una riflessione

Lettera ai giovani da una 90enne

Ai genitori consiglia: «Non viziateli, devono affrontare i problemi». Giulia Albanese Colombo, ex insegnante di latino e greco, scrive per smuovere ragazzi e ragazze

Lettera ai giovani da una 90enne
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Lettera ai giovani da una 90enne. Abbiamo provato a parlare dei giovani prima con i loro presidi e poi direttamente con loro, interpellando i rappresentanti degli studenti del Liceo Agnesi, trovando da entrambe le sponde spunti sicuramente interessanti. Ma non un vera e propria quadra ad un problema come quello della fragilità giovanile, talmente al centro del dibattito da essere parte considerevole delle riflessioni del noto filosofo Umberto Galimberti (stasera, martedì, ospite dell’associazione Dietrolalavagna come ricordiamo in altro articolo di questa pagina). E se invece bastasse ascoltare i consigli di un’ex insegnante ormai in pensione?

Una lettera ai giovani da una 90enne

Negli scorsi giorni è stata la stessa Giulia Albanese Colombo, 90 anni dimostrati solo per qualche acciacco che ne limita alcuni movimenti, non certo quelli della mente, a contattarci. Da 60 anni abita in città e molti di questi li ha trascorsi ad impartire lezioni private di greco e latino agli studenti di alcuni dei migliori licei classici del territorio. In una lettera scritta a mano con una calligrafia impeccabile quanto la sua grammatica, la signora Giulia giudica la società di oggi, puntando a quei giovani che la sera animano la piazza vicino alla quale vive. Il suo è un giudizio piuttosto critico anche se, come ci spiega in un secondo momento, il suo obiettivo è quello di «risvegliare nei giovani un senso di serietà». «Ogni sera nella piazzetta accanto alla quale abito arrivano e si trattengono fino a notte inoltrata ragazzi e ragazze, suppongo in età da liceali – scrive la 90enne – Non si parlano, emettono urla, suoni inarticolati, si muovono a spintoni, oppure con un’andatura altalenante. Bestemmiano in continuazione e le ragazze sono più attive dei maschi in questo comportamento». Il pensiero della signora Giulia finisce ben presto verso chi questi ragazzi e ragazze dovrebbe averli allevati.

«Ma i genitori? - si domanda l’anziana - Suppongo non abbiano né tempo, né autorità per mettere un limite. I Carabinieri, da me chiamati più volte, neppure. Niente da fare, il limite non esiste più. Forse stiamo vivendo il periodo di estinzione della specie umana. Li guardo questi ragazzi, sembra che gli manchino i cinque sensi: non vedono, non percepiscono la realtà circostante, non parlano, usano simboli e faccine, se prendono il treno è il treno che prende loro, muoiono di noia, non hanno il limite, fanno tutto quello che vogliono».

"I giovani. mal sopportano la fatica, il tempo e le difficoltà"

La cosa peggiore, continua la riflessione della signora Giulia, è che questi ragazzi poi crescono e diventano parte integrante della nostra società. «Questi ragazzi diventano uomini e donne, medici, ingegneri, insegnanti, tecnici. Mal sopportano la fatica, il tempo e le difficoltà. Talvolta sono anche pericolosamente distratti e incompetenti: se vanno in montagna, cadono nel dirupo; se usano il trattore o il Suv, vengono schiacciati, se si tuffano al mare o al lago annegano. Tu, caro giornale, mi dirai che ci sono anche le persone che valgono, che lavorano seriamente e spesso addirittura eroicamente. E meno male! A costoro dobbiamo se il Paese è ancora in piedi».

Incuriositi dalle riflessioni della 90enne, come spiegato, le abbiamo chiesto ulteriori considerazioni in merito, chiedendo all’ex insegnante una ricetta affinché ci sia un’inversione di rotta. «Vorrei davvero che la gente si svegliasse – ha spiegato – Quando sento parlare gli psicologi talvolta rimango incredula. Sento solo frasi del tipo: i giovani sono soli, bisogna aiutarli. No, dico io, bisogna far vedere loro la realtà. E la realtà è che il mondo e la società è un posto per persone serie, ognuno con le proprie competenze. La soluzione sta però nell’allevare i figli come si deve. Oggi vedo i bambini piccoli ricattare i loro genitori e questi cadere nel ricatto. I genitori, invece, devono sin dalla tenera età abituare i loro figli ad accettare i “no”, altrimenti quando da grandi andranno incontro alle sconfitte cadranno subito a terra. Così facendo, invece, non andranno incontro alla cosiddetta rimozione freudiana, ma vorranno vedere in faccia la difficoltà per superarla».

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