L'intervento

Il dottor Gulisano: "Il virus sta finendo. La seconda ondata? In realtà è quella in corso"

"Il virus sparirà non solo dalle terapie intensive, ma anche dalla casistica. O meglio: diventerà una patologia gestibile, curabile, guaribile"

Il dottor Gulisano: "Il virus sta finendo. La seconda ondata? In realtà è quella in corso"
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Il virus sta davvero finendo? Il dottor Paolo Gulisano, cultore e docente di Storia della Medicina che  all’attività di medico affianca da anni un impegno culturale di saggista e scrittore,  dopo il "polverone" sollevato dalle dichiarazioni del professor Alberto Zangrillo è intervenuto sull'argomento con uno scritto pubblicato sul su blog (paologulisano.com) che vi proponiamo integralmente.

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Il dottor Gulisano: "Il virus sta finendo. La seconda ondata? In realtà è quella in corso"

Il professor Zangrillo ha detto che l’epidemia “clinicamente non esiste più”: significa che l’epidemia ha già completato il suo ciclo. Affermazione dimostrata dalla realtà dei fatti. A dare più fastidio all’establishment sono state le parole sulle misure coercitive in atto che «terrorizzano il Paese». 

 Tanto rumore per nulla; anzi: per una chiara evidenza clinica che tuttavia non si vuole riconoscere. E’ il caso scatenato dalle affermazioni del professor Alberto Zangrillo, direttore delle Unità di anestesia e rianimazione generale e cardio-toraco-vascolare dell’ospedale San Raffaele di Milano, per il quale “il Covid non esiste più”, come hanno riportato gli organi di stampa, dando vita ad una dura polemica nei confronti del dirigente medico da parte degli esponenti del Comitato Tecnico Scientifico, che l’hanno accusato di irresponsabilità. In pratica il professore è stato bollato come “negazionista”, un termine infamante che è cominciato a circolare e ad essere utilizzato nei confronti di chi cerca di leggere in un’ottica diversa dalla vulgata ufficiale di Stato l’epidemia di Coronavirus. In realtà, il professor Zangrillo ha detto una cosa un po’ diversa da quella su cui i virologi da bar si stanno accapigliando sui social: ha detto che l’epidemia “clinicamente non esiste più”. Questo è una affermazione dimostrata dalla realtà dei fatti.  Nell’Ospedale di Lecco, nella Lombardia zona rossa per eccellenza, in terapia intensiva non entra un paziente da un mese, dal 1 maggio. Zangrillo, che è un primario operativo, che dirige un dipartimento di emergenza, non ha fatto che mettere in evidenza quello che è sotto anche i suoi occhi da settimane: non solo sono diminuiti i casi, ma è diminuita e di molto la loro gravità. Il merito? Anche di quelle terapie osteggiate in ogni modo delle quali la Nuova BQ ha già parlato, di un miglioramento dell’assistenza territoriale dove i medici di medicina generale prestano cure a domicilio, e infine di una possibile diminuzione della aggressività e della virulenza del Covid stesso, favorita anche dall’aumento delle temperature e dell’avvicinarsi dell’estate.

Ma forse a dare più fastidio all’establishment governativo sono state le parole di commento del professore alle misure coercitive ancora in atto e ai provvedimenti legislativi vigenti e annunciati: “terrorizzare il Paese è qualcosa di cui qualcuno si deve prendere la responsabilità”. Hanno preso cappello il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli: che ha parlato di affermazioni “sconcertanti”,  il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa che dice che è “un messaggio sbagliato che rischia di confondere gli italiani”, e un altro componente del Comitato, il pneumologo Richeldi.

In realtà, che il virus circoli ancora, che si riscontrino ancora casi, ricoveri e decessi, è innegabile. Ma se Zangrillo non fa che evidenziare un dato numerico, che è palese, è altrettanto vero che anche la carica virale del Covid rispetto a marzo è mutata, ed è diminuita. Lo affermano studiosi come il professor Clementi o il virologo Guido Silvestri, che ha in corso di pubblicazione degli studi al riguardo.

Quello che sta emergendo non fa che confermare le previsioni degli epidemiologi che ben conoscono l’andamento di questo tipo di epidemie virali. I Coronavirus – e questo lo sappiamo bene e da tempo- sono dei virus stagionali. Sono legati alle condizioni climatiche dell’autunno e dell’inverno, come i virus influenzali, come la SARS del 2002, causata come noto da un Coronavirus il cui genoma era all’80% sovrapponibile a quello del Covid 19, che ebbe inizio nell’ottobre del 2002 e nel giugno del 2003 si era completamento estinto, per non tornare più.

Dobbiamo dunque aspettarci un andamento simile per il Covid. Ma la tanto paventata “seconda ondata”, quella che il Comitato Tecnico e il Ministro Speranza continuano a usare come minaccia-fantasma per poter prorogare le misure coercitive, per introdurre imposizioni discutibili come l’obbligo di mascherine per bambini?

E’ chiaro che questa minaccia serve soprattutto – come ha sottolineato il professor Zangrillo – per mantenere la gente in uno stato di paura, di insicurezza, sotto ricatto per tutte le limitazioni alle libertà individuali che possono essere imposte.

Riguardo alla sedicente seconda ondata, una ipotesi che ci sentiamo di sostenere è che di fatto c’è già stata. Abbiamo già dato. Per capire: l’epidemia del Covid ha avuto due momenti: il primo, iniziato già in dicembre e proseguito in gennaio, con una casistica limitata, asintomatica o paucisintomatica, che ha colpito soggetti in buona parte sani e in giovane età. Questa è stata di fatto la prima ondata, non riconosciuta. Poi, il secondo momento, quello drammatico iniziato ai primi di marzo con una impennata della curva epidemica, l’esplosione dei casi, soprattutto tra soggetti anziani, fragili, a rischio.

Si potrebbe dunque concludere che l’epidemia ha già completato il suo ciclo. Il virus sparirà non solo dalle terapie intensive, ma anche dalla casistica. O meglio: diventerà una patologia gestibile, curabile, guaribile. Anche in vista di nuovi casi nel prossimo autunno, eventualità che secondo i soloni del Comitato scientifico è probabile, ma che in realtà è solo un’ipotesi come altre e che non ha riscontro in tutti i precedenti epidemiologici.

Paolo Gulisano

 

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