Gli anni d’oro della Cooperativa Bulciago 80, che diede una casa a più di 100 famiglie FOTO
La storia di un'iniziativa che si è fatta portavoce della solidarieà sociale e di un senso di comunità che ha cambiato la vita a tante persone del paese.
Un’esperienza unica nel suo genere, nella quale lo spirito di uguaglianza sociale, la voglia di essere comunità e la capacità di rimboccarsi le maniche si sono fusi, permettendo a più di 100 famiglie, in buona parte operaie, di avere una casa di proprietà.
Può essere riassunta così la storia della Cooperativa Bulciago 80, un’impresa titanica nata dall’idea dell’imprenditore Ettore Arrigoni e da altri intraprendenti bulciaghesi nell’autunno del 1980.
L'idea della Cooperativa Bulciago 80
«L’idea nacque in seno alla lista “Per Bulciago” dopo l’ennesima batosta elettorale, ma poi si svincolò dal gruppo e continuò con le sue gambe - racconta Egidia Beretta, moglie di Ettore Arrigoni e per due mandati sindaco di Bulciago - I soci fondatori furono nove: Adelio Bosisio, Giancarlo Pavanello, Enzo Corno, Gianluigi Pozzoli, Luigi Ripamonti, Luigi Marzi, Antonio Cazzaniga, Luigi Cavenaghi e appunto Ettore, che era il presidente».
Già nel programma elettorale di «Per Bulciago» c’era l’idea di costruire delle case per i lavoratori e, nonostante la disfatta elettorale, Arrigoni e gli altri decisero di portare avanti questo proposito: «Sapevamo che in paese c’era questa voglia di casa, di costruirsi una stabilità, soprattutto nelle coppie giovani e in quelle che avevano i bambini piccoli. Ci siamo interessati in Comune per capire la disponibilità delle aree in paese e, sebbene la maggioranza targata Democrazia Cristiana inizialmente cercasse di metterci i bastoni tra le ruote, nel 1981 partì la progettazione per il primo comparto residenziale, quello in via Papa Giovanni XXIII, al civico 32. Un’area di quasi 15mila metri quadri, dove riuscimmo a realizzare 55 appartamenti, sul modello delle nostre corti brianzole».
Alloggi di diverse dimensioni per soddisfare le esigenze delle famiglie, con posti auto esterni e ampie cantine, ma anche 350 alberi piantati grazie a un bando della Provincia di Como, coinvolgendo i bambini delle scuole. «Quarantasei famiglie entrarono alla fine del 1984, mentre le ultime nove nell’86 perché una parte del terreno era di proprietà della Curia e ci furono problemi. Intanto la richiesta continuava a crescere e così rilevammo il Curò, una casa del ‘700, che forse era stata un monastero e certamente un opificio, in centro paese, in vicolo del Pozzo: Ettore aveva anche la passione della ristrutturazione e qui vennero realizzati cinque alloggi, non di edilizia economica - prosegue Egidia Beretta - A Bulciaghetto, tra la fine degli anni Ottanta e il 1990, la Cooperativa realizzò invece 25 villette unifamiliari su due piani. Intanto le richieste aumentavano, i figli dei primi assegnatari erano cresciuti e volevano mettere su casa, così nel 2006 terminammo l’ultimo nucleo: 26 alloggi in via Papa Giovanni XXIII, al civico 35, proprio di fronte alla prima costruzione».
Una casa per 106 famiglie
E così la Cooperativa Bulciago 80, ma soprattutto l’intraprendenza di Arrigoni, garantirono un tetto sulla testa a ben 106 famiglie, con modalità insolite: «Ettore faceva dei colloqui con i soci e stilava un programma di versamenti mensili, calibrati in base alle possibilità delle famiglie, e dava loro anche consigli su come risparmiare. Chi poteva mettere 500mila lire metteva quelli, chi poteva dare due milioni dava due milioni. Per tante famiglie era l’unica possibilità di avere una casa di proprietà, perché con altre cooperative non sarebbero riusciti. Gestivamo tutto noi: io ero una sorta di “scrivana”, registravo i pagamenti e mi occupavo della corrispondenza. Il centro di tutto era l’ufficio di Ettore a casa nostra ed era sempre un via vai di soci: ricordo ancora quando bisognava scegliere i pavimenti per gli appartamenti della prima “Cooperativa” e casa nostra era diventata un’esposizione di piastrelle, con le coppie che venivano a decidere quali preferivano».
In quei cantieri, che ogni domenica mattina erano un punto di ritrovo per i soci, nascevano amicizie e rapporti di stima e affetto eterni. «Io andavo tutti i giorni a vedere i lavori e ho imparato moltissimo. Mi piaceva vedere questi edifici che crescevano dal nulla, come fossero dei fiori, frutto del sacrificio di tante famiglie che potevano finalmente coronare un sogno. Quando venne inaugurato il primo complesso di via Papa Giovanni fu una grande festa, con l’allora parroco, don Celeste Dalle Donne, che venne a dire Messa, una fiaccolata e una gioia papabile in tutti. E’ ancora quella la sensazione che provo quando ripenso a quell’esperienza: sono stati anni impegnativi ma di grande soddisfazione, perché eravamo riusciti a tradurre nel concreto le motivazioni che ci avevano spinto a interessarci alla vita pubblica di Bulciago, passando dalle parole ai fatti. Non era così scontato che la gente ci accordasse questa fiducia incondizionata, anche perché il gruppo “Per Bulciago” non era visto bene dalla gente, non ci votavano in molti. Eppure, lo spirito decisionale e il carattere di Ettore riuscirono a condurre in porto questo obiettivo, sempre con grande meticolosità, senza mai concedere appalti al buio e seguendo tutti i progetti passo passo» prosegue l’ex sindaco, ripercorrendo con emozione quegli anni e mostrando una foto di suo figlio Vittorio (l’attivista e giornalista ucciso a Gaza nell’aprile del 2011) di fronte a uno degli edifici in costruzione.
Egidia Beretta: "Una comunità nella comunità"
Così a Bulciago si creò una piccola comunità dentro la comunità, fatta di pranzi condivisi la domenica e pomeriggi trascorsi al “casutel”, una struttura situata nella prima “Cooperativa Bulciago 80” in via Papa Giovanni, divenuta luogo di ritrovo. «Eravamo una piccola realtà a sé e per tanti anni è rimasta quell’armonia, anche grazie ad Ettore che era un po’ il punto di equilibrio e di mediazione di oltre 100 famiglie. In centro paese avevamo una sede che in alcuni casi è anche diventata purtroppo una sala del commiato visto che alcuni soci non ci sono più - conclude Egidia Beretta - Nel dicembre del 2011 Ettore è mancato, pochi mesi dopo di Vittorio. I soci hanno posto sulla loro sepoltura una composizione verde e fiorita, sempre tenuta con cura e rinnovata, con un'affettuosa scritta di ringraziamento».
«Vivrai sempre nella nostra storia, nelle persone che hanno lavorato e creduto insieme a te in una vera giustizia sociale» recita una targa dedicata a Ettore Arrigoni all’ingresso di tutte le Cooperative. In ricordo del fondatore di quell’esperienza, che ha saputo unire uomini, donne e bambini per costruire qualcosa di buono, all’insegna dei valori di uguaglianza sociale e solidarietà.
Enzo Corno fu il braccio destro di Ettore Arrigoni
E’ stato per una ventina d’anni vicepresidente della Cooperativa Bulciago 80, lavorando fianco a fianco dell’amico fraterno Ettore Arrigoni, che ha poi sostituito alla guida del gruppo, proprio come gli aveva promesso.
Tra i fondatori della storica Cooperativa c’è anche il consigliere comunale Enzo Corno, che dalla metà degli anni Ottanta vive nel primo comparto residenziale realizzato grazie agli sforzi e alla buona volontà di un gruppo di giovani padri di famiglia, quello al civico 32 di via Papa Giovanni XXIII. «In nessun altro Comune era mai stata tentata un’impresa come questa. A Bulciago c’era bisogno di case e Ettore, che era in Consiglio comunale ed era una persona impegnata, ci coinvolse tutti in questo progetto» ricorda Corno, con gli occhi carichi d’emozione quando nomina l’amico.
«Io e Ettore eravamo inseparabili, uniti da una grande amicizia e da un’assoluta fiducia. Era una persona su cui si poteva fare affidamento, un uomo generoso e per me è stato davvero come un fratello - prosegue Corno - Inizialmente facevo parte del Consiglio direttivo come semplice consigliere, poi per circa vent’anni fui vicepresidente. Ero il braccio destro di Ettore e gli sono grato, perché mi ha sempre dato fiducia in ogni compito. Mi fece promettere che avrei preso io il suo posto e che avrei portato alla conclusione quello che avevamo iniziato insieme e così ho fatto».
Quando Arrigoni morì il 1° dicembre del 2011, infatti, anche l’ultima costruzione della Cooperativa era stata ultimata: «Avevamo dato casa a più di 100 famiglie, ma se fosse stato per me avrei continuato. Se Ettore fosse qui e mi dicesse: “Dai, che portiamo avanti un altro progetto” lo seguirei subito. Nonostante la fatica, gli impegni e le responsabilità sono stati anni fantastici. Noi soci abbiamo fatto un gran lavoro e lo stesso vale per Egidia (Beretta, la moglie di Arrigoni, ndr), ma il mentore di tutto questo progetto era Ettore, è lui che l’ha reso possibile». E per non venir meno alla promessa fatta all’amico fraterno, Corno assunse all’inizio del 2012 le redini della Cooperativa, traghettandola verso la chiusura: «Per quattro anni ho preso in mano tutto io, andando di casa in casa da tutti i soci, che non erano soltanto gli assegnatari, per far firmare gli atti che sancivano la chiusura della Cooperativa. Un’esperienza del genere oggi non sarebbe più possibile, da nessuna parte. Non c’è più quello spirito di comunità e di mutuo aiuto che c’era in quegli anni».
"Se fosse qui lo rifarei subito, un'esperienza unica"
Insieme, quei giovani uomini e quelle giovani donne sono cresciuti, imparando l’uno dall’altro e realizzando un progetto di solidarietà sociale tanto insolito quanto valido: «Non era scontato che una persona si prendesse l’incarico, anche economico, di portare avanti 100 famiglie. C’era il rischio che qualcuno non pagasse o se tirasse indietro, ma Ettore ha sempre sostenuto questo incarico con grande serietà. Era la persona più affidabile del mondo, da tutta questa impresa non ha guadagnato una lira: il suo unico obiettivo era di natura sociale, voleva aiutare queste famiglie operaie ad avere una casa di proprietà».
Dopo tutti questi anni Enzo Corno è ancora un punto di riferimento per la Cooperativa, in particolare per il comparto residenziale di via Papa Giovanni XXIII: «Per tanti anni ci siamo occupati noi di tutto, dal tagliare l’erba all’amministrazione di condominio. Sono stati anni eccezionali, di grande condivisione e armonia e anche se oggi di fatto la Cooperativa non esiste più rimane tutto quello che è stato fatto dal 1980 al 2016».
Restano anche tutti i bei ricordi di quegli anni, come la grande festa per i dieci anni di vita del primo complesso: «Avevamo appeso degli striscioni a tutti i balconi, le mogli avevano cucinato ogni ben di Dio e avevamo festeggiato insieme. Tornerei a rivivere quegli anni immediatamente, rifarei tutto dall’inizio alla fine perché è stata un’esperienza unica».
Filippone: "Grande esempio di generosità"
I bambini che giocavano nel cantiere, mentre intorno sorgevano le 25 villette monofamiliari della «Cooperativa Bulciago 80» nella frazione di Bulciaghetto, uno dei comparti residenziali voluti dal pioniere Ettore Arrigoni e dai suoi intrepidi soci, e un lungo viaggio fino a Bolzano per scegliere la cinta da posizionare attorno all’area.
Sono questi i ricordi più nitidi di Tonino Filippone, storico amministratore bulciaghese e punto di riferimento della struttura di via Provinciale, nella quale abita dal 1990.
«Avevo 31 anni quando con mia moglie e mia figlia, che allora aveva soltanto tre anni, ci trasferimmo qui. Queste case raccontano ancora oggi la storia di una bella amicizia e di un’impresa spontanea, resa possibile da tutti i soci ma soprattutto da Ettore Arrigoni. Posso dire di non aver mai conosciuto in tutta la mia vita una persona più generosa di lui. Se non fosse stato per Ettore molti di noi non avrebbero potuto acquistare una casa così bella e a un prezzo così vantaggioso» ricorda Filippone, attualmente assessore ai Lavori pubblici a Bulciago, ripercorrendo quegli anni ormai lontani.
«Noi soci seguivamo il cantiere passo passo e ci piaceva essere coinvolti. Ricordo un viaggio con Ettore, Enzo Corno e altri alla volta di Bolzano, per scegliere come fare la recinzione della “Cooperativa” e al tempo stesso risparmiare qualcosa. Abbiamo condiviso tutti questa bella esperienza e anche i nostri figli, che erano per lo più piccoli, sono cresciuti insieme» prosegue Filippone mostrando una foto di sua figlia Tatiana che, come altri coetanei, giocava ai margini del cantiere.
Di quell’esperienza qualcosa però è rimasto: «Il tempo è passato, ma molti di noi sono ancora legati da solidi rapporti di amicizia. Su 26 famiglie originarie, 22 abitano ancora qui e anche se non organizziamo più i grandi pranzi della domenica spesso ci ritroviamo a chiacchierare fuori casa. Ci è servito anche nel lockdown, ci siamo fatti compagnia da un capo all’altro della corte».
Leggi anche: Coronavirus: la “bomba” che ci ha cambiato la vita è scoppiata un anno fa