattutto l’idea di creare un clima spensierato in cui sia possibile, in tutta sicurezza, ascoltare musica, socializzare, divertirsi. Il che comporta un impegno organizzativo non indifferente e il lavoro di un anno.
"Nameless non si esaurisce nella tre giorni: ogni edizione nasce il giorno dopo la conclusione di quella precedente – sottolinea Alberto – E’ una serie di momenti tangibili, comunicativi che accadono durante l’anno, da giugno a giugno. C’è chi si occupa di amministrazione, chi di produzione e della costruzione del festival, chi fa il cast artistico, chi cura la comunicazione, chi si prende carico della enorme quantità di dipendenti. Per i week dell’evento superiamo le 500 unità, e quest’anno stiamo sfiorando le 700. Una gran squadra da coordinare, pur di mantenere la sicurezza".
Squadra vincente non si cambia. Da dieci anni anima e mente del Nameless
"siamo sempre gli stessi. Avremmo bisogno di strutturarci di più, ma vogliamo fare un passo alla volta: nella crescita di un passo alla volta di Nameless c’è l’affezione e l’affetto di tutti coloro che vengono da quando avevano sedici anni e oggi ne hanno ventisei".
Una storia di imprenditoria giovanile
Nameless non è solo una cartina tornasole dei cambiamenti musicali e sociali in atto o una manifestazione musicale di importante successo: è una storia imprenditoriale di giovani che hanno intessuto le loro intuizioni in quella che è la grande potenzialità turistica del loro territorio.
"Il nostro obiettivo – spiega ancora Alberto – è creare un network di attività culturali e sociali utili al territorio, che abbiano una reale sostenibilità economica. Lavoriamo nell’ottica di costruire una realtà in cui le diverse attività si fanno forza l’una con l’altra per dare vivacità a un territorio, che non è abituato a un determinato tipo di vitalismo ma ha una grande attrattiva turistica: per questo occorre promuovere un’offerta integrata in grado di essere ampia su più livelli. Questo lavoro di sinergia a posteriori porta un beneficio al festival e aiuta il festival ad avere piani di sviluppo importanti. Per questo sostengo che il valore aggiunto dato da queste attività al Nameless è più alto di quello che lo stesso Nameless può apportare loro".