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Carta Docente: riconosciuta anche per gli insegnanti a tempo determinato

Carta Docente: riconosciuta anche per gli insegnanti a tempo determinato
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Le recenti scuole di pensiero definiscono la funzione dei docenti un’attività di trasmissione della cultura, attraverso cui i giovani acquisiscono gli strumenti necessari per inserirsi all’interno del processo culturale, elaborarlo in modi diversi e infine contribuire al suo arricchimento. In tal modo, secondo gli esperti, i docenti dovrebbero aiutare i giovani allo sviluppo critico della loro personalità. 

Al fine di svolgere al meglio questa funzione, a partire dal Testo Unico in materia di istruzione del 1994, l’aggiornamento delle conoscenze degli insegnanti deve essere considerato come un “diritto-dovere fondamentale del personale ispettivo, direttivo e docente”. In sostanza, gli insegnanti sono tenuti ad aggiornarsi in modo obbligatorio, permanente e strutturale, sia sul piano didattico che su quello pedagogico ed educativo

Per sostenere gli insegnanti nell’adempimento di tale obbligo, in conformità con l’articolo 63 del Contratto Collettivo Nazionale di lavoro del comparto scuola del 2007, per cui l’amministrazione è tenuta a fornire gli strumenti, le risorse e le opportunità necessarie per garantire agli insegnanti la formazione in servizio, la Legge n.107 del 13 luglio 2015 ha istituito la “carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente” (anche detta più comunemente “Carta Docente”). 

La carta, dall’importo nominale di euro 500,00 per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l’acquisito di libri, testi (anche in formato digitale), nonché per l’ingresso a musei, mostre, rappresentazioni teatrali e cinematografiche, ovvero per iscriversi a corsi accreditati dal Ministero dell’Istruzione. In sostanza, la carta è utilizzabile per tutto ciò che viene considerato utile per gli insegnanti al fine di crescere sotto il profilo professionale. 

L’articolo 2 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 settembre 2015 (attuativo della Legge n.107/2015) ha stabilito le modalità di assegnazione e di utilizzo della Carta, sancendo che quest’ultima è nominativa, personale e non trasferibile. Il decreto, inoltre, ha deciso di destinare la Carta solo ai docenti di ruolo a tempo indeterminato presso le istituzioni scolastiche statali, a tempo pieno o a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova, escludendo invece del tutto i docenti con contratto a tempo determinato. Tale scelta, secondo il legislatore dell’epoca, si giustificava in ragione dei compiti maggiormente gravosi in capo ai docenti di ruolo, i quali erano i soli a dover ritenere la formazione in servizio come un’attività obbligatoria. 

Tuttavia, questa decisione è stata ritenuta fin da subito discriminatoria nei confronti dei docenti con contratto a tempo determinato, in violazione dell’articolo 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999 (recepito con la direttiva n.1999/CE), per cui le condizioni di impiego dei lavoratori a tempo determinato non devono essere meno favorevoli di quelle previste per i lavoratori a tempo indeterminato, salvo la presenza di ragioni oggettive. 

Con sentenza n.1842 del 16 marzo 2022, il Consiglio di Stato ha avallato la tesi dei ricorrenti, annullando il citato DPCM del 23 settembre 2015 (successivamente sostituito con il DPCM del 28 novembre 2016) nella parte in cui non venivano contemplati i docenti non di ruolo tra i destinatari della Carta. In particolare, secondo il Consiglio di Stato, l’attuale servizio scolastico è costituito non solo da insegnanti di ruolo a tempo indeterminato, ma anche da docenti precari con contratto a tempo determinato. Pertanto, escludere quest’ultimi dall’obbligo di formazione continua e dagli strumenti di ausilio per conseguirla non solo è discriminatorio ma è anche sintomo di una cattiva amministrazione del sistema. 

Infatti, nel momento in cui la Pubblica Amministrazione sceglie di servirsi anche di personale non di ruolo per erogare il servizio scolastico, non può esimersi dal curare la formazione anche di tale parte di insegnanti, altrimenti non si potrebbe garantire un’elevata qualità dell’insegnamento fornito agli studenti. Pertanto, il diritto-dovere di formazione professionale e aggiornamento grava su tutto il personale docente e non solo su un’aliquota di esso. 

Anche la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) è intervenuta sulla questione, ribadendo la non conformità della normativa italiana con il diritto dell’Unione europea, in particolare con la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, recepita con la direttiva n.1999/CE. Secondo la Corte, infatti, i docenti a tempo determinato sono comparabili a quelli a tempo indeterminato, sia dal punto di vista del lavoro che dal punto di vista delle competenze professionali richieste, non essendovi ragioni oggettive che giustifichino la differenza di trattamento tra le due categorie di lavoratori. Pertanto, prendere come riferimento la mera natura temporanea del rapporto di lavoro, al fine di escludere i docenti precari dal beneficio della Carta elettronica del docente, è discriminatorio ai sensi dell’articolo 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. 

A seguito di queste pronunce, il legislatore ha cercato di colmare le lacune normative con la legge n. 103 del 10 agosto 2023 (ossia la conversione in legge del decreto-legge n. 69 del 13 giugno 2023). La Carta del Docente, però, è stata estesa esclusivamente nei confronti dei precari con contratto di supplenza annuale fino al 31 agosto 2024, quindi con riferimento solo all’anno scolastico 2023/2024. 

Questo intervento non è stato ritenuto sufficiente dalla Corte di Cassazione, la quale con sentenza n. 29961 del 27 ottobre 2023 ha disciplinato i requisiti e le condizioni sufficienti e necessarie per usufruire del beneficio della Carta del Docente. 

In primo luogo, la Corte di Cassazione ha fissato il principio di diritto secondo cui la Carta Docente è funzionale e subordinata alla programmazione didattica educativa che il docente è tenuto a redigere su base annuale. Questo principio è importante in quanto applicativo degli insegnamenti della Corte Costituzionale secondo cui verrebbe violato il principio d’uguaglianza posto dall’articolo 3 della Costituzione solo se “situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso e non quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non assimilabili”. 

Dunque, se gli obiettivi di politica scolastica ed educativa si calibrano su programmi annuali, i docenti a tempo determinato chiamati a lavorare sul medesimo piano didattico-temporale svolgono mansioni e funzioni del tutto comparabili con i docenti di ruolo. Pertanto, un diverso trattamento fra le due categorie di insegnanti non potrebbe essere giustificato da nessuna ragione oggettiva effettiva. 

In aggiunta a ciò, poiché l’anno scolastico è differente rispetto all’anno solare, ne consegue che la Carta Docente non spetta solo ai docenti con contratto a tempo determinato fino al 31 agosto, ma anche ai precari con incarichi per docenza fino al termine delle attività didattiche, ovverosia sino al 30 giugno, nonché, alle medesime condizioni, anche al personale educativo non docente che, seppur impegnato in una funzione differente rispetto a quella propriamente didattica e di istruzione, tipica del personale docente, nondimeno ne partecipa i contenuti sul piano della formazione e dell’istruzione degli allievi, svolgendo quindi un ruolo analogo a quello dei docenti. 

Quanto alla natura della prestazione, la Corte ha chiarito che trattasi di obbligazione di pagamento, seppur strettamente finalizzata all’obbligo di formazione nell’ambito di una prestazione didattica. Per tale ragione, il sorgere del diritto è connesso allo svolgimento di attività didattica nell’anno di riferimento, ma allo stesso tempo, secondo la Corte, è importante assicurare all’insegnante creditore un margine flessibile entro il quale far valere il suo diritto. 

Recuperando principi generalissimi del diritto delle obbligazioni, il diritto all’adempimento sussiste fino a quando la prestazione sia possibile a meno che risulti venir meno l’interesse cui è funzionale. Il venire meno di tale interesse comporta la conversione del diritto all’adempimento in diritto al risarcimento del danno. 

Pertanto, sulla base di questo principio, gli insegnanti a tempo determinato mantengono il proprio interesse ad agire per chiedere di recuperare le annualità pregresse mai ottenute della Carta Docente qualora dovessero mantenersi all’interno del sistema scolastico, in ragione della persistenza del diritto-dovere formativo. In caso di fuoriuscita dal sistema scolastico, il creditore potrà agire solo per chiedere il risarcimento del danno subito, quantificato sulla base del valore della Carta e sulla permanenza dello stesso nel sistema scolastico. L’azione risarcitoria, però, non può essere fatta valere da coloro che avrebbero avuto la possibilità di agire per l’adempimento ma sono rimasti inerti fino alla prescrizione del diritto stesso.

Infatti, con riferimento alla natura pecuniaria dell’obbligazione, il diritto all’adempimento si prescrive entro cinque anni dal conferimento dell’incarico (o dall’eventuale momento successivo in cui la Carta Docente era stata messa a disposizione ai docenti di ruolo), motivo per cui gli insegnanti potranno recuperare solo cinque annualità della Carta Docente mai usufruite. Per la domanda risarcitoria, invece, la prescrizione è decennale, con decorrenza dalla data di cessazione del servizio all’interno del sistema scolastico. 

Per concludere, dunque, chi è in possesso dei requisiti di cui sopra potrà ottenere il riconoscimento del proprio diritto grazie alla predisposizione di un ricorso da proporre al Tribunale del lavoro del luogo ove l’insegnante svolge il proprio servizio, depositando tutti i contratti di assunzione (debitamente sottoscritti) unitamente all'ultimo cedolino di ogni anno scolastico. Ai sensi dell’articolo 93 c.p.c., i difensori potranno dichiararsi antistatari, ossia chiedere al giudice di condannare direttamente il Ministero dell’Istruzione e del Merito al pagamento delle spese legali, in modo da non gravare ulteriormente sui ricorrenti. Il ricorso non è riproponibile, ossia può essere presentato al Tribunale una sola volta per gli stessi anni.

La sentenza, infine, dovrà essere successivamente notificata direttamente al Ministero dell’Istruzione e del Merito, il quale dovrà mettere a disposizione dei ricorrenti le annualità mai usufruite della Carta Docente o in alternativa versare l’importo dovuto a titolo di risarcimento danni. 

Dott.ssa Elisa Casiraghi

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