Gli studenti del Viganò incontrano il diacono "Cecè" Alampi
Gli studenti del Viganò dal 6 all'11 dicembre visiteranno la tendopoli di Rosarno in Calabria
Merate chiama Rosarno. Gli studenti dell'Istituto Viganò, in vista del viaggio in Calabria che li vedrà protagonisti dal 6 all'11 dicembre, nell'ambito del progetto “I giovani, il volontariato e l'immigrazione”, hanno incontrato martedì e mercoledì mattina il diacono Vincenzo “Cecè” Alampi, direttore dell'osservatorio delle ultimanze per il Vicariato di Gioia Tauro-Rosarno, confrontandosi con lui sul delicato tema dell'accoglienza dei migranti.
Il racconto di Alampi, direttore dell'osservatorio delle ultimanze di Rosarno, in visita a Merate
Alampi, infatti, per oltre vent'anni, prima di passare all'osservatorio delle ultimanze, era stato direttore della Caritas di Rosarno. In pochi conoscono così bene le enormi difficoltà legate alla migrazione, con le sue storie di povertà e di disperazione. Da anni, dunque, il diacono si occupa di dare sostegno ai migliaia di profughi che raggiungono la sua cittadina in cerca di un lavoro come bracciante. E gli studenti potranno toccare con mano la sua opera quando visiteranno la baraccopoli di Rosarno, dove sono insediati centinaia di profughi. Il compito di introdurre l'intervento del diacono è spettato al docente di religione Fabio Carlini, che affiancherà gli studenti in Calabria.
Carlini ha invitato con entusiasmo i giovani presenti a “dare valore alla testimonianza” che stavano per ascoltare. Vincenzo Alampi, rivolgendosi ai ragazzi, ha raccontato alcuni aspetti della sua attività, partendo dalle origini.
“Dopo aver ascoltato le parole del professore Carlini mi sono chiesto: chi sono io che vengo a parlare a voi? - ha spiegato – Ho un vissuto particolarmente forte, che mi ha portato a prendere determinate decisioni nella mia vita. Mio papà, proprio come Borsellino e la sua scorta, ai quali è dedicato questo auditorium, fu ucciso dalla mafia. Era una persona buona, che amava fare del bene per gli altri. Era il 1991 e nel mio paese si era innescata una guerra di mafia molto forte. Un giorno furono uccise cinque persone e per un periodo nessuno voleva uscire di casa. Come giovane francescano sentivo di non poter stare fermo. Io e poche altre persone, allora, organizzammo delle veglie e delle manifestazioni. Mio papà mi chiedeva sempre: chi te lo fa fare? Io gli chiedevo da che parte volesse stare, se con il bene o con il male. E allora capiva. Il 26 agosto fu ucciso mentre prendeva dell'acqua da un pozzo scavato per aiutare chi aveva bisogno. Mi sono sentito tremendamente in colpa e per oltre un mese non sono riuscito a mangiare. Poi presi coraggio e incominciai ad impegnarmi ancora di più”.
L'incarico in Caritas e il sostegno ai migranti
Nel 2002 arrivò per Alampi l'incarico presso la Caritas diocesana, e da lì iniziò ad avere sempre più modo di entrare in contatto con i profughi. “Un giorno vidi passare dei ragazzi africani con alcuni cartoni – ha raccontato - Mi spiegarono che li usavano come coperte. Decisi di intervenire, perché non era possibile che vivessero in quelle condizioni. Così iniziai a conoscerli, leggevo nei loro occhi la paura. Spesso, sentendo i notiziari, sembra che noi abbiamo paura della loro invasione. Ma loro non sono altro che un centomillesimo rispetto a noi. La paura è la loro. Non vengono qui per derubarci di nulla, vengono per fuggire dalla miseria e, semmai, ad aiutare le loro famiglie a stare meglio”.
Cecè Alampi ha proseguito descrivendo tanti altri aspetti delle tendopoli sorte a Rosarno per ospitare i rifugiati, che per la maggior parte svolgono l'attività di braccianti agricoli. E proprio in quei luoghi pieni di problematiche, ma anche di solidarietà e speranza, gli studenti del Viganò potranno fare tesoro di un'esperienza che si preannuncia unica.