SMASCHERATI

Maxi frode fiscale, indagati anche dei bergamaschi

I criminali, con l’aiuto di una faccendiera svizzera, riciclavano denaro per conto dei loro facoltosi clienti

Maxi frode fiscale, indagati anche dei bergamaschi
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Maxi frode fiscale da oltre 30 milioni di euro, indagati anche dei bergamaschi. Una frode fiscale continua, attraverso la costituzione di società "cartiere" con le quali venivano emesse e ricevute fatture per operazioni inesistenti.

Maxi frode fiscale, indagati anche dei bergamaschi

I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Varese, diretti dalla Procura della Repubblica di Busto Arsizio, hanno chiuso le indagini e proprio nelle ore della giornata di oggi (martedì 27 dicembre) stanno notificando gli ultimi avvisi di garanzia di una articolata istruttoria che vede coinvolte società lombarde e piemontesi.

Le persone iscritte a vario titolo nel registro degli indagati, a partire dal 2017, sono in totale 23 tra imprenditori, prestanome e una faccendiera svizzera (arrestata insieme ad altri due imprenditori nel 2021), residenti tra le province di Milano, Monza, Bologna, Brescia, Venezia, Parma ed anche a Bergamo.

Fatture fittizie e bonifici bancari

La frode architettata per ripulire denaro contante prevedeva, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, che le fatture fittizie fossero giustificative di bonifici bancari ricevuti dai propri clienti, a cui però veniva in seguito restituito il denaro in contanti, mentre una percentuale veniva trattenuta per il “servizio” reso dagli indagati. A capo delle società fraudolente c’erano numerosi prestanome, reclutati dall’organizzazione criminale al fine di mascherare il proprio operato.

Tanti gli strumenti impiegati dalle Fiamme Gialle per incastrare i colpevoli: analisi di tabulati telefonici, ricostruzioni bancarie, intercettazioni telefoniche, ambientali audio-video e con apparecchiature Gps, pedinamenti, analisi di una vasta documentazione contabile ed amministrativa, oltre che verifiche fiscali hanno portato i militari a ricostruire puntualmente il modus operandi del gruppo.

Il sistema delle “cartiere” consentiva a società, attive ed operanti in vari settori merceologici, di conseguire indebiti ed ingenti risparmi di natura fiscale deducendo costi e (spesso) detraendo Iva a credito. Tutti benefici che non spettavano loro, in quanto appunto garantiti dall’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Tale sistema permetteva anche a soggetti, possessori di ingenti quantità di denaro contante di dubbia provenienza, di ripulire il denaro reinserendolo nel circuito legale.

Sono moltissime le aziende finite sotto la lente d’ingrandimento dei finanzieri che, dal 2017 al 2021, hanno beneficiato complessivamente di 30 milioni di euro di fatture per operazioni inesistenti, oltre all’Iva indebitamente detratta per 4 milioni di euro.

Sentenza di condanna per patteggiamento

Al termine delle attività investigative la competente Autorità Giudiziaria ha ottenuto una sentenza di condanna per patteggiamento nei confronti dei tre principali indagati, in aggiunta alla chiusura delle indagini su imprenditori, prestanome e l’attivo colletto bianco elvetico. In tale contesto sono state, altresì, disposte specifiche misure cautelari con sequestro preventivo di beni, denaro ed altre utilità al fine di tutelare la successiva pretesa erariale, per un valore complessivo pari a circa 6 milioni di euro, nei confronti dei molteplici uomini d’affari indagati.

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